Banche etiche, alimentazione etica, vestiti etici, qualsiasi cosa etica: da qualche anno ci indaffariamo e ci affanniamo dietro a tutto ciò che, sul fronte consumi ma non solo, si accompagna all’aggettivo etico e sostenibile, sperando probabilmente di mondarci l’anima. Se mangi carne non sei etico, ma non è che se non ne mangi lo sei molto di più. Se compri scarpe fatte a Taiwan sei uno sfruttatore, ma non lo sei molto di meno se compri delle scarpe fatte a mano dallo stagista dell’artigiano sottocasa.
Il discorso è emerso qualche tempo fa in maniera molto violenta dopo un articolo contro i vegani. Eppure in profondità, tra le righe di qualsiasi discorso critico su qualsiasi nostra attività c’è una verità che, come la lettera rubata di Poe, è talmente nota a tutti da non essere più visibile a nessuno e che suona così: niente di quello facciamo e che fa parte del nostro prezioso e inalterabile stile di vita è etico. Perché se usando l’aggettivo “etico” vogliamo riferirci a una serie di pratiche “rispettose” — dell’ambiente, dell’onestà, dei consumatori, dei cittadini etc… — allora dobbiamo arrenderci al fatto che, nel 2017 e in questa nostra società, è praticamente impossibile vivere in modo “etico”. Praticamente tutto quel che facciamo è contrario alla sostenibilità, al rispetto e a quello che ci piace chiamare “etica”.
Esatto, non lo sono i vegani, le cui esigenze proteiche esigono lo sfruttamento e l’alterazione di ecosistemi di qualche paese disagiato del mondo, ma d’altronde non lo sono nemmeno i carnivori, come poi hanno fatto notare in molti dopo aver letto l’articolo sui vegani. Perché è vero, Lenardon per crocifiggere i vegani fa quello che in gergo si chiama cherry picking, una pratica argomentativa che consiste nel scegliere accuratamente, come da un cesto di ciliegie, soltanto quelle che fanno al caso nostro. Il problema qui è che tutte le ciliegie sono marce.
Se usando l’aggettivo “etico” vogliamo riferirci a una serie di pratiche “rispettose” — dell’ambiente, dell’onestà, dei consumatori, dei cittadini etc… — allora dobbiamo arrenderci al fatto che, nel 2017 e in questa nostra società, è praticamente impossibile vivere in modo “etico”. Praticamente tutto quel che facciamo è contrario alla sostenibilità, al rispetto e a quello che ci piace chiamare “etica”.
A meno che non accettiamo di dover andare in giro nudi, coltivarci l’insalata e i pomodori sul terrazzo, muoverci rigorosamente a piedi rifiutando di salire su mezzi di trasporto a benzina e calzando soltanto sandali intagliati a mano da voi, praticamente nessun ambito della nostra vita è escluso da questa verità.
Praticamente tutto quel che facciamo è contrario alla sostenibilità, al rispetto e a quello che ci piace chiamare “etica”.
Persino il tempo libero ne è affetto, anche se apparentemente facciamo finta di non pensarci nemmeno in quel caso. Almeno a giudicare dalle polemiche che hanno investito la Marvel qualche giorno fa, accusata di lavorare a un progetto degli Avengers in collaborazione con Northrop Grumman, ovvero una multinazionale produttrice di armi. Sì, non è certo una novità: le aziende di armi investono in product placement da anni. Ora ci stanno provando nei fumetti, ma è di qualche anno fa la polemica suscitata dalla rivelazione — in realtà un po’ un segreto di pulcinella — che alcune grandi industrie di armi avevano investito ingenti somme in operazioni di marketing che riguardavano i videogiochi.
Ma, come coi vegani, anche qui il problema sarebbe molto, molto più vasto. Come fa notare sul suo profilo Facebook Roberto Recchioni, infatti, «non lo sapete che le software house pagano i diritti ai costruttori per le armi vere che implementano nei loro videogame? Per ogni Call of Duty: Modern Warfare che avete comprato, avete dato qualche spicciolo a Hecker & Koch e compagnia, così come li date alle società calcistiche per ogni copia di Fifa a ogni casa automobilistica per una copia di Gran Turismo». E lo stesso discorso probabilmente si potrebbe allargare al cinema, alle serie televisive e chissà a quant’altro.
Dietro tutti, o quasi, i nostri comportamenti c’è un’industria. Ogni nostro bisogno è accuratamente studiato, causato e coltivato da una struttura economica di produzione i cui valori, semplicemente, sono l’esatto contrario dell’etica che vorremmo sottintendesse la nostra vita, soprattutto se apparteniamo a determinate fasce sociali che magari predicano stili di vita “bio”, rispettosi dell’ambiente, dei lavoratori, ma che in realtà, e non tanto per colpa loro, non hanno più quasi alcuna possibilità di essere realmente etici.
Ogni nostro bisogno è accuratamente studiato, causato e coltivato da una struttura economica di produzione i cui valori, semplicemente, sono l’esatto contrario dell’etica che vorremmo sottintendesse la nostra vita
Nel film dedicato ai cambiamenti climatici realizzato circa un anno fa da Leonardo Di Caprio, a un certo punto il protagonista incontra una attivista indiana. Lui è chiaramente in buna fede, ma lei non può evitare di fargli notare la contraddizione enorme su cui la sua intera vita si muove, anche in quel momento, mente sta parlando davanti a lei. Perché un americano consuma 40 volte l’energia che consuma un indiano. Anche DiCaprio. E anche noi, anche se in realtà rispetto agli americani forse qualcosa di meno.
Viviamo da decenni sopra le possibilità del nostro pianeta. Ma il costo per uscire da questo scacco è troppo alto. Non solo non siamo disposti a vivere in maniera veramente etica, ma forse saremmo proprio incapaci di farlo, anche se ci provassimo. Perché possiamo diventare vegani, respiriani, possiamo smettere di fumare, non prendere la patente, smettere di comprare prodotti dalla grande distribuzione organizzata, non giocare a videogiochi o non andare più al cinema. Ma non cambierà di molto il fatto che ogni cosa che facciamo la stiamo facendo sulle spalle di qualcun altro, che sia un altro individuo, un altro animale o il pianeta Terra. Perché è la nostra idea di felicità, di benessere e di autorealizzazione dell’individuo, che, se non cambiamo paradigma totalmente, è contrario a ciò che predichiamo come etico.