Achtung Angela! L’onda anti-profughi cresce anche a Berlino

La capitale tedesca è quasi un sinonimo di accoglienza ma oggi sulla questione profughi è più spaccata che mai. I populisti di AfD si preparano a un boom nelle elezioni amministrative del 18 settembre. Per Angela Merkel sarebbe un ennesimo campanello d’allarme

Sean Gallup/Getty Images

L’ondata populista che sta attraversando la Germania rischia di travolgere anche la capitale Berlino. Le elezioni regionali di domenica 18 settembre, che eleggeranno i 149 membri della Camera dei Deputati locale e il nuovo sindaco, potrebbero costituire un punto di svolta storico per una città che ha costruito gran parte delle sue fortune intorno a una straordinaria capacità di sintesi tra culture, etnie e tradizioni molto diverse fra loro, ma le cui certezze sono oggi minate alla base da un’insofferenza sempre più palpabile nei confronti delle politiche di accoglienza portate avanti da Angela Merkel e che hanno visto Berlino grande protagonista.

A travolgere i consolidati schemi politici della metropoli “povera ma sexy”, come l’ha definita l’ex sindaco Klaus Wowereit, dovrebbe essere, a meno di inattesi stravolgimenti, l’AfD, il partito di destra, euroscettico e conservatore, nato nel 2013 e capace, in poco meno di tre anni, di conquistare una fetta importante di elettorato tedesco. Secondo tutte le più accreditate rilevazioni sondaggistiche degli ultimi quattro mesi, Alternative für Deutschland dovrebbe infatti attestarsi su percentuali di voto comprese fra il 12 e il 15%, mentre Spd e Cdu perderebbero circa il 5% rispetto alla precedente tornata, raggiungendo, rispettivamente, il 28 e il 22% delle preferenze. Si tratta di numeri importanti, che fanno ancora più sensazione se si considera che il partito AfD non era nemmeno nato nel 2011, all’epoca della precedente consultazione elettorale per lo stato di Berlino.

«Noi non vogliamo che si sviluppi alcun processo di integrazione dei rifugiati, deve essere chiarito in maniera molto precisa che queste persone possono restare a Berlino solo temporaneamente e che pian piano devono essere rimandate nei loro Paesi d’origine. Dobbiamo smetterla di accogliere altri rifugiati, piuttosto è necessario destinare le risorse che oggi spendiamo per alloggiarli qui a Berlino per costruire soluzioni nei Paesi confinanti con la Siria, come Turchia e Giordania. L’importante è che il concetto sia chiaro: i rifugiati sono a Berlino soltanto temporaneamente e vanno rimpatriati nei loro Paesi, a qualsiasi costo e nel minor tempo possibile». A parlare in un’intervista al quotidiano berlinese Morgenpost è Georg Pazderski, colonnello di Stato Maggiore dell’esercito tedesco in pensione, una lunga carriera militare alle spalle con missioni di comando in Afghanistan e Kosovo, oggi candidato a sindaco di Berlino per AfD. Dalle sue parole emerge in maniera chiara il clima creatosi nella competizione per gli scranni della camera dei deputati berlinese, una sfida che Alternative für Deutschland ha deciso di giocare puntando tutto sul tema delle politiche di accoglienza, divenute l’elemento fondamentale della campagna. La piattaforma programmatica di Pazderski prevede l’incremento delle forze di polizia locali, con il reclutamento di duemila nuovi agenti e una stretta sulla sicurezza al motto di “tolleranza zero”, l’introduzione della responsabilità penale per i reati commessi a partire dall’età di 12 anni (al momento si parte da 14), l’espulsione immediata per gli stranieri che vengono condannati dopo aver compiuto un qualsiasi reato, una serie di disposizioni che limitino le influenze religiose islamiche nelle scuole pubbliche e infine delle misure legislative che salvaguardino quella che Pazderski definisce “famiglia tradizionale”, rispetto a genitori single e nuclei familiari omosessuali.

«Noi non vogliamo che si sviluppi alcun processo di integrazione dei rifugiati»


Georg Pazderski, candidato a sindaco di Berlino per AfD

«Se mi avessero detto appena pochi mesi fa che un partito come AfD avrebbe potuto superare il 5% mi sarei messo a ridere – racconta Peter Müller, pittore e attivista politico scappato da Dresda dopo i bombardamenti del febbraio 1945, a Berlino da oltre 70 anni, residente nella parte Ovest della città, nel quartiere di Tiergarten –. Mi sembra impossibile che si stia smarrendo così rapidamente la nostra identità. Quello dei rifugiati è un tema importante e va trattato con cautela, effettuando le opportune distinzioni, caso per caso, situazione per situazione. Berlino ha una grande tradizione di accoglienza ed è proprio questa sua indole aperta e pacifica che le ha permesso, nel tempo, di diventare lo straordinario crogiuolo di culture che è oggi».

