Sostiene VoltolinaTutto ai vecchi, niente ai giovani: come combattere la scandalosa iniquità delle pensioni

Mentre il presidente dell'Inps Boeri denuncia l'ingiustizia dei tanti pensionati che ricevono molto più di quanto hanno versato attraverso i contributi, il sottosegretario Nannicini esclude correttivi. Una proposta: e se dessimo ai pensionati la “TIP”, la trasparenza sull'incoerenza previdenziale?

C’è chi riceve dall’Inps una pensione enormemente superiore ai contributi che ha versato. Il doppio, il quadruplo. In alcuni casi, 10 o 20 volte tanto. È una ingiustizia intollerabile che però gode di strenui sostenitori: invariabilmente, le persone che beneficiano di questi trattamenti d’oro. La giurisprudenza ha fatto finora muro di gomma, rigettando i tentativi di smontarla per via giudiziaria.

È anche una questione generazionale: vent’anni fa, ammettendo che il meccanismo era troppo generoso e dunque insostenibile a medio lungo termine per le casse dello Stato, il sistema previdenziale è stato riformato, passando dal calcolo retributivo (pensione calcolata, grossolanamente, sulla base dell’ultimo stipendio percepito) al calcolo contributivo (conteggio dei contributi che ogni persona ha versato nella sua vita e “rateizzazione” di tale montante). Un cambiamento che abbassa drammaticamente la cifra che andranno a percepire, una volta in pensione, i nati dalla fine degli anni Settanta in poi.

È una ingiustizia intollerabile e per fortuna adesso abbiamo un presidente dell’Inps che ha il coraggio di dirlo. Dopo tanti anni di gestione opaca, Tito Boeri ha preso in mano l’Istituto e non teme di dire come stanno le cose. Lo ha fatto anche ieri sera nel bel servizio che la trasmissione Presa diretta su RaiTre ha dedicato alle pensioni: «Legare contributi e prestazioni, questo è il vero problema di fondo» ha detto: «Ci sono delle persone che oggi hanno dei trattamenti pensionistici, o dei vitalizi come nel caso dei politici, che sono del tutto ingiustificati alla luce dei contributi che hanno versato in passato». Secondo Boeri queste pensioni non sono affatto intoccabili: «Abbiamo concesso per tanti anni questo trattamento privilegiato a queste persone. Per chi ha degli importi molto elevati di pensione non è il caso magari di chiedere a loro un contributo che potrebbe in qualche modo alleggerire i conti previdenziali, e ci permetterebbe di fare qualche operazione di redistribuzione?».

«Legare contributi e prestazioni, questo è il vero problema di fondo»


Tito Boeri, presidente dell’Inps

Così si sanerebbe l’ingiustizia. Eppure sembra proprio che Boeri in questo senso non abbia il sostegno del governo. Renzi lo stima e lo ha messo a dirigere l’Inps, ma rigetta al mittente la proposta di tagliare le pensioni spropositate, anche nella ipotesi “chirurgica” di andare solo a decurtare la parte non sorretta da contributi versati.

Alla domanda del giornalista di Presa Diretta, «Perché non si è pensato di agire su chi prende molto di più di quel che ha versato? La proposta Boeri, per intenderci», il sottosegretario Tommaso Nannicini ha risposto: «Questo tipo di ricalcoli non sono semplicissimi, richiedono molte ipotesi e molti dati, e devi stare molto attento. A volte rischi magari di tagliare pensioni che sì sono alte, ma sono legate a una storia contributiva forte, quindi quello ha una pensione alta ma se l’è conquistata con anni di contributi altrettanto alti». E quando il giornalista ha riportato il fuoco su quelle non “conquistate” – «Parlo di chi prende molto di più di quanto ha versato» – Nannicini ha spiegato: «Ma sono legati. Perché non riesci a fare con il bisturi del chirurgo questa distinzione un po’ intellettualistica che mi sta dicendo, proprio perché è difficile fare queste ipotesi, avere i dati necessari per farlo, rischi di fare danni. Rischi davvero di tagliare pensioni alte ma meritate, oppure di toccare pensioni che sono generose rispetto ai contributi versati, ma sono basse». Concludendo: «Il rischio di mettere le mani nelle tasche sbagliate è troppo grosso: abbiamo deciso di fermarci».

