Olanda al voto. Il nazionalismo ha già vinto (anche se perde)

Eelco Harteveld, dell'Università di Amsterdam: il partito di Geert Wilders, ostile a Islam e Unione Europea, rappresenta solo un quinto dell'elettorato ma ha imposto l'agenda. I sondaggi lo danno in discesa al secondo posto, sfida tutta a destra. Elezioni il 15 marzo, poi governo di coalizione

Perché potessero fare notizia le elezioni parlamentari olandesi, ci voleva uno come Geert Wilders. Il leader del Pvv, il partito della libertà, è considerato dalla stampa internazionale come il prototipo europeo di Donald Trump. Un uomo solo, popolare fra gli elettori più disillusi. Quindi populista o, meglio, nazionalista. Il suo programma prevede due punti fondamentali: la messa al bando dell’Islam e l’uscita dall’Unione Europea. Nei Paesi Bassi si voterà fra poco più di una settimana, il 15 marzo. Wilders era dato come vincitore sicuro fino a poche settimane fa. Gli ultimi sondaggi indicano invece una situazione di potenziale parità con il partito liberal-democratico del premier uscente Mark Rutte, il Vvd. In realtà nessuno dei due può vincere, perché quello olandese è un sistema proporzionale. Ed entrambi i partiti rappresentano non più di un quinto (a testa) dell’elettorato. Ma due cose appaiono certe. La prima è che la sfida per la guida del Paese è fra la destra e il centrodestra, con la sinistra laburista molto in crisi e niente affatto competitiva: veleggia attorno al 10%. La seconda ce la spiega, Eelco Harteveld, ricercatore dell’Università di Amsterdam, che fa parte di un team al lavoro per mappare il consenso alle proposte populiste. «È probabilmente questo il modo in cui Wilders ha avuto il maggiore impatto sul nostro Paese – dice Harteveld a Linkiesta.it – ha forzato il centrodestra moderato, e in qualche misura anche il centrosinistra moderato, a imboccare una direzione nazionalista». Ha, insomma, dettato l’agenda politica.

Hartelveld, in Italia conosciamo poco della politica olandese. Iniziamo quindi così: perché le elezioni del 15 marzo possono essere così importante non solo per il vostro Paese ma anche per l’Europa nel suo insieme?
Partirei con questa premessa, che è il primo aspetto interessante: nessuno dei partiti in lizza potrebbe rivelarsi davvero grande. Secondo gli ultimi sondaggi, nessuno riceverà infatti più del 20%. Invece potrebbero esserci molti partiti di medie dimensioni, e questo significa che il prossimo governo di coalizione sarà difficile da formare. Stando così le cose, serviranno forse quattro o cinque partiti.

Però la gara per il primo posto sembra a due, fra il centrodestra e la destra radicale.
È l’altra faccia della medaglia. È infatti ancora possibile che si verifichi un testa a testa fra i due partiti più grandi, che potrebbero attrarre voti da tutti gli altri, come accaduto nelle scorse elezioni. E in tutto questo, anche se gli attuali sondaggi lo danno in seconda posizione, la possibilità che il Pvv di Wilders diventi il principale partito è il fenomeno che crea maggiore interesse, quello che ha attirato molta attenzione da parte della stampa nazionale e internazionale. Però è importante tenere a mente una cosa.

Quale?
Che come ho detto prima, il Pvv alla fine potrebbe avere meno del 20%, perché i voti sono ancora dispersi in quei partiti di media dimensione di cui parlavamo. Nel 2010 Wilders prese già il 15%, ma finì terzo.

«Wilders ha forzato il centrodestra moderato, e in qualche misura anche il centrosinistra moderato, a imboccare una direzione nazionalista. La lettera aperta del primo ministro Mark Rutte è in effetti servita per attrarre da destra molti voti destinati a Wilders»


Eelco Harteveld, Università di Amsterdam

Quello che attrae o respinge della forza politica di Wilders è però il programma, è la capacità di raccogliere molto consenso su tesi radicali. Questo successo dipende più dalla sfida all’Islam o da quella per l’uscita dall’Ue?
Il tema Islam è quello più caro allo stesso Wilders, non a caso nel suo programma e nei suoi discorsi ha lo spazio maggiore insieme alla questione immigrazione. Già in passato il consenso al Pvv arrivava soprattutto dai timori legati all’immigrazione più che dall’opposizione all’Unione Europea. Anche nel 2012, quando la crisi dell’euro era più forte di adesso: i picchi di maggiore consenso del Pvv nei sondaggi hanno corrisposto ai picchi della crisi dei rifugiati, a partire dalla fine del 2015.

Dove si concentra il suo elettorato?
Il Pvv riceve molto sostegno nel sud cattolico dei Paesi Bassi, soprattutto nella provincia del Limburgo, e nelle aree di confine più povere del Paese. Ma ne riceve molto anche nelle grandi città dell’ovest, nei quartieri-dormitorio attorno a Rotterdam, per esempio. Diciamo che la base elettorale del Pvv è molto simile a quella di altri partiti populisti di estrema destra in Europa: soprattutto uomini, spesso con grado di istruzione medio-basso, preoccupati dall’immigrazione e delusi dalle élite politiche.

