Quesiti linguisticiChe facciamo stasera? O stassera? Risponde la Crusca

Alcuni raddoppiano la “s”. Così come altri dicono “stammattina”. Ma è sbagliato. L’Accademia della Crusca spiega da dove viene l’errore

In collaborazione con l’Accademia della Crusca

Cominciamo subito col precisare che si dice e scrive stasera non stassera, esattamente come si dice e scrive stamattina e non stammattina. Da dove nasce però il dubbio? Probabilmente dal fatto che lo sta iniziale del composto (sta+sera) è interpretato come se fosse il monosillabo tonico sta del verbo stare (terza persona del presente indicativo e seconda dell’imperativo) e non come il residuo aferetico e atono o debolmente tonico dell’aggettivo dimostrativo (e)sta, frequente nelle parlate toscane e settentrionali e nell’italiano, specie in quello regionale e che in questo caso (come in stamattina o in stavolta) si è graficamente legato alla parola seguente. Poiché sta (verbo) produce in italiano standard, come altri monosillabi forti e qualche altra parola, raddoppiamento fonosintattico, cioè l’intensificazione della consonante iniziale della parola che lo segue, da esso separata o ad esso unita nel composto (e in questo caso anche la grafia lo rivela: “stavvi Minos orribilmente e ringhia”, “stammi a sentire”), per analogia si tende a rafforzare la s di sera che invece resta tenue (e quindi graficamente scempia), perché il monosillabo che la precede è uguale al verbosta anche se non ha la sua forza tonica.

Una curiosità. Nel GDLI la grafia stassera è attestata in Goldoni. Come mai un veneto, ci si chiederà, un parlante settentrionale, meno di altri (centromeridionali) incline ai raddoppiamenti, quello fonosintattico in testa (i problemi dei bambini del nord Italia con la grafia di soprattutto sono proverbiali e dipendono proprio dall’assenza di raddoppiamento fonosintattico nella lingua regionale)? Il fatto è che la s di sera in stasera è sorda, pur essendo, a rigore, intervocalica e quindi, in genere, nell’italiano settentrionale, sonora. Ma, a parte che nei dialetti settentrionali c’è s intervocalica sorda dopo quel che resta del dittongo au, tipo cosa (ROHLFS 1966 §211), la s di sera resta sorda in staseraanche nel nord Italia, perché si avverte ancora la sua posizione di consonante iniziale, sia pure del secondo termine del composto (stasera). Ora, spesso, le grafie dialettali del nord Italia hanno rappresentato la sibilante sorda intervocalica (pur sempre eccezionale in quei sistemi fonetici) con la doppias,attestandone o favorendone (in ligure, ad esempio) anche una pronuncia quasi intensa. Così Goldoni ha scritto stassera come, lo ricorda Serianni nella sua Grammatica, in veneto scriveva cossa (cosa). Anche le rese, scritte e orali, di stassera, che si leggono in qualche romanzo (come si evince consultando il corpus DiaCORIS) o si sentono non di rado anche in televisione, sono probabilmente dovute all’impegno fonetico a mantenere la sorda e a non scivolare nella sonora, come si è tentati di fare, per ragioni diverse, sia a nord sia al centrosud.

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