Le elezioni regionali tenutisi in tre Laender, due all’Ovest e uno all’Est, sono state anche un test a livello nazionale per la cancelliera Angela Merkel e la Grande Coalizione costituita dai cristianodemocratici e sociali della Cdu-Csu e i socialdemocratici Spd. In vista delle politiche del prossimo anno, ma soprattutto come termometro per misurare la tenuta dei partiti di governo di fronte all’onda populista della Afd (Alternative fuer Deutschland), nuovo movimento della destra nazionalista e xenofoba sviluppatosi sostanzialmente negli scorsi due anni sul modello del Fronte Nazionale di Marie Le Pen in Francia. I risultati della Super-Sonntag, la super-domenica elettorale che mai come nessun altra a sconquassato lo spettro politico elettorale tedesco nella Germania riunificata, devono essere perciò letti soprattutto in questa chiave, tenendo fermo in ogni caso che si tratta di tre regioni su sedici e i riflessi a livello federale sono per forza di cose speculativi, dato che a Berlino nulla cambierà. Almeno per ora. E naturalmente, come in ogni tornata elettorale che si rispetti, anche in Germania, vittorie e sconfitte sono spesso e volentieri questioni di prospettiva.
In Baden-Wuerttenberg i Verdi ministro-presidente Wienfried Kretschmann hanno ottenuto una storica vittoria diventando il primo partito (oltre il 30%) e superando la Cdu, caduta nella sua roccaforte mai così in basso (27%)
Dunque: i numeri del giorno dopo dicono che in Baden-Wuerttenberg i Verdi ministro-presidente Wienfried Kretschmann hanno ottenuto una storica vittoria diventando il primo partito (oltre il 30%) e superando la Cdu, caduta nella sua roccaforte mai così in basso (27%).
Peggio è andata per la Spd che ha dimezzato i voti (circa 12%). Nel parlamentino di Stoccarda, quindi, continuerà a governare Kretschmam, sostenuto da una maggioranza allargata che oltre ai socialdemocratici comprenderà probabilmente i redivivi liberali della Fdp (8%). Analoga la situazione nella vicina Renania Palatinato, dove gli equilibri sostanziali non mutano, con la governatrice in carica Malu Dreyer che ha confermato la Spd in testa (36%), mentre alla Cdu di Julia Kloeckner non è riuscito il sorpasso (32%). Il tonfo dei Verdi (6%) impedisce però anche qui il prosieguo della precedente alleanza solo con la Spd, per cui il nuovo governo regionale a Magonza sarà un’altra coalizione, o una Grande (Spd-Cdu) o una rosso-verde con l’arrivo della Fdp.In Sassonia-Anhalt, unico Land della vecchia Germania Est al voto, la Cdu di Angela Merkel rimane il primo partito, seppure con leggere perdite (sul 30%) e il ministro-presidente Reiner Haseloff proseguirà al governo a Magdeburgo, aggiungendo come partner alla Spd (caduta intorno al 10%) anche i Verdi (6%).
Vista da questo punto di vista poco insomma è cambiato, dato che chi era al governo sabato, lo è anche lunedì. Se non fosse però per le altre cifre, quelle appunto della Afd che, presentatasi per la prima volta al giudizio degli elettori, ha raccolto oltre il 15% in Baden-Wuerttenberg, il 12% in Renania Palatinato e più del 24% in Sassonia-Anhalt.
Un trionfo per Frauke Petry, la front-woman del partito, considerata dalla destra populista la vera anti-Merkel. Il successo del partito del Nein (no ai profughi, no all’islam, no all’Euro, no ai partiti tradizionali, no ad Angela Merkel) non cambia insomma adesso le carte in tavola, ma è molto di più di un campanello d’allarme per la cancelliera, impegnata a tenere a bada i falchi della Cdu e della Csu sul tema dell’immigrazione.
Ed è un monito alla Grosse Koalition che pare sempre più in difficoltà nel fronteggiare un erosione che a corrente alternata vede crescere le ali estreme. Se la fronda interna nella Cdu è stata ridimensionata proprio con pessimi risultati di Julia Kloeckner in Renania Palatinato e Guido Wolf in Baden-Wuerttenberg (entrambi si erano posizionati in una campagna elettorale zigzagante contro la politica delle porte aperte della cancelliera, cercando quasi la sponda con l’intransigente leader della Csu bavarese Horst Seehofer, uno che si è speso in complimenti per la linea dura alla Victor Orban), Angela Merkel si trova a fare i conti con Frauke Petry e un partito che promette di far traballare l’ancora stabile, ma vetusto, sistema tedesco.Che l’Afd possa sfondare il prossimo anno in doppia cifra come è accaduto in Sassonia-Anhalt è improbabile, anche se molto dipenderà da come verrà gestito a Berlino il dossier immigrazione
Da un lato gli elettori moderati tedeschi hanno in definitiva bocciato i ribelli cristiano-democratici e premiato chi, come Kretschmann, pur venendo da lidi progressisti è in sintonia con il Kanzleramt, dall’altro lo schiaffo estremista è stato duro e pone diverse incognite in vista del 2017.
Che l’Afd possa sfondare il prossimo anno in doppia cifra come è accaduto in Sassonia-Anhalt è improbabile, anche se molto dipenderà da come verrà gestito a Berlino il dossier immigrazione. È sicuro però che un altro partito al Bundestag, complice il costante ridimensionamento dei grandi partiti di massa, renderà teoricamente più complicata la creazione di alleanze di governo.
Se naturalmente con 5-6 formazioni in parlamento le ipotesi di scuola di moltiplicano, sul campo la variante più probabile è che Cdu-Csu e Spd non possano fare altro che proseguire la Grande coalizione, lasciando ad Angela Merkel la decisione se rimanere o meno alla guida di una Germania costretta al compromesso.
Paradossalmente l’ondata radicale e xenofoba (già vista peraltro con i Republikaner e Dvu all’inizio degli anni Novanta) finirà a tenere unito ancor di più il governo e mantenere in sella la cancelliera, convinta ora più che mai di non voler e potere abbandonare il Paese alla deriva populista.