In Parlamento arriva la legge elettorale, l’immigrazione non è più un’emergenza

La legislatura che prometteva di rivoluzionare le regole per l'integrazione volge al termine. Qualcosa è stato fatto, ma le politiche dell'emergenza hanno monopolizzato il dibattito. E anche la riforma sulla cittadinanza rischia di essere inghiottita dalla campagna elettorale

Doveva essere una delle grandi riforme della legislatura. L’introduzione dello ius soli avrebbe permesso ai bambini nati nel nostro Paese da genitori stranieri di acquisire la cittadinanza italiana. Eppure il provvedimento rischia di non vedere mai la luce. Sacrificato sull’altare delle convenienze politiche, mentre prende forma l’ipotesi di voto anticipato. Nelle prossime ore il destino della riforma sarà più chiaro. Il 15 giugno il disegno di legge tenacemente osteggiato dal centrodestra – in commissione la Lega Nord ha presentato alcune migliaia di emendamenti – arriverà in Aula al Senato. Dove numeri della maggioranza sono sempre più incerti. Calendario alla mano, a distanza di poche settimane le Camere potrebbero concludere i lavori in vista del voto d’autunno. E così la legislatura che si era aperta con grandi aspettative in tema di immigrazione – nel 2013 al governo c’era persino un ministro per l’Integrazione – rischia di mancare una delle sue principali scommesse.

«Noi continueremo fino all’ultimo a dare battaglia, i tempi per approvare la legge ancora ci sono» dice Khalid Chaouki, deputato del Pd di origini marocchine, coordinatore dell’intergruppo parlamentare per l’immigrazione e la cittadinanza. Chaouki, che alle primarie si è schierato con Michele Emiliano, non nasconde le critiche per la direzione presa dal suo partito. Se la legge sulla cittadinanza venisse sacrificata in nome delle elezioni anticipate, sostiene, «sarebbe una grave sconfitta e una scelta non giustificabile di fronte alle migliaia e migliaia di persone che l’hanno sostenuta». L’intesa faticosamente raggiunta alla Camera un anno e mezzo fa rappresenta ancora una buona soluzione, a sentire i sostenitori del provvedimento. «Mi auguro che il Pd – aggiunge Chaouki – non affondi questa riforma. È importante dare cittadinanza a un milione di ragazzi nati qui, anche per sottrarli alle marginalità e all’incertezza identitaria, due temi da non sottovalutare visto quanto è accaduto di recente». È d’accordo l’esponente di Democrazia Solidale Milena Santerini, che due mesi fa ha accompagnato dal presidente del Senato Pietro Grasso una delegazione di giovani stranieri – in rappresentanza di numerose associazioni delle seconde generazioni – per chiedere di tenere alta l’attenzione sull’iter della riforma. «Per quanto mi riguarda – racconta – questa legge vale da sola una legislatura».

Mi auguro che il Pd non affondi questa riforma. È importante dare cittadinanza a un milione di ragazzi nati qui, anche per sottrarli alle marginalità e all’incertezza identitaria, due temi da non sottovalutare visto quanto è accaduto di recente


