I finali alternativi sono la masturbazione delle serie tv

Da qualche giorno si parla di una sperimentazione in atto a casa Netflix con l'obiettivo di costruire prodotti sempre più personalizzabili dagli spettatori. Ma quello che ci sembra un sogno in realtà nasconde un incubo: vedere serie tv diverse per ciascuno sarebbe molto simile a masturbarsi

Nel gennaio del 2016, quando la NBC ha pubblicato i dati di una ricerca che rivelava come, in termini di audience, le dimensioni di Netflix fossero in linea con quelle dei suoi competitor, ovvero, niente di eccezionale, a Netflix si sono messi a ridere. Il motivo di quella ilarità era molto semplice: per Netflix, quei dati sono irrilevanti. Netflix non deve vendere nulla a nessun investitore pubblicitario. Netflix incassa direttamente dai suoi spettatori. Ed è proprio questo il suo elemento disruptive, come amano chiamarlo i tecnici, il rapporto tra la piattaforma e i suoi utenti è intimo, diretto, non è intermediato da nessuno.

Questa contiguità totale è un’arma di intrattenimento di massa. Garantisce a Netflix la conoscenza quasi perfetta e praticamente 1 a 1 dei gusti e delle abitudini dei propri abbonati, permette alla piattaforma di produrre contenuti praticamente scommettendo al buio (l’esempio di House of Cards fa scuola), ma, a sentire le voci che girano nell’ambiente, rischia anche, se sfugge di mano, di creare dei mostri.

È il caso della personalizzazione totale dei prodotti, paventata da un articolo pubblicato sul DailyMail e non ancora smentita, né confermata, da Netflix. Stando a quanto rivela il DailyMail, Netflix starebbe cercando di implementare una funzione che crede rivoluzionaria in alcuni dei suoi prodotti seriali: i finali alternativi.

Detta così, la notizia sembra una bomba. Ormai sono almeno due le generazioni cresciute nel pieno dell’age d’or dei videogiochi. E chi di noi non ha mai sognato, magari ricordandosi nostalgicamente dei libri game anni Ottanta, di poter scegliere tra trame e finali alternativi in serie come Lost, Game of Thrones, da ultimi anche Westworld o Stranger Things? Eppure, se le voci si confermassero vere e se ci svegliassimo in un prossimo futuro con serie televisive personalizzate, il sogno si rivelerebbe un incubo.

Gli atti culturali, come vedere una serie tv, leggere un libro o un fumetto, seppur la maggior parte delle volte siano atti apparentemente individuali e solipsistici, sono in realtà atti collettivi. È proprio per quello che funzionano. Perché attorno all’esperienza della loro narrazione si sviluppa una comunità che quell’esperienza condivide. Senza quella condivisione, anche solo potenziale, quelle serie tv, ma anche quei libri e quei fumetti, non sono nulla. I libri sono i discorsi sui libri, senza sarebbero carta morta. E anche delle serie, senza i discorsi sulle serie, senza i commenti, le esultanze e anche le delusioni, che cosa resterebbe? Resterebbe poco, troppo poco, più o meno quello che resta del sesso nella masturbazione. Non è che non è piacevole, però vuoi mettere?

Provate a immaginarvi un ipotetico futuro prossimo in cui film e serie tv fossero personalizzabili. Immaginatevi con una birra in mano insieme ai vostri amici. Di che cosa parlereste? Che fine farebbero le chiacchiere sui film e le serie appena viste, i consigli delle nuove scoperte, le dispute su chi abbia ragione e chi no sul fatto che Stranger Things abbia più buchi di sceneggiatura di un groviera? Già ci hanno impestato con la paura psicotica del babau dello spoiler sputtanandoci metà delle conversazioni “culturali”; se ognuno di noi vedesse prodotti cuciti solo su se stesso ci sputtaneremmo anche l’altra metà e guardare film e serie tv diventeranno definitivamente masturbazioni, cose che si fanno da soli e al buio, e di cui non si parla in giro.

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