Viva la FifaAddio ai campionati nazionali: il futuro del calcio sono le super leghe

I grandi club europei fatturano come multinazionali, ma i Paesi emergenti si stanno rafforzando: un giorno non troppo lontano si giocheranno campionati continentali stile Nba

Il capitano del Manchester City si affaccia dal finestrino, in tempo per vedere la Statua della Libertà. Gli scappa un sorriso, pensando che fino a qualche anno prima, i giocatori europei venivano fino a qui per finire la carriera e rimpinguare il portafogli con la fame di soccer degli americani, prima della meritata pensione. Qui nel futuro, con gli aerei sempre più veloci e comodi, fare una trasferta Oltreoceano non sarà come andare a Londra, ma poco ci manca. L’aereo si ferma e poco prima di scendere, l’allenatore butta uno sguardo verso i giocatori. Non ha bisogno di aggiungere altro: tutti sanno l’importanza della partita. Una partita del campionato mondiale per club.

In un futuro prossimo, andare a giocare una gara negli Usa non per una ricca tournée estiva ma per una gara di campionato sarà sempre meno improbabile. Gli attuali campionati nazionali, per come sta andando l’economia attuale del pallone, potrebbero prima o poi scomparire, per lasciare spazio a un’unica lega globale. D’altra parte l’idea di creare quantomeno una Superlega Europea che prenda di fatto il posto della già ricca Champions League è già più volte passata per le stanze della Uefa.

Già nel 2009, quando la nuova formula della Champions aveva di fatto svalutato la vecchia cara Coppa Uefa, il governo europeo del pallone aveva valutato la possibilità di fondere i due tornei per dare vita ad una Superlega composta da quattro squadre italiane, quattro inglesi e quattro spagnole, più tre francesi e tre tedesche. A queste sarebbero state aggiunte squadre “minori” da campionati come Scozia o Belgio, per creare una competizione su più livelli, con tanto quindi di promozioni, retrocessioni e un livello top dedicato alle migliori d’Europa. Un sistema elaborato soprattutto per venire incontro alla Commissione Europea, che già nel caso del Fair Play Finanziario ha tenuto d’occhio il pallone del Vecchio Continente e che nel caso della Superlega Europea non avrebbe visto di buon grado un sistema chiuso stile Nba, per evitare troppi squilibri tra élite e resto d’Europa.

Già nel 2009, quando la nuova formula della Champions aveva di fatto svalutato la vecchia cara Coppa Uefa, il governo europeo del pallone aveva valutato la possibilità di fondere i due tornei per dare vita ad una Superlega composta da quattro squadre italiane, quattro inglesi e quattro spagnole, più tre francesi e tre tedesche.

Eppure, è proprio tale squilibrio a far credere che ora il progetto Superlega si possa fare. E che anzi, possa essere concepito come il primo step per un futuro campionato Mondiale per club, che veda scontrarsi i vincitori delle leghe continentali. La caduta di Platini, che non è mai stato granché favorevole alla Superlega, potrebbe accelerare il tutto.

A creare il terreno favorevole per una scissione, è il contesto economico attuale. Da una parte ci sono i grandi club europei, che di fatto da qualche anno si comportano come multinazionali capaci di generare grandi fatturati. I numeri parlano chiaro. Nella sola Liga spagnola, le due big come Real Madrid (578 milioni) e Barcellona (566) da sole rompono il muro aggregato del miliardo di euro, sommando i propri fatturati. Per non parlare del campionato inglese, la ricca Premier che nel prossimo triennio grazie al fatto che è riuscita a “fare sistema” distribuirà ricavi da diritti tv per circa 7 miliardi di euro. Qui il solo Manchester United ha messo a bilancio ricavi per 519 milioni di euro, ai quali si aggiungono i 473 milioni del Manchester City, che ha chiuso finalmente in utile dopo le perdite e le multe del FFP. In Germania domina il Bayern Monaco, club che per l’ennesima annata di fila ha chiuso saldamente in attivo con 523,7 milioni di euro di ricavi. In Italia, la Juventus è stato il primo club del nostro sistema a sfondare il muro dei 300 milioni di introiti (e unico a chiudere in utile).

Per aumentare i ricavi, le squadre si sono di fatto globalizzate: sponsor, marketing digitale, tournée estere e veri e propri network come il caso del Football City Group, gestito dagli sceicchi e proprietario del Manchester City e di altre tre squadre tra Usa, Australia e Giappone. Una globalità che rischia sempre più di far andare loro stretti i campionati locali: d’altronde, un match del Real contro una big concorrente d’Europa alla lunga paga di più di una gara contro l’Osasuna. Ed anche nei Paesi ora più affamati di calcio come Asia e Usa, alla lunga si creerà tra gli spettatori un palato sempre più fine.

Per aumentare i ricavi, le squadre si sono di fatto globalizzate: sponsor, marketing digitale, tournée estere e veri e propri network come il caso del Football City Group

Già, perché dall’altra parte ci sono le aree emergenti del pallone mondiale. «Non possiamo trascurare gli investimenti crescenti in MLS, Cina, India, Australia: là dove ci sono economie emergenti e governi che incentivano la crescita dei campionati locali, ci sono anche serie candidate a diventare grandi leghe trainanti. Il processo non sarà immediato, richiederà una decina d’anni, ma l’Europa deve farsi trovare pronta», ha spiegato tempo fa Marco Bellinazzo, giornalista del Sole 24 Ore da anni attento alle questioni del business del pallone. Dove farsi trovare pronti significa anche trovare le contromosse necessarie a un’economia che prima o poi metterà in difficoltà il Vecchio Continente: una volta acquisite le conoscenze sul come fare calcio, punteranno sempre più a quello in casa loro. Con tanto di diritti tv e sponsor che rischiano di pagare per un prodotto nuovo piuttosto che per quello tradizionale. A fare da traino, grandi gruppi come Alibaba, che ha investito nei cinesi del Guangzhou Evergrande.

E allora, ecco che l’idea della Superlega può avere un senso, in futuro. Un sistema chiuso in grado di tenere incollati gli investitori all’Europa con un prodotto nuovo, forgiato sullo stile della Nba ma in grado di confrontarsi con altri sistemi chiusi, in un torneo su due livelli. Uno appunto continentale e uno in stile playoff da giocare in giro per il mondo e in grado di eleggere il club più forte al mondo. Un mondiale per club che sostituisca quello attuale, asettico e scarso in premi.