Se c’è una cosa che l’uomo ha sempre cercato di tenere per sé, quella è la coscienza. All’inizio la chiamava anima, spirito vitale, o come si vuole. Però era sempre la stessa sostanza: era la (auto)certificazione di superiorità rispetto agli altri animali. Poi con il tempo, le cose sono cominciate a cambiare. La coscienza è diventata un patrimonio comune ad altre specie. Prima per i mammiferi (scimmie, cani, gatti) poi anche per altre classi di animali. Si è estesa agli uccelli, sempre però andando riducendosi, fino ai pesci. Ora – forse – c’è da fare una concessione in più, anche pittosto dolorosa: gli insetti. Ebbene sì, sembra (sembra) che anche loro possano avere una soggettività. Minima, ma reale.
Tutto nasce tra i fumi dell’alcol e le chiacchiere di due amici. Il primo era Andrew Barron, esperto e studioso di api; il secondo era Colin Klein, filosofo. Entrambi di Sidney, entrambi appassionati frequentatori del Nerd Nite, pub di scienza e bevute, ed entrambi abituati a spararla grossa. Una serata più particolare delle altre, Andrew Barron decide di sfidare l’amico: anche gli insetti hanno una coscienza. Klein respinge l’idea, come una qualsiasi delle trovate del compagno di bevute. Ma quello insiste, insiste e insiste. La sua esperienza con le api, la sua materia di studio, gli fornisce argomenti continui. Klein cede e comincia ad ascoltarlo. Alla fine si convince e acconsente a scrivere, insieme a lui, questo paper. Forse gli insetti hanno una coscienza, pure loro.
Tra le varie obiezioni che vengono mosse all’ipotesi, c’è la grandezza dei sistemi nervosi degli insetti. Sono piccolissimi e ammontano a circa un milione di neuroni. Gli uomini, in media, possiedono 86 miliardi (non sempre usati al meglio, va detto). Gli insetti, insomma, sono un insieme di riflessi. Dentro, c’è il buio – e questo è un motivo sufficiente per non avere sensi di colpa quando si ammazzano a manate le zanzare che infastidiscono le notti. Però c’è un però.
È vero che i loro centri nervosi sono piccoli (e nessuno pretende che siano intelligenti quanto l’uomo), però questo non c’entra con la coscienza. O meglio, c’entra, ma non è determinante. Gli insetti hanno strutture simili al nostro mesencefalo, con tanto di “complesso centrale” che permette di modellare il proprio movimento nello spazio. Un esempio è il classico fenomeno dello scarafaggio zombie: capita quando una vespa gioiello riesce a fermarlo e a iniettare il suo veleno nel complesso centrale dello scarafaggio. Il poveretto, privato di qualsiasi volontà, viene trascinato dalla vespa per le antenne nella sua tana, senza fiatare.
Insomma, non solo gli insetti avrebbero un sistema nervoso simile al nostro, ma questo stesso sistema potrebbe far luce, addirittura, sulla nascita della coscienza, della soggettività, dell’ego. Secondo i due scienziati risalirebbe al Cambriano. Non un periodo lunghissimo, visto che comincia 540 milioni di anni fa e si conclude, più o meno, 485 milioni di anni fa. La coscienza è nata in meno di 60 milioni di anni. L’intelligenza, verrebbe da dire, se la sta prendendo più lunga.
Il problema si potrebbe allargare ai vegetariani, se è vero – come sostengono in molti – che prima o poi si mangeranno insetti. Cosa faranno? Li mangeranno? O no. E poi, come è ovvio, a tutti quelli che, durante le notti estive, vengono tormentati dalle zanzare. Il rischio è che, prima o poi, non far male a una mosca non sarà più un segno di mitezza, come si suol dire. Ma una norma del codice penale.