Perché proprio in questo momento Islam ed Europa sono diventati i grandi nemici?
Le rilevazioni indicano che i cittadini nel loro complesso la pensano allo stesso modo degli ultimi venti anni, su questi temi. Ma sono diventati temi centrali grazie alla politicizzazione da parte di leader come Wilders: solo lui considera Islam e Unione Europea come ‘nemici’, ma vediamo che le posizioni nazionaliste si sono diffuse anche negli altri partiti. Perché? Con gli effetti della globalizzazione, le questioni culturali e di identità sono diventati centrali: sia a sinistra (contro le discriminazioni) sia a destra (chiudere le frontiere).

Noi siamo abituati a conoscere i Paesi Bassi come una nazione liberal, costruita sulla tolleranza religiosa, l’estensione dei diritti, la libertà dei costumi. Si collega dunque qui la storia all’attuale situazione politica?
Sì, questo è un’paradosso spesso sottolineato dalla stampa internazionale, ma credo di poter dire che pensandoci meglio non è affatto una situazione paradossale. In effetti, l’opinione pubblica qui è relativamente più progressista rispetto a quella di altri Paesi, specialmente per quanto riguarda le libertà individuali. Ciononostante, ci sono sempre state importanti differenze fra gli olandesi. E il tema dell’immigrazione non era stato mai veramente politicizzato prima degli anni 2000, prima di Pim Fortuyn. Wilders si rivolge alla parte non progressista e nazionalista dell’elettorato, per conquistarla e darle una voce. Non dobbiamo però dimenticare quello che ho sottolineato prima…

I numeri?
Sì, che l’80% dell’elettorato olandese, se non di più, vota altri partiti. Wilders rappresenta il restante 20 o anche meno, forse.

Quindi i Paesi Bassi restano una terra “liberal”. Però vorremo capire anche un’altra questione, che poi può riguardare altri Paesi, magari l’Italia: quanto le posizioni radicali di Wilders, pur minoritarie, hanno orientato l’intera campagna elettorale? Il primo ministro Rutte, che è di fatto l’antagonista di Wilders, qualche settimana fa ha scritto una lettera aperta che invita chi non vuole integrarsi e accettare i valori della vostra comunità a tornare nel suo Paese…
È vero. Questo è probabilmente il modo in cui Wilders ha avuto il maggiore impatto sul nostro Paese: ha forzato il centrodestra moderato, e in qualche misura anche il centrosinistra moderato, a imboccare una direzione nazionalista. La lettera aperta di Rutte è in effetti servita al primo ministro per attrarre da destra molti voti destinati a Wilders. Allo stesso modo, Rutte spera di approfittare della forte impopolarità di Wilders fra la maggioranza degli elettori, presentandosi come l’unico candidato che può evitare che il Pvv diventi la prima forza politica dei Paesi Bassi.

Ma i due potrebbero collaborare dopo le elezioni, visto che dovrà esserci un governo di coalizione?
Tutti i maggiori partiti hanno pubblicamente detto che non collaboreranno con Wilders. Il caso di Rutte è particolare, perché in passato lasciò aperta questa opzione, tanto che si alleò con Wilders fra il 2010 e il 2012. Ma anche se quest’anno infrangesse la promessa di non stringere un nuovo accordo, i due partiti insieme difficilmente avranno una maggioranza in Parlamento, quindi è difficile che il Pvv partecipi al prossimo governo.

E in tutto questo la sinistra che fine ha fatto? Secondo i sondaggi, i laburisti sono in crisi, come in molti altri Paesi europei.
I partiti della sinistra “mainstream”, specialmente appunto socialdemocratica, sono in difficoltà ovunque. Penso che ciò abbia a che fare con il cambiamento delle priorità. Storicamente, i socialdemocratici attraevano sia elettori con bassa istruzione sia quelli con istruzione elevata, insegnanti e colletti blu. Con la globalizzazione, temi come l’immigrazione e l’Ue sono diventati centrali e l’elettorato di sinistra è andato a pezzi. Da una parte, ci sono i ‘perdenti della globalizzazione’, che vogliono un welfare forte e frontiere chiuse. Dall’altra, ci sono i “vincitori” della globalizzazione, che sono tifosi dell’Unione Europea e del multiculturalismo. Per i primi, la sinistra radicale come il partito socialista olandese (Sp) è spesso un’alternativa attraente. Per i secondi, ci sono i partiti più cosmopoliti come i verdi o i progressisti liberali (D66). I social-democratici non possono soddisfare entrambi i gruppi, entrambi gli interessi contemporaneamente. E non è un caso che nei Paesi Bassi sia Sp sia D66 stiano facendo meglio del Labour Party socialdemocratico.

@ilbrontolo

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