Questo tipo di ricalcoli non sono semplicissimi, richiedono molte ipotesi e molti dati: il rischio di mettere le mani nelle tasche sbagliate è troppo grosso


Tommaso Nannicini, sottosegretario alla Presidenza del consiglio

Eppure i contributi non sono acqua. Non sono gocce che entrano in un vaso e poi è impossibile conteggiarle separatamente. I contributi sono soldi. Somme precise che sono state attribuite a un certo lavoratore, mese dopo mese, anno dopo anno. Soldi. Certo, vanno calcolati e rivalutati, bisogna adeguare il valore dei contributi pagati venti o trent’anni fa in lire all’euro che è la nostra moneta attuale. Ma sono soldi. Non è una «distinzione intellettualistica», sono numeri. Come può dire Nannicini che non sono disponibili «i dati necessari», che i ricalcoli «richiedono molte ipotesi» e che è dunque impossibile procedere?

Non posso credere che nella banca dati dell’Inps questi dati non siano disponibili. Penso invece che, con la volontà di farlo, così come oggi finalmente si comincia a fare la proiezione (quella che una volta si chiamava la “busta arancione”) della pensione che si percepirà in futuro sulla base dei contributi attuali, a maggior ragione si possano reperire dati sul passato.

I contributi non sono acqua. Non sono gocce che entrano in un vaso e poi è impossibile conteggiarle separatamente. I contributi sono soldi. Somme precise che sono state attribuite a un certo lavoratore, mese dopo mese, anno dopo anno. Non è una «distinzione intellettualistica», sono numeri. Come può dire Nannicini che non sono disponibili «i dati necessari»?


Eleonora Voltolina, direttore www.repubblicadeglistagisti.it

Perfino alcuni dei beneficiari delle pensioni d’oro sarebbero d’accordo a farsi tagliare un po’ la pensione. Presa diretta ha scovato una “babypensionata”, l’insegnante Paola, che smise di lavorare nel 1982: all’epoca aveva 36 anni. Quest’anno festeggia i suoi 70 – di cui praticamente la metà passati in pensione. A fronte di 11 anni, 6 mesi e 1 giorno di contributi L’Inps le ha finora erogato, complessivamente, all’incirca 400mila euro, il quadruplo di quanto versato. E poiché tutti auguriamo a lei e a tutti gli altri babypensionati ancora una lunga vita – l’aspettativa per le donne italiane è 85 anni, in media – questa somma è destinata ad aumentare ancora. Oggi la signora Paola dice: «Lo definirei proprio uno scandalo, politicamente inaccettabile: era una fabbrica del consenso, perché gli insegnanti poi dopo votavano in un certo modo». E all’ipotesi della decurtazione non si sottrae: «Io sarei disponibile, il problema però è che cosa ti tolgono, che percentuale». I babypensionati in Italia sono 530mila e costano allo Stato quasi 10 miliardi l’anno.

Ho dunque una proposta. Se il governo non vuole agire su questa ingiustizia intollerabile in maniera rigida, lo faccia almeno in maniera soft. Permetta all’Inps di inviare a tutti i pensionati una lettera con i dati precisi sulla posizione previdenziale. Ciascun pensionato sia messo di fronte alla realtà dei fatti: quanto prende di pensione (unificando in un solo foglio eventuali trattamenti previdenziali multipli) e quanto prenderebbe se la pensione fosse calcolata col metodo contributivo, cioè quello che subiscono oggi figli e nipoti. La differenza tra le due cifre si potrebbe chiamare “TIP”, «trasparenza sull’incoerenza previdenziale».

Una proposta: ciascun pensionato sia messo di fronte alla realtà dei fatti – quanto prende di pensione e quanto prenderebbe se la pensione fosse calcolata col metodo contributivo, definendo la differenza tra le due cifre “trasparenza sull’incoerenza previdenziale“”


Eleonora Voltolina

Ciascun pensionato sia obbligato a decidere come gestire la sua incoerenza previdenziale. Se continuare, egoisticamente, a usufruirne al 100%, oppure se cessare di percepirne una quota parte, dal 10% al 100% a sua scelta. Affiancando alla misura un meccanismo di incentivo/disincentivo che porti benefici concreti (per esempio, sull’esenzione per le prestazioni sanitarie…) a chi sceglie di ridurre la propria incoerenza previdenziale, dimostrando meno egoismo e più attenzione per la sostenibilità delle pensioni future.

Almeno la scelta, a quel punto, sarebbe dei cittadini: e nessuno potrebbe più fingere di essere inconsapevole del privilegio ingiusto insito nella sua pensione. Utopia?

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