Taccola“La scrivania non è più tua”: ecco gli uffici nell’anno zero dello smartworking

Le postazioni di lavoro fisse diventeranno un ricordo, dal momento che lavorare da casa sarà la regola. Non è una visione futuribile ma quel che sta già succedendo, anche in Italia. Le nuove sedi delle multinazionali a Milano tracciano la strada

«Non abbiamo più delle scrivanie fisse. Arriviamo al mattino e ci sediamo dove capita, è rimasta solo una divisione per funzioni aziendali. Alla sera dobbiamo sgomberare tutto». Cronache dai nuovi uffici milanesi, in una sede di un’assicurazione nell’area di piazza Gae Aulenti. Racconta una delle impiegate: «Abbiamo abbandonato gli uffici perché non serve più una scrivania a testa: ora tutti possiamo fare “smart working”, io lavoro da casa due giorni a settimana, e la maggior parte delle riunioni si fa da remoto. Questa è la parte bella della storia. Quella meno bella è che non si ha più un vicino di banco fisso, siamo tutti un po’ isolati. Le luci si accendono automaticamente quando siamo presenti e quando non c’è nessuno si attraversa uno spazio buio». Nella stessa sede, tuttavia, sono in fase di allestimento degli spazi comuni, dove si potrà fare formazione, riunioni, oppure rilassarsi.

Basta un esempio del genere per capire le parole di Marco Predari, presidente di Assufficio, una delle associazioni di FederlegnoArredo, al Salone del Mobile di Milano: «Questa non è una semplice evoluzione dell’ufficio che abbiamo visto dagli anni Sessanta in avanti. Oggi siamo a un vero punto di svolta, concettualmente dobbiamo parlare di anno zero». Quel che sta succedendo è che dopo anni di parole, lo smart working è diventato realtà e il lavoro da casa non è più solo un affare da pionieri o da freelance. È una delle condizioni più richieste da lavoratori e lavoratrici dipendenti, a cui le aziende si stanno adattando. Quando la maggior parte delle attività che si svolgono tradizionalmente in ufficio si possono fare ovunque, grazie alla Rete e al cloud, i nuovi uffici non possono che adattarsi. L’alternativa tra casa e lavoro è però solo una parte della storia. L’altra parte è data dalla consapevolezza che anche dentro gli uffici non tutto si deve e si può fare negli stessi luoghi. Ancora Predari: «Nell’ambito della giornata io ho la necessità di rimanere concentrato sul mio progetto, poi di condividerlo o di comunicarlo all’esterno. Sono tutte funzioni diverse e gli elementi di arredo che nasceranno da quest’anno zero in avanti devono essere a mio modo di vedere degli elementi adattivi, che sanno cambiare durante la giornata». Ci sono i momenti in cui si deve leggere un documento e lo si può fare anche sdraiati su un divano con un iPad in mano. Altri in cui si deve fare una riunione, ma lo si può fare anche nel bar aziendale. Gli spazi sono diversi e la divisione tra momenti produttivi e di relax è anch’essa sfumata.

Predari parla da un padiglione dedicato agli arredi per ufficio, chiamato evocativamente Workplace 3.0. Al suo interno c’è una mostra, “A Joyful Sense at Work”, che cerca di mettere assieme il pensiero dietro a queste realizzazioni. La sua curatrice, l’architetto Cristiana Cutrona (fondatrice dello studio Revalue), è artefice di molte delle realizzazioni all’avanguardia sorte negli ultimi anni (Facebook, Samsung e la sede precedente di Microsoft, per limitarsi a tre nomi). Per spiegare perché quello attuale è un momento di vera svolta, Cutrona alza lo sguardo e mostra una nuvola che è stata allestita sopra tutto lo spazio espositivo. «Quella nuvola richiama una frase di Karl Popper che ci ha guidato: “Dobbiamo passare dalla lettura degli orologi alla lettura delle nuvole”. Il mondo degli orologi è il mondo deterministico e prevedibile. Il mondo delle nuvole è il mondo dell’imprevedibile ed è la nuova era che stiamo vivendo: ci siamo lasciati alle spalle, per sempre, il mondo deterministico». Altri riferimenti sono quelli di Frederic Laloux, autore di “Reinventing Organizations”, e, inevitabilmente, Zygmunt Bauman, inventore del concetto di società liquida che si scompone e ricompone attorno a un obiettivo. Di tutti questi aspetti si è parlato in diversi incontri, nell’area della mostra, che hanno visto partecipare tra gli altri Alessandro Ranaldi, progettista di Foster+Partners Londra, e Jason Wilson-Max, l’architetto degli uffici di Twitter in Europa, Medio Oriente e Africa.

