Mandate a casa Canova: il produttore di Jovanotti e Tiziano Ferro sta rovinando la musica italiana

Il produttore veneto sembra diventato irrinunciabile per il mondo pop italiano. E invece ha sfornato una quantità incredibile di dischi brutti e malriusciti, cominciando da Ferro e Renga, e finendo col rovinare Nina Zilli

STEPHANE DANNA / AFP

Il mondo è davvero un posto strano. Di alcuni personaggi che lo attraversano tendiamo a ricordare solo le gesta eroiche, dimenticando le macchie. Di altri cristallizziamo gli errori, rimuovendo dalla scheda madre i grandi slanci e gli importanti risultati raggiunti. Per dire, di Cassano o Balotelli, come di Gascoigne, tutti sappiamo la marea di cazzate che hanno fatto. Le ricordiamo nei dettagli, entrati nella memoria collettiva. Nessuno si ricorda i dribbling poetici, di quelli su cui poi Baricco farà uno spettacolo teatrale. O i goal anche importanti. Gli errori.

Per uscire dal calcio, di un Fabio Fazio in questi giorni tutti hanno presente fino ai centesimi il compenso che andrà a prendere nei prossimi quattro anni, ritenuto genericamente spropositato vista l’aria che tira, ma nessuno dice invece… Niente, ho sbagliato esempio. Andiamo al nocciolo, non sono qui per parlare di calcio, anche se vista la musica demmerda che gira sarebbe sicuramente più divertente, ma di musica, o quantomeno di music business. E nello specifico sto per parlarvi del Pippo Inzaghi della discografia, Michele Canova, quello che si limita a non fare altro che finalizzare il gioco fatto da altri, ma a finire poi nella parte alta della classifica dei marcatori.

Canova, sappiatelo, non è Inzaghi. Non è uno che apparentemente non fa nulla, ma che c’è sempre quando serve, pronto a metterla in rete. No, Canova è semmai il tizio che sta nei pressi di piazza Duomo e che è capace col pallone di imitare le azioni dei grandi calciatori. Bravo, bravissimo, quando si tratta di fare il verso a qualcuno, ma evidentemente incapace di fare lo stesso su un vero campo di gioco

Fateci caso, sono anni, ormai, che si cantano le lodi del produttore veneto, ormai californiano d’adozione. Diciamo da quando, dopo aver lavorato con Leandro Barsotti, Mara Maionchi e Alberto Salerno gli affidarono Tiziano Ferro. Ecco, già analizzando il lavoro fatto con Ferro sarebbe dovuto essere evidente a tutti come Canova fosse un bluff, ma, ripeto, siamo un paese strano e quello che era un lavoro al limite del plagio sonoro è stato invece scambiato per l’opera di un genio, finendo per fare la fortuna di Canova e la sfortuna del nostro pop. Perché Canova, sappiatelo, non è Inzaghi. Non è uno che apparentemente non fa nulla, ma che c’è sempre quando serve, pronto a metterla in rete. No, Canova è semmai il tizio che sta nei pressi di piazza Duomo e che è capace col pallone di imitare le azioni dei grandi calciatori. Bravo, bravissimo, quando si tratta di fare il verso a qualcuno, ma evidentemente incapace di fare lo stesso su un vero campo di gioco, altrimenti non starebbe li col cappello davanti per le offerte ma in una squadra di calcio vera. Ecco, Canova è molto bravo a capire cosa gira nel mondo. La musica del momento.

Chiaramente, vivendo prevalentemente copiando i suoni altrui, li offre agli artisti italiani che a lui si rivolgono, con quei mesi, a volte anni di ritardo, che fan si che il nostro pop sia sempre in ritardo, come se ora vivissimo nel 2015. Prendiamo una delle sue ultime opere, Vulcano di Francesca Michielin. Già al primo ascolto è stato evidente come si trattasse della bruta copia di Burn di Ellie Goulding. Intendiamoci, una copia davvero brutta, come paragonare una crosta fatta alla cazzo da un pittore amatoriale con la Monna Lisa, ma pur sempre di copia si tratta. Similissima nel mood e nell’incedere, Vulcano ha gli stessi suoni, compresi i vezzi, come quella sorta di singhiozzo fatto con l’autotune. Tutto uguale, solo fatto molto peggio. Del resto la Michielin non è Ellie Goulding. E Dario Faini, che Vulcano ha scritto, non è Ryan Tedder o Greg Kurstin. Soprattutto Canova non è quest’ultimo, che del brano in questione era pure produttore. Ecco, Kurstin è uno che crea suoni, Canova uno che prova a imitarli, spesso non riuscendoci.

Canova è riuscito a fare cose brutte anche con Ferro. E ha prodotto gli ultimi due di Francesco Renga. Ecco, è lui il responsabile di Nuova luce, già tanto basterebbe a portarlo di fronte al plotone d’esecuzione.

