Gli attentati di venerdì 13 novembre a Parigi sono un passaggio epocale. Si avevano prima degli obiettivi mirati, intesi come istituzioni: dalle Torri gemelle, come simbolo della potenza statunitense, a Charlie Hebdo, simbolo della mancanza di rispetto per il Profeta. Ora abbiamo avuto un attentato alla vita quotidiana devoluta al tempo libero – concerti, ristoranti, eccetera – ciò che, agli occhi dei fanatici, è una manifestazione di pericolosa lascivia. Per un fanatico religioso il devolvere il proprio tempo non alla adorazione del divino, ma al piacere terreno è un peccato grave. A noi però interessa il risvolto economico.
Gli attentati del passato hanno inciso poco o niente. Dopo le Due Torri (2001) si è avuta una modesta flessione dell’economia, che ci sarebbe stata lo stesso per la fine del ciclo degli investimenti in tecnologia, e, dopo l’attentato alle ferrovie di Madrid (2004) ed alla metropolitana di Londra (2005), niente è accaduto. Il massacro di Charlie Hebdo (2015) non ha avuto un rilievo economico. All’economia detta reale niente è accaduto dopo questi attentati, ma la prima reazione dei mercati finanziari era stata negativa.
Dall’11 settembre a Charlie Hebdo, all’economia detta reale niente è accaduto dopo questi attentati, anche se la prima reazione dei mercati finanziari era stata negativa. Dopo Parigi, però, è diverso
Dopo l’attentato di Parigi di pochi giorni fa, i mercati finanziari, invece, non si sono nemmeno mossi, anzi. La ragione di questo comportamento inusuale potrebbe essere legato alla disposizione temporale. Un attentato fatto il venerdì sera, come quello di Parigi, ha davanti un fine settimana per essere “digerito”. Invece, un attentato fatto all’improvviso durante la settimana lavorativa, come accaduto le altre volte, spinge, in assenza di tempo per la digestione, ad una iniziale reazione di paura.
L’impatto sull’economia di un attentato può essere scisso in quello sul capitale fisico e su quello umano.
La ricchezza dipende dal capitale umano. Un palazzo, un aereo, eccetera, distrutto da un attentato, può essere ricostruito, perché il capitale umano sa fare le cose, mentre il contrario non è vero: il capitale umano, se distrutto, non produce niente. Perciò, finché il capitale umano è preservato, l’impatto economico del terrorismo non può essere che modesto. Cadono le Due Torri, ed ecco che sorge una nuova domanda per edifici, per computer, e via dicendo. Così come sorge una nuova domanda per sistemi di sicurezza. Questa nuova domanda può compensare la minor domanda che si ha per effetto dei minori consumi di servizi di ristorazione, di trasporto, eccetera.
L’impatto sull’economia di un attentato può essere scisso in quello sul capitale fisico e su quello umano
Più complesso da misurare è, invece, l’impatto sul capitale umano: quanto influisca la paura, la perdita della fiducia nel futuro, il timore a muoversi, viaggiare, investire, o anche semplicemente l’uscire di casa incida sull’economia. Le famigerate “aspettative”. Abbiamo, in ogni modo, a che fare con un effetto psicologico di durata limitata: nel caso di attacchi terroristici isolati, la paura dopo un po’ scema, nel caso di quelli regolari la vita sociale gradualmente si adatta.
https://www.youtube.com/embed/DCvvq2TGwlA/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-ITIntesa San Paolo, Startup Initiative – MESSAGGIO PROMOZIONALE
I terroristi, se credono di mettere in ginocchio le economie occidentali con gli attentati, dovrebbero riflettere sulle sottigliezze della ”scienza triste”. Il capitale fisico si può ricostruire, mentre le aspettative degli umani si adattano
C’è chi ha studiato gli effetti degli attentati regolari sull’uso degli autobus. In Israele, chi abitualmente usa l’autobus continua a usarlo anche dopo un attentato, mentre cade il numero dei passeggeri che lo usa saltuariamente. È interessante osservare le probabilità che sono date agli eventi. Alcuni pensano che un attentato successivo all’autobus abbia una probabilità bassa a sufficienza per continuare a prenderlo. Altri pensano che la probabilità sia la stessa o maggiore. Oppure, chi “deve” prendere l’autobus è indotto a pensare che la probabilità di un nuovo attentato è bassa, mentre chi “non deve” pensa che è meglio non rischiare. In ogni modo, alla fine, ci si adatta, e gli autobus riprendono a trasportare i passeggeri.
I terroristi, se credono di mettere in ginocchio le economie occidentali con gli attentati, dovrebbero riflettere sulle sottigliezze della ”scienza triste”. Il capitale fisico si può ricostruire, mentre le aspettative degli umani si adattano.