Nel fare commenti politici ultimamente si richiama la categoria del populismo ma la politica autentica deve trovare il modo di diventare di nuovo popolare, di capire cioè le esigenze delle persone senza pretendere di rappresentarne gli interessi in via solo teorica. Questo obiettivo appare non più procrastinabile se si dà uno sguardo a ciò che accade nel vecchio continente.
Ian Bremmer domenica 24 settembre twittava che tra Brexit, calo dei consensi per Macron e AfD al 13% in Germania, il populismo in Europa è ancora forte. L’autunno politico è infatti iniziato con le elezioni tedesche che hanno visto Cdu/Csu arrivare al 32,9% e perdere l’8,6% rispetto al 2013, l’Spd cedere il 4,9% e raggiungere il 20% circa dei consensi e soprattutto il risultato di Alternative für Deutschland, che arriva quasi al 13% e ottiene oltre 90 rappresentanti. È soprattutto quest’ultimo il dato che colpisce e Cas Mudde, uno dei principali esperti di populismo, ha evidenziato sulle colonne del Guardian il successo di AfD con numeri che non lasciano spazio a dubbi. Il partito di estrema destra ha sottratto due terzi dei voti a Spd e il 40% di quelli per Cdu/Csu, ha raccolto consensi soprattutto nell’Est del Paese e tra i disoccupati (per la cronaca il 41% dei pensionati ha votato per la Merkel). Sarebbe un errore sottovalutare la portata del risultato elettorale tedesco ma cosa è cambiato da quando per la prima volta in Europa si riproponeva la categoria del populismo? Tra gli aspetti evidenziati da Mudde vi è il fatto che i sistemi partitici stanno diventando sempre più frammentati e quindi formazioni politiche come Afd anche con un 10-15% dei consensi sono in grado di influenzare l’agenda politica, sebbene facendo solo ostruzionismo.
Il professor Sergio Fabbrini ha spiegato proprio per Linkiesta, che la Germania con la sua stabilità aveva di fatto istituzionalizzato la grande coalizione, con il voto di domenica 24 settembre invece è stato reso palese che solo la competizione e l’alternanza tra proposte politiche è in grado di arginare le forze anti-sistema. In Germania nell’offerta del mercato politico, sotto la potente spinta del tema insicurezza e delle paure verso i migranti, l’unica alternativa a un sistema in cui i due principali partiti governano insieme è stato il populismo xenofobo di AfD. Mudde ha evidenziato che secondo i sondaggi, il 60% di chi ha votato per il partito di Alice Weidel e Alexander Gauland, lo ha fatto come protesta verso le altre formazioni politiche e solo il 34 % per adesione, in altre parole la relazione tra AfD e i suoi elettori sarebbe molto debole. Ciò potrebbe indurre a credere che con una proposta politica convincente e capace di attirare l’attenzione degli elettori, le varie declinazioni del populismo possano essere ridimensionate.
Chi è in grado oggi di parlare alle persone? Tra i personaggi politici, uno dei più convincenti appare Jeremy Corbyn. La scorsa settimana a Brighton si è tenuta la Conferenza annuale del Labour Party e la folla acclamava il leader mentre, tra le altre cose, ha ricordato la comune convinzione in base alla quale le elezioni politiche si vincono partendo dal centro. Il centro tuttavia non è fisso e ora trova dimora tra i suoi sostenitori. Riferendosi al suo pubblico Corbyn ha infatti detto: «Questo è il vero centro di gravità della politica britannica». A confermarlo vi è l’ultimo sondaggio Ipsos MORI riportato da Politico Europe secondo cui il Labour Party sarebbe quattro punti sopra i Tories. Corbyn propone un programma che definisce frutto di politiche socialiste, moderne e progressiste, come sottolinea il Guardian nel suo editoriale.
Prima di Corbyn, gli altri leader del Labour parlavano di generici valori socialisti, lui parla di politiche socialiste e la differenza è sostanziale: mentre i valori possono essere condivisi, le scelte politiche dividono. Eppure il rischio sembrerebbe essere scongiurato. Il ricercatore Chris Curtis ricorda infatti che YouGov ha esaminato costantemente l’apprezzamento delle proposte del Labour sotto la guida di Corbyn riscontrandone una ampia popolarità
Prima di lui, gli altri leader del Labour parlavano di generici valori socialisti, lui parla di politiche socialiste e la differenza è sostanziale: mentre i valori possono essere condivisi, le scelte politiche dividono. Eppure il rischio sembrerebbe essere scongiurato. Il ricercatore Chris Curtis ricorda infatti che YouGov ha esaminato costantemente l’apprezzamento delle proposte del Labour sotto la guida di Corbyn riscontrandone una ampia popolarità. Ad esempio, appena divenuto leader l’80% degli intervistati concordava sull’aumento dei salari minimi e il 51% sulle imposte alle grandi società. La scorsa settimana invece è aumentato il consenso del campione nei confronti dell’abolizione delle tasse universitarie e dell’aumento della spesa pubblica in ambito sanitario. In generale dunque le proposte di Corbyn appaiono popolari e il centro della politica inglese sembra collocarsi nel Labour. Secondo Curtis tuttavia, a determinare le vittorie elettorali vi è anche il modo in cui gli elettori percepiscono i candidati. In altre parole oltre al programma serve anche essere visti come potenziali Primi Ministri e sotto questo aspetto, la May sembrerebbe ancora prevalere. Semplificando si potrebbe dire che in Germania la Merkel viene vista come una leader competente ma con proposte politiche meno popolari rispetto al passato, invece in Inghilterra le idee di Corbyn piacciono ma quest’ultimo non viene ancora considerato dalla maggioranza un leader per l’intero Paese.
Da quelle parti però ancora non si vota, lui definisce il proprio partito un governo in attesa e il suo stile comunicativo piace e coinvolge. Ancora Politico Europe evidenzia l’importanza data alle campagne digitali dove gli attivisti piuttosto che attaccare gli avversari, motivano i propri sostenitori, sostenitori coinvolti di continuo grazie all’organizzazione messa in opera da Momentum che accompagna Corbyn fin dalla sua corsa alla leadership del partito, non solo in rete ma anche con il tradizionale porta a porta. Coinvolgere le persone, farle sentire attive e partecipi è il primo compito che deve darsi la politica, per arrivare al popolo. Si sente spesso parlare di quest’ultimo e in maniera nemmeno tanto sorprendente ormai, vista la sua abilità comunicativa, la definizione più completa arriva addirittura dal Pontefice. La Civiltà Cattolica infatti nel raccontare un suo dialogo avvenuto in Colombia, riporta che secondo Papa Francesco, il popolo non va definito con schemi logici, che rischiano di conferirgli una connotazione ideologica o populista, perché si tratta di una categoria mitica e per comprenderla pienamente bisogna starci in contatto, immergersi in esso e accompagnarlo. Tutti noi dovremmo fare tesoro anche di queste parole e comprendere la differenza tra essere popolari ed essere populisti.