Khalid Chaouki, deputato Pd

Si può essere d’accordo o meno sul principio dello ius soli, ma quella in discussione è evidentemente una riforma epocale. Il provvedimento permetterebbe ai bambini nati nel nostro Paese di acquisire la cittadinanza italiana, estendendo lo stesso diritto anche ai minori che hanno concluso un ciclo di studio nelle nostre scuole. Ovviamente non è l’unico intervento in tema di immigrazione affrontato da questo Parlamento. Senza scordare l’operazione Mare Nostrum (voluta dal governo Letta dopo il tragico naufragio di Lampedusa), già all’inizio della legislatura il decreto sul femminicidio aveva autorizzato il permesso di soggiorno per motivi umanitari alle vittime straniere di atti di violenza in ambito domestico. Una norma del 2014, invece, ha esteso il servizio civile volontario anche ai giovani stranieri residenti in Italia. Nello stesso anno un altro intervento legislativo ha aumentato il numero delle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. È particolarmente importante la norma sui minori stranieri non accompagnati che arrivano nel nostro Paese. «Una pagina felice – insiste Santerini -. Una norma che complessivamente ha riscosso grandi consensi». Poche settimane fa la Camera ha inoltre approvato una mozione che impegna il governo a sostenere le attività – già in corso – per il riconoscimento delle vittime dei naufragi davanti alle nostre coste. Mentre il Senato ha recentemente approvato il documento conclusivo di un’indagine sul contributo dei nostri militari al controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo e l’impatto delle attività delle Ong, alla Camera è stata istituita un’apposita commissione di inchiesta sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza e nei centri di identificazione ed espulsione. Che si aggiunge alla commissione sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio istituita a Montecitorio dalla presidente Laura Boldrini. Tra i provvedimenti dettati dall’emergenza, non manca qualche atto simbolico. Come l’istituzione della giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione.

Sono gli ultimi mesi di legislatura, è tempo di bilanci. Di fronte all’imponente flusso di migranti in arrivo sulle nostre coste la politica ha fatto abbastanza? Chi si occupa dell’argomento elenca almeno tre evidenze. La prima è politica: l’immigrazione divide, fa guadagnare voti o li fa perdere. Ma soprattutto è un fenomeno di lungo periodo che va prima compreso e accettato. E in Italia non sempre ci si è riusciti. La seconda questione è legata alle contingenze: dal 2013 a oggi i continui sbarchi nel Mediterraneo hanno spinto ad affrontare l’immigrazione più sul versante dell’emergenza, distogliendo attenzione e risorse. Terzo, ma non ultimo: nemmeno in questi cinque anni il Parlamento è riuscito ad affrontare una riforma organica delle leggi che regolano la materia. La pensa così anche don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano, impegnata nell’accoglienza e in progetti di integrazione sociale. «La legge sullo ius soli è un pezzo importante per garantire la coesione sociale – spiega – anche se coi chiari di luna della politica temo che sarà difficile arrivare al risultato».

Adesso la campagna elettorale dividerà pro e contro l’immigrazione. Temo che la radicalizzazione del linguaggio da una parte e dall’altra finirà per lasciare le cose come sono


don Virginio Colmegna, Casa della Carità

Don Colmegna sostiene la campagna ‘Ero straniero’ per una legge di iniziativa popolare che cancelli la Bossi-Fini attualmente in vigore. Insieme, tra gli altri, ai Radicali Italiani. «Queste norme non funzionano, producono solo irregolari – continua -. Tutti vogliamo un’accoglienza regolata e non generica. Ma per averla occorre una legge che dia cittadinanza attraverso il lavoro. La strada è la razionalità, che tenga insieme la coesione sociale con la sicurezza». Venuta meno la programmazione dei flussi e considerando la difficoltà di Frontex a raccogliere il testimone dell’operazione Mare Nostrum, in questi ultimi anni secondo don Colmegna, «c’è stata una sovrapposizione indebita fra i richiedenti asilo e i migranti cosiddetti economici. Perché l’unico canale rimasto per entrare in Italia è rimasto proprio quello della richiesta d’asilo». Solo che con le attuali norme, a partire da quelle di Dublino, il «60-70 per cento delle richieste vengono rifiutate, i rimpatri sono pochi e si finisce per alimentare l’irregolarità». Ecco perché, secondo il presidente della Casa della Carità, occorre arrivare a una riforma organica delle leggi sull’immigrazione. La norma sullo ius soli deve essere solo un punto di partenza. Anche se il futuro non autorizza grande ottimismo: «Adesso la campagna elettorale dividerà pro e contro l’immigrazione – pronostica don Colmegna – Temo che la radicalizzazione del linguaggio da una parte e dall’altra finirà per lasciare le cose come sono».

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