Pizza ConnectionItalia: abuso edilizio perenne

Un ventennio di condoni ha consegnato il Paese nelle mani dell'abusivismo edilizio. Dai primi anni '80 tra leggi e leggine sono spuntate più di 250 mila strutture abusive. Il disegno di legge sulle demolizioni prova a segnare una svolta, ma i procedimenti amministrativi rimangono una incognita

Paese che vai abuso che trovi. Per non parlare di quelli edilizi in Italia. Negli ultimi vent’anni tre condoni tombali hanno spinto l’abusivismo edilizio a livelli altissimi, livelli che nel tempo non hanno accennato a ridursi ma che, anzi, sono aumentati e vistosamente. Ogni 100 nuove costruzioni legali a uso abitativo ne arrivano 18 che legali non sono. Nel 2004 erano circa 12 ogni 100: la tendenza è stata dunque in continua crescita, in particolare al sud dove la percentuale di abusivismo ha toccato quota 40%.

Una pratica quella dei condoni che ha aperto scorribande a più riprese e che ha favorito, anche a secondo gli addetti ai lavori, l’abusivismo. Di tanto in tanto spunta l’idea dai banchi del parlamento (particolarmete attivi nel settore i governi Berlusconi nel 1994 prima e nel 2003 poi), e quando non arriva dagli scranni romani le regioni ci mettono del loro. Ultima in ordine di tempo la Campania nel 2014 la quale ha consentito con la legge 16 di sbloccare le pratiche delle sanatorie edilizie del 1985 e 1994 non ancora evase. Senza dimenticare la proposta che rimane al parlamentino siciliano sulle autorizzazioni per costruire entro i 150 metri dalla costa, zona (in teoria) vietata.

Proprio qui, precisamente a Licata, in questi giorni si è consumata la vicenda di Angelo Cambiano, sindaco della città che ha subito le ritorsioni di chi non ha preso bene l’ordine di demolizione delle villette costruite a pochi metri dal mare. Per lui un aggressione omaggio e la casa di campagna del padre in fiamme.

Insomma su tutto il territorio italiano, ha censito l’ultima indagine del Cresme, il Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia, si troverebbero 258 mila strutture non autorizzate. Sono lì, alcune abitate, alcune ferme e pronte a crollare. Senza dimenticare tutto il panorama edilizio sorto in quelle zone d’Italia ad alto rischio idrogeologico che di tanto in tanto viene spazzato via salvo poi piangere e disperarsi dando la colpa alla calamità naturale, lasciando da parte le responsabilità degli amministratori della cosa pubblica.

Case abusive ed ecomostri devono sparire, si dice sempre in coro. Tuttavia le procedure cozzano con gli intenti come spesso accade. Guardando sempre ai numeri si hanno delle conferme in questo senso: in Campania tra il 2005 e il 2011, si desume da un recente documento delle regioni e delle province autonome, Regione e Procura Generale della Repubblica hanno ordinato l’esecuzione della demolizione di una quarantina di strutture abusive. Tempo medio per la demolizione? 730 giorni. “La durata – si legge nel documento – è commisurata alla complessità e alla farraginosità della procedura dovuta alla presenza di ricorsi ai provvedimenti emessi dal Commissario, alla presenza di persone nell’edificio da demolire, al reperimento di fondi necessari per indire la gara per individuare la ditta esecutrice della demolizione sul bilancio comunale”. Intanto dal 2003 in regione sono attivi 100 commissari per 400 abusi edilizi sul territorio in attesa di una norma sugli abbattimenti.

Legge che è in dirittura d’arrivo dopo tre anni di aggiustamenti. Nata e passata al Senato, voti del PD compresi, come “ferma ruspe”, dalla Camera esce un provvedimento diverso che qualcuno in ambienti parlamentari rinomina “sblocca ruspe”. Fa specie che lo smontaggio e rimontaggio di quel provvedimento sia stata opera, tra gli altri, del presidente della Commissione Ambiente Ermete Realacci. Certo fa specie che il provvedimento originario, presentato dal verdiniano Ciro Falanga, sia stato votato da praticamente tutto il Pd al Senato e “smontato” dallo stesso Pd alla Camera con tanto di esultanza finale.

Ogni 100 nuove costruzioni legali a uso abitativo ne arrivano 18 che legali non sono. Nel 2004 erano circa 12 ogni 100: la tendenza è stata dunque in continua crescita, in particolare al sud dove la percentuale di abusivismo ha toccato quota 40%

Tra una limata e l’altra, tra i distinguo di rito tra abusivismo criminale e abusivismo di necessità, che, nota Goffredo Buccini sul Corriere della Sera si trasforma in un alibi lasciato alla gestione delle mafie locali, ci si affida ancora una volta ai giudici. Ai procuratori infatti è lasciato il compito di determinare i criteri di priorità per l’esecuzione degli ordini di demolizione delle opere abusive: il pubblico ministero dovrà dare adeguata considerazione agli immobili di rilevante impatto ambientale, agli immobili che per qualunque motivo rappresentano un pericolo per la pubblica o privata incolumità, agli immobili nella disponibilità di soggetti condannati per reati di associazione mafiosa. Comune e prefettura seguiranno il procedimento amministrativo che potranno avvalersi sia di imprese private, sia di strutture operative del Ministero della difesa per eseguire la demolizione, in sostanza il genio militare. Positiva l’introduzione della banca dati nazionale sull’abusivismo edilizio. Le autorità e gli uffici competenti dovranno trasmettere tutte le informazioni sugli illeciti, per cui sono previste sanzioni pre funzionari e dirigenti indapempienti.

Il testo torna al Senato e già si propone battaglia per riportare il provvedimento più vicino alla sua formulazione originaria, che per una parte del Pd alla Camera era un «condono mascherato». Certamente un buon viatico, alternativo e precedente alle demolizioni, sarebbe quello di una maggior cura e attenzione al territorio e all’incolumità dei cittadini evitando di costruire a pochi metri da fiumi e coste o in zone altamente sismiche. Certo è che per uscire dalla piaga dell’abusivismo edilizio esploso negli anni ’80, se mai il Paese ne uscirà, non saremo certo noi a vederne i risultati.

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