La tecnologia è al centro delle attenzioni europee, la creazione del Digital Single Market con diciotto proposte legislative in attesa di essere approvate e discusse è infatti tra le priorità dell’agenda politica dell’UE. Inoltre anche quest’anno è stato lanciato Code Week (dal 7 al 22 ottobre), un’iniziativa per rendere lo strumento digitale realmente alla portata di tutti. Sul sito si legge che tutti noi dovremmo non solo capire i meccanismi alla base del funzionamento della rete, ma soprattutto dovremmo acquisire le competenze necessarie per essere davvero al passo con i tempi. Il pensiero computazionale e la programmazione rientrano tra queste.
Code Week lo scorso anno ha registrato ben 23043 eventi in cinquanta Paesi in giro per il mondo. I programmi educativi che riguardano il digitale rappresentano ormai una componete imprescindibile del bagaglio di conoscenze da acquisire nel corso della vita, non solo per inserirsi o restare nel mondo del lavoro, ma per svolgere una serie di attività quotidiane. Le nuove generazioni con molta probabilità si stanno già abituando a sentir parlare di coding, pc e smartphone sono strumenti che iniziano a vedere fin da piccoli. La velocità con cui la tecnologia avanza è però direttamente proporzionale al divario generazionale che si sta creando rispetto alla dimestichezza con la materia digitale. Dall’ultimo rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione infatti, non apprendiamo solo che ormai il telefono cellulare è usato dall’86,9% degli Italiani e che lo smartphone è passato dal 15% del 2009 al dal 69,6%, ma che Internet ormai coinvolge il 75,2% dei nostri connazionali. Tuttavia mentre l’87,8% di chi ha tra 30 e 44 anni e addirittura il 90,5% di chi tra tra i 14 e i 29 anni naviga in rete, a farlo è solo il 38,3% degli over 65. Di questa categoria soltanto il 27,6% usa lo smartphone, il 19,2% è iscritto a Facebook e i dati relativi alle altre piattaforme social confermano la differenza siderale tra le generazioni.
Le questioni da affrontare quindi sono soprattutto due: fornire ai giovani gli strumenti per stare in rete in maniera competente e consapevole e poi, non lasciare indietro chi ha meno confidenza con l’universo digitale.
Le questioni da affrontare quindi sono soprattutto due: fornire ai giovani gli strumenti per stare in rete in maniera competente e consapevole e poi, non lasciare indietro chi ha meno confidenza con l’universo digitale. Navigare in maniera competente equivale a moltiplicare iniziative come Code Week e in generale tutte le occasioni con cui vengono fornite nuove conoscenze ai ragazzi nelle scuole e non solo. Stare in rete in maniera consapevole invece è forse addirittura più difficile. Molte dinamiche del web sono controverse. Come si fa a distinguere ciò che è vero da informazioni incomplete, inesatte o addirittura false? Come ci si difende dall’hate speech? Come facciamo a non vanificare il potenziale informativo offerto dalla rete, nonostante la profilazione che contraddistingue le ricerche online indirizzate dallo strumento algoritmico? L’elenco potrebbe continuare.
La rete già da un po’ ha svelato i suoi aspetti più problematici, legislatori, opinione pubblica e piattaforme digitali stanno proponendo soluzioni da perfezionare e testare. Nel frattempo però cosa possiamo fare? Per spiegare come si fa a distinguere il vero dal falso, le fake news e le bufale dalle notizie reali e in generale, per fare della navigazione un’esperienza piacevole e non controproducente, è fondamentale continuare a spiegare l’importanza del pensiero critico. Imparare un decalogo o un protocollo non deve far passare in secondo piano l’importanza dello studio del metodo socratico oppure ad esempio, della gnoseologia di Kant. Sperimentare l’insegnamento del coding serve per il futuro, la filosofia e in generale tutto ciò che serve per stimolare il pensiero critico vuol dire però disporre delle coordinate per entrare in quello stesso futuro.
Inoltre come anticipato, non bisogna lasciare indietro nessuno. Con molta probabilità infatti, i più esposti alla disinformazione online e a certi meccanismi della rete non sono i nostri ragazzi, i nostri figli, i nostri nipoti o i nostri fratelli minori, ma siamo noi adulti, quelli analogici e soprattutto, quelli ancora più grandi di noi. I dati del rapporto sulla comunicazione del Censis infatti ci fanno capire che nello specifico alcune fasce d’età hanno meno occasioni per stare in rete e dunque anche per acquisire dimestichezza con lo strumento digitale. Anche questa categoria va dunque coinvolta. L’informazione si sa, è propedeutica al buon funzionamento di una democrazia e dal momento che gran parte del flusso informativo passa ormai attraverso i nuovi media e che lì si sviluppa una fetta consistente del dibattito pubblico, appare evidente che tutti dovrebbero essere messi nelle condizioni di usare la rete in maniera idonea. Giovani e meno giovani siamo tutti utenti, e tutti dovremmo sentirci in una grande classe a scuola di educazione digitale.