La sforbiciata no. Alla riduzione dei vitalizi non ci stanno, non così almeno. Sono gli ex parlamentari, che martedì scorso sono intervenuti in audizione davanti alla commissione Affari Costituzionali di Montecitorio. Qui, ormai da qualche mese, è in corso l’esame di alcune proposte di legge destinate a rivedere il sistema pensionistico degli ex onorevoli. Le ipotesi in campo sono diverse. C’è chi chiede di fissare un tetto al trattamento economico, chi vuole aumentare il numero di anni trascorso in Parlamento per ottenere la rendita, persino chi ipotizza di erogare una parte del bonifico in titoli di Stato. Quasi tutti propongono di ricalcolare gli assegni con il metodo contributivo (come avviene peraltro da qualche tempo).
I diretti interessati non sembrano gradire. «Noi non ci siamo mai sottratti allo sforzo di risanamento della finanza pubblica» spiegano. Ma certo non vogliono essere gli unici. Altro che casta: «Rifiutiamo di essere oggetto di una campagna che si presenta all’opinione pubblica come una campagna di giustizia contro i privilegi». Del resto «se le campagne contro la cosiddetta “casta” si fossero applicate con altrettanta forza, continuità e virulenza contro l’iniqua distribuzione delle ricchezza, non saremmo agli altissimi livelli di diseguaglianza oggi raggiunti». A rappresentare l’associazione degli ex parlamentari c’è il presidente Gerardo Bianco. Gli ex onorevoli spiegano il proprio punto di vista. Elencano gli sforzi già sostenuti, le riduzioni e le limitazioni già accettate. «Lo ricordiamo non per “piangere miseria” – si legge nel documento consegnato al termine dell’audizione – Anche perché di fronte alla miseria vera non abbiamo alcun diritto di farlo, ma per mettere in evidenza gli sforzi compiuti».
Gli ex parlamentari elencano le sforbiciate che hanno già subito i vitalizi. «Lo ricordiamo non per “piangere miseria”, anche perché di fronte alla miseria vera non abbiamo alcun diritto di farlo, ma per mettere in evidenza gli sforzi compiuti»
Ma è ancora giustificato che gli ex parlamentari ricevano un vitalizio? I firmatari di alcune proposte di legge assicurano l’assenza di intenti punitivi. Il vitalizio rimane una garanzia costituzionale, nata per assicurare a tutti l’accesso in Parlamento, senza distinzioni di censo. Ma anche per permettere di svolgere il lavoro parlamentare senza condizionamenti. Diverso il discorso per alcuni abusi che sono stati fatti negli anni. La proposta di legge costituzionale presentata dal presidente della commissione Andrea Mazziotti spiega: «I vitalizi e i trattamenti pensionistici dei parlamentari devono essere sempre conformi ai principi di contribuzione, ragionevolezza e proporzionalità alla durata della permanenza in carica». Insomma, non si tratta di colpire diritti acquisiti, ma i privilegi consolidati.
Eppure gli ex parlamentari respingono in blocco le proposte avanzate. C’è anzitutto una questione di principio: i vitalizi non possono essere disciplinati dalla legge ordinaria. Fino ad oggi il tema è sempre stato riservato ai Regolamenti parlamentari, e la ragione non è secondaria. In ballo, a detta degli interessati, c’è l’autonomia del Parlamento. «Autonomia sancita e tutelata dalla nostra Costituzione». Aggirare questo principio potrebbe determinare «inammissibili» limitazioni della sovranità del Parlamento. Non è tutto. Gli ex parlamentari respingono le proposte di legge sui vitalizi anche per questioni di merito. Per prima cosa, spiegano, non si possono equiparare i vitalizi alle pensioni previste per la generalità dei lavoratori. Data la delicata funzione che svolge, «ogni parlamentare deve godere di garanzie speciali rispetto agli altri cittadini». Di cosa si tratta? «Tra le garanzie che la Costituzione riconosce ai parlamentari vi è quella di permettere, in condizioni di eguaglianza, l’accesso alle cariche elettive anche a coloro che non hanno i mezzi per esercitare i loro mandato (art. 51) e quella di consentire loro di svolgere liberamente il loro mandato senza condizioni o vincoli (art.67) e quella di conservare, senza subire discriminazioni, il proprio posto di lavoro durante e dopo lo svolgimento del mandato parlamentare (art. 51)».
I vitalizi sono un diritto costituzionale. «Ne sanno qualcosa in proposito – si lamentano gli ex onorevoli – tanti nostri colleghi che cessato il mandato hanno subito discriminazioni e penalizzazioni in ragione delle posizioni assunte nello svolgimento della attività parlamentare»
Durante la permanenza alla Camera o al Senato, le garanzie vengono assicurate attraverso l’indennità. Ma le garanzie non sarebbero tali, spiegano, se cessassero di esistere con la fine del mandato parlamentare. Ed ecco la ragione del vitalizio. «Ne sanno qualcosa in proposito – si lamentano gli ex parlamentari – tanti nostri colleghi che cessato il mandato hanno subito discriminazioni e penalizzazioni in ragione delle posizioni assunte nello svolgimento della attività parlamentare. Ne sanno qualcosa anche molti nostri colleghi che, interrotta la loro attività professionale per svolgere il ruolo di parlamentare, hanno faticato non poco al cessare del loro mandato a reinserirsi nel circuito della loro professione».
C’è infine un altro tema. Gli ex deputati e senatori criticano l’applicazione retroattiva del sistema contributivo ai vitalizi. Le riforme delle pensioni – da quella Dini a quella Fornero – hanno sempre fatto salvi i diritti dei cittadini maturati prima della loro entrata in vigore. Perché adesso non viene riconosciuto lo stesso principio? «Ai parlamentari è negato ciò che si riconosce a tutti gli altri cittadini». È il vecchio tema dei diritti acquisiti. «Molte delle proposte in discussione negano ai parlamentari l’applicazione del principio di non retroattività, riconosciuto in materia pensionistica alla generalità dei cittadini». Qualcuno potrebbe obiettare: ma i vitalizi non erano diversi dalle pensioni?