«Questa non è una semplice evoluzione dell’ufficio che abbiamo visto dagli anni Sessanta in avanti. Oggi siamo a un vero punto di svolta, concettualmente dobbiamo parlare di anno zero»


Marco Predari, Assufficio

Un giro per le nuove sedi aperte a Milano toglie ogni dubbio sul fatto che non si stia parlando di casi isolati. Nel solo ultimo anno ci sono stati i casi, piuttosto noti, dei nuovi uffici di Microsoft e di EY, molto influenzati dagli spazi di co-working e che a vario titolo permettono l’ingresso delle persone in spazi comuni aperti a tutti. Entrambi i progetti sono di DEGW, un brand del gruppo Lombardini22 dedicato alla progettazione integrata di ambienti per il lavoro. Per entrambe le sedi DEGW si è occupata di diverse fasi di lavorazione: space planning, interior design, modifica impianti, workplace change management.

Ma di esempi se ne possono citare molti altri: la nuova sede di The Boston Consulting Group, in piazza del Duomo, progettata da Albera Monti & Associati (Ama) ha scrivanie (rialzabili al punto da permettere di lavorare anche in piedi) prenotabili via app, come l’accesso alle sale riunioni e perfino le colazioni al bar. I muri interni di alcune delle sale principali, con vista Madonnina, sono “affrescati” con graffiti di street artist, tra cui Pao. Il palazzo è stato tra quelli selezionati dal Fai per le Giornate di Primavera. C’è poi la sede da poco aperta di Publicis (un’agenzia pubblicitaria), in viale Jenner, sempre a Milano. «Apre alle sette del mattino, chiude alle dieci di sera – la descrive Predari, la cui società, Universal Selecta, ha curato il progetto -. Se hai piacere, puoi fermarti negli uffici o negli giardini interni dove sono stati fatti degli orti. Oppure puoi portare i tuoi figli in una sorta di nursery. È un cambiamento della metologia e l’arredo ne è una conseguenza». Unicredit, a Milano e Verona (architetti De Lucchi e Cutrona) hanno invece degli spazi di decompressione lungo i corridoi. Le sedi della Bnl, a Roma Tiburtina e Milano zona Porta Nuova, sono ulteriori esempi del nuovo approccio.

Per tutti vale il video che ha realizzato EY per spiegare la filosofia dietro all’organizzazione degli spazi: viene privilegiata la presenza in città (e non più nelle periferie). Si parte dalle esigenze dei Millennial, che richiedono un modo di lavorare basato su più collaborazione. Gli spazi sono sia individuali (le scrivanie) sia di collaborazione (piccole salette per fare telefonate, focus room da 2-3 persone, project room e collaboration room). Nessun ufficio è assegnato e vi ci si può accedere solo prenotando attraverso monitor, chioschi, pc o smartphone. Tutti possono sedersi dove vogliono all’interno del proprio piano.

Stefano Massimo Riva, Mediterranean Real Estate Leader di EY, spiega la filosofia seguita per i nuovi uffici:

 https://player.vimeo.com/video/203169644?autoplay=0 

L’acustica è diventata un’esigenza fondamentale per open space in cui sempre più spesso si vedono impiegati costretti a isolarsi con la musica. L’abbinamento open space-Spotify a tutto volume nelle orecchie non è proprio il massimo

Tra i vari punti fermi delle nuove realizzazioni, spiega Predari, ce ne sono due: l’attenzione alla salute dei lavoratori e quella, correlata, all’acustica. Sul primo punto il presidente di Assufficio si dice contento di una maggiore attenzione che è arrivata da istituzioni tradizionalmente molto distanti dalle questioni legate all’arredamento, come l’Inail. Un’ipotesi, spiega, è quella di arrivare a far ottenere degli sconti sull’assicurazione obbligatoria per le aziende che prendano dei provvedimenti come l’installazione di scrivanie regolabili in altezza. L’acustica invece è diventata un’esigenza fondamentale per open space in cui sempre più spesso si vedono impiegati costretti a isolarsi con la musica. L’abbinamento open space-Spotify a tutto volume nelle orecchie non è proprio il massimo. Per questo, spiega Predari, negli uffici stanno facendo prepotentemente il loro ingresso delle “oasi acustiche”: delle cabine in vetro che isolano una postazione, pur permettendo in genere di vedere gli altri e farsi vedere. La mostra “A Joyful Sense at Work” ha messo in mostra una di queste strutture: a forma di chiocciola permetteva, pur in assenza di porte, di stare tranquilli pur in mezzo al brusio di una fiera. Altre soluzioni sono i tessuti fono-assorbenti. Una società come Caimi, di Nova Milanese (Mb), sta esportando in tutto il mondo una tela che effettivamente (prova sul campo) è in grado di ridurre drasticamente il riverbero in una stanza. Nello stand da cui parla Predari c’è anche un letto matrimoniale, piazzato in mezzo. Una speranza per i lavoratori, che finalmente potranno concedersi una pennica a metà giornata? No, solo una provocazione, spiega il presidente di Assufficio. Per ora, almeno, ma se gli architetti lo suggerissero alle imprese ci sarebbe solo da ringraziarli.



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