Occident Ex-PressDalle Dolomiti al Lussemburgo: anche l’acciaio trentino va in paradiso (fiscale)

Prima dei Panama Papers e dei LuxLeaks, l'acciaieria trentina al centro della nostra inchiesta volava in paradiso: società aperte con un euro nell'Isola di Jersey e nelle Antille Olandesi. Quegli strani soci coinvolti nel crac Parmalat

Non solo diossine e veleni. Ma anche paradisi fiscali: Malta, Lussemburgo, Antille Olandesi e l’Isola di Jersey. Società con capitale registrato di 1 euro e magnati americani.

La vicenda raccontata da Linkiesta giovedì 21 aprile delle acciaierie Borgo Valsugana, nel cuore di una vallata trentina di mele e piccoli frutti, non si esaurisce solo nelle carte giudiziarie dell’inchiesta “Fumo negli occhi”, che dal 2008 in poi ha svelato omissioni, livelli degli inquinanti falsati dolosamente e una certa “fraternità” fra il gruppo industriale di Dario Leali e le istituzioni della Provincia autonoma, a cominciare dall’Appa – l’Azienda provinciale per l’ambiente.

Non solo diossine e veleni: l’acciaieria trentina al centro dell’inchiesta “Fumo negli occhi” ha cervello e braccia nei paradisi fiscali di mezzo mondo: Malta, Lussemburgo, Antille Olandesi e l’Isola di Jersey. Lo ha scoperto l’avvocato Giuliano che rappresenta 565 cittadini trentini

Questa storia esce dai confini regionali per infilarsi in un labirinto di holding e scatole cinesi quasi inestricabile. La catena comincia con la Leali Steel Spa, la new company che ha preso il posto delle vecchie società martoriate dai processi della magistratura trentina. Trecentomila azioni quotate 1 euro l’una e sede legale a Borgo Valsugana, proprio dove sorge dal 1979 l’impianto siderurgico. Tutto a posto quindi? No, perché Leali Steel è controllata da un socio unico che ha nome Aldel Holding B.V. con i suoi 18.000 euro di capitale legalmente registrati al civico 310 di Evert van de Beekstraat, nella ridente cittadina di Schiphol, Paesi Bassi. Allo stesso indirizzo risulta la controllante Klesch Metals B.V. Aperta con 1 euro e con quella cifra rimasta: è qui che per la prima volta compare il cognome Klesch, dei due fratelli Allan Gary Edward e Jonathan William, rispettivamente di Cleveland, Ohio, e Washington D.C.

Per chiudere il cerchio bisogna prendere un aereo e volare a La Valletta, capitale di Malta, e poi con un autobus spostarsi a Naxxar – in italiano Nasciaro – cittadina nel centro-nord dell’isola, dove risiedono le tre capofila: Klesch Limited, Klesch Group Limited e Klesch Holding Ltd – stando al registro delle imprese del Malta Financial Service Authority. Con la stessa dicitura, Klesch Group Ltd, risulta esistere anche una società registrata nell’Isola di Jersey, nel Canale della Manica, che controlla tutto con il 99,98 per cento delle quote, mentre il restante 0,02 è in mano a una holding basata sempre nello stretto che separa Francia e Regno Unito.

Una concatenazione da perderci la testa, scoperta dalle indagini private condotte dall’avvocato Mario Giuliano, il legale che ha rappresentato 565 cittadini trentini in una class action intentata contro l’acciaieria, per aver provocato danni ambientali e alla salute pubblica. Un’azione legale collettiva che ha portato al maxirisarcimento superiore a mezzo milione di euro. Mentre l’avvocato si è visto intentare un esposto all’Ordine professionale da parte di uno direttori della Leali Steel nel tentativo di farlo sospendere e bloccare una nuova contestazione per disastro ambientale.

Giochi di prestigio e triangolazioni che non dovrebbero stupire per una semplice ragione: non è la prima volta. Nel 1999 l’acciaieria di Borgo Valsugana subisce la prima battuta d’arresto in venti anni di storia. Si sono concluse da quattro anni le privatizzazioni dell’ex Italsider, con la nascita dei colossi familiari come Riva e Lucchini, ed è arrivata la concorrenza degli emergenti con i nuovi accordi siglati in sede di Wto.

Non è la prima volta: prima dei Panama Papers e del LuxLeaks la vecchia Siderurgica Trentina metteva piede nell’offshore. Una delle società Lussemburghesi era controllata da un imputato nel crac Parmalat

Per impedire la crisi industriale subentra in affitto la neocostituita Siderurgica Trentiina Spa. Secondo alcune voci non confermate dietro questo operazione si sarebbe stagliata l’ombra della Provincia Autonoma di Trento, almeno come architetto dell’operazione. Passano pochi mesi e durante un aumento di capitale subentrano in Siderurgica Trentina due società del Lussemburgo: la Acierfin Holding S.A. e la Société Financière European pour l’Industrie Siderurgique S.A. Quest’ultima ha due soci, persone fisiche italiane. Uno è Giuliano Panizzi, imputato per bancarotta nel crac Parmalat e l’altro è Filippo Aleotti, collaboratore di lunga data dei Leali oltre che azionista, dirigente e manager di diverse imprese fra le Dolomiti e Milano riconducibili alla stessa famiglia.

Acierfin Holding è invece un buco nero che ha come soci fondatori due società anonime delle Antille Olandesi, una delle quali riesce nell’impresa di versare 260mila euro nella Acierfin pur essendo dotata di un capitale di soli 6mila dollari americani.

Società con 6mila euro di capitale che versano 260mila dollari nelle holding: era questo il gioco di schermi. Se ne accorse il senatore Sergio Divina che lo scrisse a Gaetano Pecorella, Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. Rimase lettera morta

La parabola di Siderurgica Trentina finisce miseramente nel 2002 con due milioni di euro di perdite. Voragine che riporta in auge la famiglia Leali che riacquista tutto, ripiana le perdite e azzera il capitale, con una curiosa operazione a perdere (inizialmente), visto che Siderurgica Trentina era affittuario, non proprietario della azienda, che fece sgranare gli occhi anche al senatore Sergio Divina, il quale non nascose imbarazzi in una lettera inviata a Gaetano Pecorella, Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. Non fu mai fatta definitiva chiarezza.

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