Soffiano venti di crisi diplomatica, fra i Paesi Bassi e la Turchia. La decisione del governo dell’Aia di vietare ai ministri del presidente Erdogan di tenere comizi a favore del loro referendum costituzionale ha provocato tensioni nella comunità internazionale. Ma ha anche confermato che la linea nazionalista, inizialmente perseguita dal candidato della destra radicale Geert Wilders, è stata la cifra della campagna per le elezioni parlamentari olandesi, in programma mercoledì. Questa sera ci sarà un atteso dibattito televisivo fra il primo ministro liberal-democratico, Mark Rutte, e Wilders, che secondo i sondaggi si contendono il primo posto in un sistema proporzionale puro, che costringerà a formare un nuovo governo di coalizione. La crisi turca, secondo alcune analisi, rischia di polarizzare ulteriormente l’elettorato e portare più voti al Pvv di Wilders, rafforzando però anche la leadership di Rutte per la sua linea dura contro Erdogan. Insomma, una partita tutta a destra. Ma se lontano dal rumore della cronaca, spuntasse anche da sinistra una sorpresa? Non potrà ambire al primo posto, certo, ma c’è un partito che promette bene, in Olanda. E’ alternativo all’ascesa della destra populista, ma anche alla destra di governo che ha applicato politiche di austerità. È il partito dei Verdi. La Groen Links. Ed è una speranza per una sinistra debole, frammentata e orfana della guida laburista.
«Quelli come Wilders? Vogliono mettere paura. Se abbiamo un problema è con chi piazza le bombe, ma non con l’Islam o con gli immigrati. Io mi metto al servizio della comunità, perché voglio continuare a poter pagare le cure per mia moglie». Erel ha 35 anni, indossa una vistosa pettorina verde e distribuisce i volantini del suo partito alla stazione ferroviaria di Breda, non distante da un raduno del Pvv. La Groen Links può rappresentare il perno di un’eventuale coalizione di centro-sinistra, insieme ai democratici del movimento D66. Ma è soprattutto la figura del leader verde, Jesse Klaver, a catalizzare interesse: giovane, ha appena 30 anni, è un comunicatore abile. È un motivatore. Ha una biografia interessante: padre marocchino, madre metà olandese e metà indonesiana. Insomma, riesce a stare sulla scena al pari dell’ingombrante Wilders e del navigato Rutte, cercando l’attenzione di chi non voterebbe mai questi due.
Padre marocchino, madre metà olandese e metà indonesiana, anche Klaver ha lanciato il suo messaggio patriottico: «I want my Netherlands back», voglio indietro i miei Paesi Bassi. Ma non è il Netherlands first, prima gli olandesi dei nazionalisti galvanizzati da Trump. Per il leader dei Verdi significa ritornare completamente allo storico spirito di tolleranza olandese
Nel gioco delle somiglianze, la stampa internazionale considera Wilders come il Donald Trump d’Europa, per le sue proposte politiche, il ruolo di outsider e anche il capello biondo. E Klaver è di conseguenza il Justin Trudeau d’Europa. O il nuovo Barack Obama. Al di là delle esagerazioni, i sondaggi di queste settimane danno i Verdi fra le prime cinque forze politiche, ben al di sopra del 10%, quindi pochi punti sotto i primi due posti. Anche Klaver ha lanciato il suo messaggio patriottico: «I want my Netherlands back», voglio indietro i miei Paesi Bassi. Ma non è il Netherlands first, il prima gli olandesi dei nazionalisti galvanizzati da Trump. Per il leader dei Verdi significa ritornare completamente allo storico spirito di tolleranza olandese. Alla Afas Live di Amsterdam, l’arena dei grandi concerti, Klaver ha riunito alla fine della scorsa settimana più di cinquemila attivisti, in quella che la stampa ha ribattezzato come il più grande evento politico della storia olandese recente. C’erano i meet-up con cui è organizzata la battaglia politica. C’erano i sostenitori semplici. C’erano artisti e musicisti. Mattatore, ovviamente, lo stesso leader del partito. Che ha un obiettivo: portare a votare i giovani, anche i figli degli immigrati come lui. Il suo programma: libertà, tolleranza, una politica di “empatia” verso gli immigrati. Il che significa garantire politiche di tutela sociale a tutti, favorire l’integrazione dei migranti che non si sentono ancora olandesi, ma anche – non potrebbe essere altrimenti – maggiori finanziamenti per progetti di sostenibilità ambientale. Quindi niente austerity e tagli al welfare, diversamente da Rutte e dai laburisti che lo hanno sostenuto fino ad ora, cadendo sotto il 10% dei consensi. E niente islamofobia, niente a che fare con Wilders.
Quello dei Verdi può apparire il libro dei sogni, ma sicuramente ha il merito di segnalare un percorso. Se si vuole cercare un’alternativa, deve essere netta. Non basta votare contro l’establishment purchessia. Ed è un messaggio soprattutto alla sinistra tradizionale, che dividendosi e non riuscendo più a farsi percepire come diversa, ha finito per lasciare il campo a una sfida tutta a destra per il governo. In Olanda come nella Gran Bretagna post-Brexit. Forse la formula cosmopolita dei Verdi, ambientalisti e insieme anche radicali ma inclusivi, europeisti ma anche strenui difensori delle conquiste sociali a livello nazionale (non è un caso che anche Klaver si sia detto d’accordo con il bando ai ministri di Erdogan), diventerà decisiva nella nuova stagione politica.
Non si sa se farà davvero la differenza alle elezioni di mercoledì in Olanda. Ma intanto nel dicembre scorso la prima vera sfida elettorale nazionalista-populista in Europa è stata vinta (a sorpresa) proprio da un verde. In Austria. Il nuovo presidente della Repubblica è infatti Alexander Van Der Bellen, un signore di 73 anni, a sua volta discendente di padre russo-olandese e madre estone. Ha battuto al ballottaggio Thomas Hofer, candidato della destra nazionalista della Fpoe. Il partito della libertà austriaco, che ha lo stesso nome del Pvv olandese di Wilders. Non a caso sono alleati all’Europarlamento, insieme alla Lega di Matteo Salvini e al Front National di Marine Le Pen. Dato importante: al ballottaggio in Austria non sono arrivati i candidati dei due partiti tradizionali che formano la grande coalizione al governo, i cristiano-democratici e i socialdemocratici, ma i due outsider, percepiti meglio come due proposte alternative, persino antitetiche. E pensare che i Verdi austriaci fino a vent’anni fa non superavano il 10%. Un effetto contenitivo rispetto alla forza anti-europeista della Afd in ascesa potrebbero farlo anche i Verdi (Die Grunen) in Germania, dove si voterà a settembre. Ma per ora la candidatura di Martin Schulz a cancelliere per i socialdemocratici della Spd li sta mettendo in difficoltà.
@ilbrontolo