La “questione rifugiati” nella capitale tedesca ha assunto proporzioni di grande portata a partire dal 2015, quando la città, secondo le statistiche fornite dal Senato di Berlino, ha accolto 79mila persone, 54mila delle quali sono ancora oggi alloggiate nel territorio cittadino. Sempre secondo i dati del governo locale, nei primi nove mesi del 2016 sono stati accolti altri 40mila profughi, uomini e donne sistemati alla meglio in palestre, scuole, container, ovunque sia stato possibile ricavare nuovi posti letto, come ad esempio in uno degli hangar del vecchio aeroporto, oggi chiuso, di Tempelhof. In tutto la capitale tedesca ha dunque ricevuto, secondo le stime delle istituzioni regionali, circa 90mila persone (in Germania sono arrivati complessivamente 1,1 milioni di rifugiati negli ultimi 14 mesi), per le quali la municipalità ha già stanziato circa 5 milioni di euro per favorire l’integrazione. Si aggiungono alla ripartizione della quota di 7 miliardi di euro complessivamente destinati dal governo federale di Angela Merkel per far fronte all’emergenza.

La capitale tedesca ha ricevuto circa 90mila rifugiati, per i quali la municipalità ha già stanziato 5 milioni di euro a favore dell’integrazione. Si aggiungono alla ripartizione della quota di 7 miliardi di euro destinati dal governo di Angela Merkel per far fronte all’emergenza

A partire da questi dati è probabilmente più semplice comprendere su quale tessuto sociale si sia innestato un dibattito politico in cui il tema dei rifugiati è divenuto centrale e che ha spaccato in due l’elettorato cittadino. Da una parte ci sono infatti le decine di cittadini berlinesi che rivendicano con orgoglio la politica di accoglienza portata avanti dall’amministrazione, perfettamente testimoniata dalle decine di iniziative di solidarietà che allo slogan di “Refugees Welcome” hanno accompagnato e accompagnano i migranti in arrivo lungo il complesso percorso di integrazione in Germania. Dall’altro lato si è invece fatto largo un nucleo sempre più solido e culturalmente trasversale che sta pian piano cedendo ai richiami della destra anti-immigrazione. Si tratta, principalmente, di professionisti e famiglie residenti nei quartieri ricchi di Berlino Ovest, animate dal desiderio di una città più ordinata e convenzionale, e di una parte della vecchia classe operaia e popolare da decenni relegata nei quartieri periferici dell’Est berlinese, che è oggi particolarmente affascinata dal discorso populista di AfD, in cui vede una possibile rivincita contro un sistema che l’ha storicamente tenuta ai margini dell’agenda sociale e politica cittadina.

Di certo, la città continua a mostrarsi profondamente divisa. I sondaggi sulle intenzioni di voto, scorporati fra Berlino Ovest e Berlino Est, raccontano di un elettorato spaccato in due. La Cdu, il partito di Angela Merkel, si attesterebbe, secondo le rilevazioni, fra il 13 e il 15% a Berlino Est, raggiungendo invece un risultato intorno al 24% a Berlino Ovest. La distanza si conferma anche per le rilevazioni riguardanti i dati di AfD, che raccoglierebbe il 18% a Ovest e il 13% a Est. Sono però i numeri della Linke, fra i partiti più a sinistra dell’arco politico tedesco, a dare la dimensione di un quadro fortemente disgiunto: se a Est la Linke è accreditata di percentuali fra il 23 e il 26%, a Ovest il partito crolla invece intorno al 10 per cento. Si tratta di una distanza che chiarisce come il sostrato politico berlinese sia ancora oggi ben radicato in un universo urbano che conserva numerosi retaggi storici e sociali del passato, elementi sedimentatisi all’epoca del Muro e mai del tutto affrontati e superati. Berlino è insomma cresciuta, ma la sua trasformazione non ha intaccato quella base di popolazione urbana che non è stata in grado di operare un reale cambio di prospettiva e che è rimasta, culturalmente e fisicamente, nelle medesime posizioni precedenti l’unificazione della città. Anche i dati sul voto dell’ultima tornata elettorale, datata settembre 2011, confermano questo trend. All’epoca la Cdu conquistò il 29% ad Ovest, ma solo il 14% ad Est, mentre la Linke si attestò sul 23% ad Est, raccogliendo però appena il 4% dei voti nella parte occidentale.

A cedere ai richiami della destra anti-immigrazione sono, principalmente, professionisti e famiglie residenti nei quartieri ricchi di Berlino Ovest. Ma anche una parte della vecchia classe operaia e popolare da decenni relegata nei quartieri periferici dell’Est berlinese

È su questo terreno incerto che si gioca la sfida elettorale per il governo municipale, un banco di prova determinante per comprendere gli animi di una città che ha eletto l’ultimo sindaco di centro-destra nel lontano 1996 e che ha da sempre rappresentato nell’immaginario collettivo continentale un inscalfibile simbolo di apertura e tolleranza. La Spd, che schiera come candidato a sindaco l’uscente Michael Müller (subentrato in corsa nel 2014 per raccogliere la pesante eredità del dimissionario Wowereit) appare in leggero vantaggio. In ogni caso, per definire l’esecutivo incaricato di guidare Berlino per i prossimi cinque anni, bisognerà attendere di verificare le scelte di coalizione: la Spd dovrà decidere se guardare ai Verdi e alla Sinistra di Linke o se orientarsi, al contrario, verso una grande intesa con il centro-destra della Cdu. Qualunque sia il risultato finale, la sensazione è che sia in atto una grande, l’ennesima, trasformazione politica, e che le conseguenze di questo passaggio possano rimescolare in maniera determinante la natura alternativa e ribelle della capitale tedesca.

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