Pre indipendenza o post autonomia? In nottata è la domanda che più circola nei corrridoi dei Palazzi di Barcellona e Madrid, tra dichiarazioni ufficiali e ufficiose. Nemmeno i giuristi più accorti hanno ben compreso le parole del governatore catalano Carles Puidgemont. E neppure quello che è successo subito dopo l’annuncio di una “indipendenza sospesa”: la firma simbolica di un documento a favore di una repubblica catalana da parte della maggioranza del Parlamento.
Anche i barricaderi repubblicani della CUP, che uscivano dall’aula con volti tristi e sconfitti, hanno siglato davanti alle telecamere il foglio. Salvo poi indire una conferenza stampa express per dichiarare la sospensione della loro attività parlamentare. Come a dire, se l’indipendenza resta in bilico abbandoniamo il governo. Mentre il premier Mariano Rajoy riunisce i suoi per valutare quali misure intraprendere, nessuno ha capito ancora molto di quello che è stato. Non a caso il 10 ottobre ricorreva la giornata mondiale della Salute mentale. La coincidenza la tira fuori con sarcasmo il filosofo spagnolo Fernando Savater. «È come se qualcuno asserisse che la terra è piatta», ironizza lo scrittore. «La repubblica catalana non esiste e non esisterà mai». Così quello che è accaduto in diretta tv, per il professore di Etica, diventa un “divertissement politico”. Con qualcosa di tragico, ovvio. “Ci hanno sequestrato», spiega: «un pugno di teppistelli ha aggredito i cittadini spagnoli, pretendendo di appropriarsi di una parte di territorio che non è loro».
C’è una differenza importante tra nazionalismo e separatismo. Il primo può essere anche folkloristico, può esprime sentimenti gentili, di affetto verso la propria terra, la propria cultura. Il separatismo invece aziona dei meccanismi di aggressione che diventano pericolosi, come nel caso catalano
Savater, tra gli intellettuali più influenti non solo in terra iberica, è conosciuto, oltre che per decine di testi filosofici, per essere un uomo allegro e bohémien, anche nei momenti più difficili. Minacciato di morte dall’ETA, l’organizzazione terrorista basca, ha vissuto sotto scorta per oltre dieci anni, fino a fine 2011, proprio per aver sempre criticato duramente qualsiasi forma di secessionismo. «C’è una differenza importante tra nazionalismo e separatismo. Il primo può essere anche folkloristico, può esprime sentimenti gentili, di affetto verso la propria terra, la propria cultura. Il separatismo invece aziona dei meccanismi di aggressione che diventano pericolosi, come nel caso catalano». Tanto più se argomentati a suon di bugie: la Catalogna è la regione più indebitata di Spagna, con 75 miliardi di euro. E riceve il doppio degli investimenti concessi ad altre regioni. «La discordia civile non piace a nessuno, tutti sappiamo che è un male enorme. Ma una concordia a qualsiasi prezzo sarebbe un disastro maggiore».
Per questo, secondo il pensatore, il tempo del dialogo è finito. «Lo Stato dovrebbe applicare l’articolo 155 e sciogliere il governo catalano. L’avrebbe dovuto fare già da prima e arrestare chi decide autonomamente di abbandonare uno Stato di diritto. Qui in Spagna abbiamo lasciato il separatismo catalano a briglia sciolta per molto tempo. La corruzione peggiore è stato quello del nazionalismo separatista, basti pensare alla frode fiscale della famiglia Pujol (ex presidente indipendentista ndr). Quando Puidgemont si chiede “davvero applicherete la forza?” Beh io credo che la nostra risposta dovrebbe essere “lei rispetta la legge?” Perchè se non è così, scattano delle misure che in extremis possono portare anche all’uso della forza. Come potrebbere accadere a lei o a me quando rubiamo un salame in un negozio». Una parte dei catalani però sembra appoggiare quest’insubordinazione. Lo si vedeva nei volti delusi delle persone in piazza, durante il discorso di Puidgemont. «Chi non capisce che bisogna rispettare la legge è maleducato. Nel senso che forse dovremmo reintrodurre l’educazione civica nelle scuole. Non esistono catalani in termini politici, ma culturali e geografici. La regione è mia (che sono basco) tanto quanto di Puidgemont».
Qui in Spagna abbiamo lasciato il separatismo catalano a briglia sciolta per molto tempo. La corruzione peggiore è stato quello del nazionalismo separatista
La rabbia del filosofo è andata oltre le interviste concesse. Pochi giorni fa ha scritto una lettera, insieme ad alcuni esponenti politici ed intellettuali, ai massimi rappresentati delle istituzioni europee: Jean-Claude Juncker, Donald Tusk e Antonio Tajani. «Non si rendono conto che non è un fenomeno peculiare iberico ma che colpisce il cuore europeo. Se l’Europa vuole evitare ripercussioni deve difendere le leggi dello Stato spagnolo. Oggi al centro del dibattito c’è la Catalogna, domani potrebbe esserci l’Italia, con la Padania, il Veneto. Il rischio è finire in un Europa delle tribù. Vogliamo davvero questo?». Al momento comunque il modello democratico spagnolo, nato nel 1978, sembra davvero in bilico. «Comunque vada ne uscirà malmesso», spiega senza mezzi termini Savater. «Sa, ho un amico catalano che si diletta in aforismi. Uno di questi recita: “ci sono cose che devono risolversi malamente, altrimenti non si risolvono”. Ecco, credo che tutto si risolverà malamente, tra frustrazione, risentimento e molte perplessità. Il peggio è già arrivato. Adesso è difficile evitare lo scontro».
@si_ragu