Diversi e superficiali commenti sul voto delle elezioni regionali in Francia sono rapidamente passati da un eccesso di trionfalismo e di preoccupazione per l’affermazione dei candidati del Front Nazional al primo turno (primo partito con 6.019.000 voti pari al 27,7%) alla sottovalutazione della forza messa in mostra dal partito guidato da Marine Le Pen al ballottaggio (6.820.000 voti pari al 27,1%), anche se lo ha visto perdente in tutte e tredici le competizioni.
Un successo, quello del partito della Le Pen, che arriva da lontano e che è corretto analizzare nel lungo periodo. Nelle regionali del 2004, infatti, il FN aveva ottenuto, al primo turno, il 14,7% con 3.564.000 voti. Alle elezioni politiche del 2007, però, aveva fatto registrare una pesante battuta d’arresto (4,3% e 1.116.000 voti), mentre i consensi ritornavano a crescere nelle regionali del 2010, in cui il FN conquistava l’11,4% e 2.223.000 voti.
Un successo, quello del partito della Le Pen, che arriva da lontano e che è corretto analizzare nel lungo periodo.
Si arriva così alle politiche del giugno 2012, elezioni che vedono il FN superare i 3,5 milioni di voti (13,6%) e all’exploit del 6 dicembre scorso alle regionali dove diventa il primo partito di Francia con 6.018.000 di voti (27,7%). Una crescita progressiva che porta il FN a quasi triplicare i consensi in cinque anni, mentre sia sulla sinistra sia sulla destra dello schieramento d’Oltralpe i segnali di difficoltà di Socialisti e UMP sono evidenti e chiaramente identificati dai risultati elettorali in valore assoluto.
Le liste unitarie della Gauche, infatti, passano dagli 8.938.000 voti (36,9%) delle regionali 2004 ai 4.579.000 voti (23,5%) delle liste del Partito Socialista del 2010 e ai 5.019.000 di consensi (23,1%) del 2015. Quest’ultimo risultato può essere naturalmente confrontato con i 7.618.000 (29,4%) del PS al primo turno per l’elezione dell’Assemblea nazionale del 2012: – 6,3%, con un calo di circa 2,5 milioni di voti.
A destra non si respira un’aria migliore, perché le liste della destra avevano fatto registrare 8.179.000 voti (33,7%) nel 2004, calati a 5.067.000 (26,0%) nelle regionali successive del 2010 e a 5.785.000 (26,7%) del 2015. Nelle politiche 2012,invece, il partito di Sarkozy, l’UMP, aveva convinto 7.037.000 di elettori francesi (27,1%), a cui per completare l’area del consenso del centro-destra francese bisogna aggiungere circa 2,0 milioni di voti (8,1%) di altre liste.Più difficile, in ultimo, la comparazione dell’andamento nelle urne della galassia di formazioni e liste alla sinistra del PS, che, divise, nel 2004, si era fermate a 1.450.000 voti (6,0%) e a 1.257.000 (6,5%) nel 2010, a cui però occorre aggiungere il dato delle liste unitarie della Gauche (con il PS), pari a 1.094.000 voti (5,6%).
Nelle regionali 2015,invece, hanno ottenuto voti: le liste dell’estrema sinistra (334.000; 1,5%), del Front de Guache (544.000; 2,5%), del Partito comunista francese (337.000; 1,5%) e altre liste di sinistra con poco più di un milione di voti (4,6%). Sotto il profilo strettamente aritmetico, quindi, l’area della sinistra variamente intesa, con gli ecologisti, supera, dunque, nel 2015, gli 8 milioni di consensi, pari circa al 37,5%, contro il 45,2% e 11,9 milioni di voti delle ultime politiche 2012.
In estrema sintesi, quindi, l’erosione del bacino di consenso dei due partiti “pilastro” del sistema politico francese (il PS e l’UMP) è assai netto e non può essere certo mascherato dal risultato finale del secondo turno; mentre l’affermazione del FN ha dimensioni tali da mutare anche la collocazione stessa del partito sull’asse destra-sinistra che la vedeva collocata da sempre all’estrema (destra). Le regionali 2015, infatti, sembrano assegnare al partito di Marine Le Pen la leadership del cambiamento sull’asse post-ideologico vecchio-nuovo.
Il vecchio (PS-UMP) ha, dunque, ancora vinto con il traduzionale strumento della pregiudiziale repubblicana (o sarebbe meglio dire antifascista), ma le trasformazioni nel tessuto sociale e politico prodotte dalla recessione e dalla globalizzazione paiono sempre più far andare verso un superamento dello schema classico destra-sinistra, sotto la spinta di una fortissima critica alla casta e alla vecchia politica.
Le trasformazioni nel tessuto sociale e politico prodotte dalla recessione e dalla globalizzazione paiono sempre più far andare verso un superamento dello schema classico destra-sinistra, sotto la spinta di una fortissima critica alla casta e alla vecchia politica.
Un ultimo sguardo, infine, alla partecipazione elettorale che ha visto, nel 2015, il 49,9% di votanti al primo turno e il 58,4% al ballottaggio, contro, rispettivamente, il 57,2% e il 55,4% delle politiche 2012 e il 46,6% e il 51,1% delle precedenti regionali del 2010.Un incremento, dunque, assai significativo di oltre 8 punti percentuali tra primo e secondo turno rispetto al 2010, indubbiamente favorito dall’incertezza finale sul risultato, a causa del già più volte sottolineato exploit del Front National al primo.