La carriera della Michielin, in questo, è emblematica, un continuo tentare di copiare gli altri, da Elisa a Lorde, fino, appunto, alla Goulding. Nessuno, però, che faccia notare come Canova sia in buona parte responsabile di questo scempio, lui e la scelta autolesionista di usare sempre gli stessi quattro autori. Anzi, sul filotto per cui gli stessi discografici usano gli stessi autori e gli stessi produttori torneremo presto, con più calma. Nei fatti Canova è sicuramente uno che ha firmato album di successo, da Ferro a Jovanotti passando per Mengoni, ma è anche uno che ha lavorato a una serie inenarrabile di dischi brutti e da considerarsi flop senza se e senza ma. Flop di cui, sembra, tutti si scordano, quando si tratta di cantarne le lodi o di affidargli bei gruzzoli per produrre altri artisti. Diciamocelo, fare gol con Jovanotti o Ferro non è esattamente una impresa epica. Sono artisti amati dal pubblico e soprattuto capaci di fare il loro, grazie al cazzo che funzionano.

Ciò nonostante, per dire, Canova è riuscito a fare cose brutte anche con Ferro, andatevi a sentire l’ultimo album e poi drogatevi pesante per dimenticare, o almeno a provarci. Diverso sarebbe stato fare gol con personaggi minori, o con personaggi entrati in penombra. Qualche nome? Canova ha prodotto Loredana Errore, o ha prodotto gli ultimi due di Francesco Renga. Ecco, è lui il responsabile di Nuova luce, già tanto basterebbe a portarlo di fronte al plotone d’esecuzione. Ma non basta. Ha fatto anche di peggio, se possibile. Ha prodotto Ali e radici di Eros Ramazzotti, ha prodotto un brano di quella tristezza di On di Elisa, ha prodotto A passi piccoli di Michele Bravi, cioè tutti lavori che hanno seriamente compromesso le carriere dei nomi appena fatti. E ha anche prodotto Una seria di Baby K, album che ha poi spinto la rapper romana a farsi bionda e a cantare senza vergogna brani come Roma Bangkok. Tutti lavori, quelli di Canova, derivativi, uno li ascolta e se ha un minimo di dimestichezza trova in due minuti l’originale. Elencare i brani di Tiziano Ferro che puzzano di plagio è operazione davidfosterwallaciana, imponente, già col primo singolo Xdono tutti avevano ravvisato R.Kelly come titolare di suoni e anche del resto, ma Tiziano Ferro è l’indicatore di una modalità, non certo il solo artista di Canova a suonare come qualcun altro. Come dire, nessuno suona originale, poi se sei Jovanotti fai il botto se sei la Errore bye bye.

Ultima a rompersi le ossa con Canova, o meglio con questo vizio della nostra discografia di voler affidare al nome di grido della produzione una artista che invece avrebbe avuto bisogno semplicemente di un vero produttore, cioè di uno capace di scegliere i brani giusti e di rivestirli dei suoni giusti, è Nina Zilli

Ultima a rompersi le ossa con Canova, o meglio con questo vizio della nostra discografia di voler affidare al nome di grido della produzione una artista che invece avrebbe avuto bisogno semplicemente di un vero produttore, cioè di uno capace di scegliere i brani giusti e di rivestirli dei suoni giusti, è Nina Zilli. Appena tornata al disco dopo aver passato buona parte del passato prossimo in televisione, giudice di Italia’s Got Talent, la Zilli ha lavorato con Canova. In molti aspettavano questo ritorno alla musica, devono aver pensato in Universal, visto che Canova è sicuramente un investimento importante, economicamente parlando. In realtà, stando a quel che è successo dopo l’uscita di Modern Art, anticipato dal singolo estivo firmato dai soliti Dario Faini/ Tommaso Paradiso/Calcutta, sembra che non lo stesse aspettando nessuno. Un vero bagno di sangue. L’album è entrato al diciassettesimo posto, passando la seconda settimana al trentaseiesimo e alla terza al settantaseiesimo. A occhio avrà venduto meno di mille copie. Già la scelta di far uscire una trentasettenne con un singolo che si intitola Mi hai fatto fare tardi, manco si trattasse di una quindicenne, tradisce una miopia di fondo, ma è tutta l’operazione, l’uso d suoni che altrove fanno girare decisamente meglio, e anche la scelta scellerata di usare le stesse firme di tutti gli altri brani estivi, da Pamplona a L’esercito dei selfie, passando per Pezzo di me e Riccione la dice lunga su come Canova stia al ruolo di produttore quanto Preziosi del Genoa a quello di presidente di una squadra di calcio (lo dice un genoano).

Fossi in una Giorgia, per dire, o in un Mengoni, lo manderei a cagare subito, reo di non essere stato in grado in tanti anni di costruire un mondo poetico su due voci così distinte e uniche. Fossi invece in Luca Carboni, per dire, gli righerei proprio la macchina, perché Pop-Up in altre mani sarebbe stato un classico della nostra discografia.
Il mondo è davvero strano, perché di Roberto Baggio si tende a ricordare il rigore sbagliato ai mondiali o il codino più che i numeri da artista del pallone, mentre di Canova si ricordano solo i pochi successi e non i tanti flop. Noi stiamo ovviamente dalla parte di chi sbaglia i rigori.

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