Come parla un londinese: guida all’accento cockney

Una volta era la lingua della classe operaia, i poveri della città, i reietti, gli odiati. Ora, tra le star del piccolo jet-set british è tornato di moda. Utile prontuario per padroneggiarlo un po’

Se si va a Roma, bisogna fare come fanno i romani, dice il proverbio. Allo stesso modo, se vai a Londra, devi parlare come i londinesi. E i londinesi, i pochi autentici rimasti, parlano cockney. All’inizio, come spiega questo video con Jason Statham (in realtà senza, ma è sostituito bene), la parola era usata come termine spregiativo nei confronti della classe popolare della città (operai, contadini inurbati, gentaglia di vario livello). Poi è passato a designare il loro particolare accento (che, in realtà, si sente ancora poco).

Parlare cockney non è molto semplice: bisogna impegnarsi. Evitare le “t” intervocaliche, e sostituirle con un suono glottale è un buon inizio. Poi è tassativo dimenticare le “h” a inizio parola: non vanno mai pronunciate. Importante, poi, che il suo “l” a fine parola diventi “u”, che il “th” di brother (cioè sonoro) diventa “v”, per cui si avrà “brava”, mentre il “th” di thank you, cioè sordo, diventa “f”. Per cui, fank you.

È il cockney, che tanto piace alle star del cinema dell’East End. Che tanto attrae le celebrities, che provano a riprodurlo, ripulendolo dei tratti meno consoni, dandogli un’aura posh. Si fa con la lingua quello che, già da tempo, si è fatto con l’architettura: trasformare una vecchia fabbrica in un locale lounge. Rimane l’impalcatura, scompare l’anima.

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