Stando alle previsioni degli analisti, Alibaba si prepara a infrangere nuovamente il proprio record di “valore totale di merce venduta” in un singolo giorno con il suo “11.11 Singles Day”, ovvero il “giorno dei single”, il più grande evento giornaliero di shopping nel mercato cinese e del mondo.
Le cifre, cosi’ come il trend di crescita, sono state ampiamente discusse nel Novembre 2016, ma restano nondimeno impressionanti se rivisitate oggi. L’11 novembre 2016 Alibaba aveva chiuso il calcolo del valore totale della merce venduta a 120 miliardi di Reminbi, ovvero 17.8 miliardi di Dollari. L’anno precedente si era fermato a 100 miliardi (14.3 miliardi di Dollari di allora). Per l’edizione 2017, la previsione degli analisti, fra cui spicca Citigroup, e’ di 24 miliardi di Dollari, equivalenti a 160 miliardi di Reminbi.
Per inquadrare meglio la dimensione di queste cifre, basti pensare che i consumatori americani nel 2016 hanno speso 12.8 miliardi di dollari, nell’arco di ben cinque giorni, per lo shopping del Ringraziamento (che va dal giovedì dell’eponimo Thanksgiving Day fino al Cyber Monday, passando per il Black Friday). La cifra statunitense include però le vendite online e offline: restringendo a un singolo giorno, e comparando solo le cifre di e-commerce, il confronto con Alibaba diventa impietoso. Durante il Black Friday 2016 e il Cyber Monday 2016, le vendite giornaliere online furono rispettivamente a 3.3 e 3.5 miliardi di dollari: numeri che un qualsiasi “11.11” recente ha totalizzato nel giro di alcune ore.
Come sempre, in presenza di tanto luccichio, viene spontaneo chiedersi quanto di questo sia vero oro. I record schiaccianti probabilmente distraggono da alcune importanti sottigliezze nascoste che aiutano a capire meglio la natura del fenomeno ”11.11”, dalle distorsioni che sta introducendo nel mercato, dagli interrogativi sulla sostenibilità del sistema nella sua forma odierna, dai forti stress sull’infrastruttura logistica e in ultimo dal dubbio che, in fondo, quella che era originalmente nata come una geniale trovata pubblicitaria stia un po’ sfuggendo di mano ai propri creatori, vittima del proprio successo.
Occorre ricordare infatti che, originariamente, la “giornata dei single” era semplicemente una celebrazione scherzosa, non ufficiale, per scapoli universitari. L’11 novembre venne scelto come data, dovuto alla presenza di numerosi “1”, sinonimi di “solitudine” nella cultura e lingua cinese. Alibaba si è appropriata della celebrazione del Singles Day tramutandola in un festival dello shopping nel 2009, allo scopo di promuovere la sua allora nuova piattaforma B2C “Taobao Mall” (poi rinominata in, e tuttora nota come, “Tmall”), una costola della piattaforma Taobao, gia’ allora di grande successo. Per tracciare un parallelo semplificato con i mercati occidentali, Taobao, la prima creatura di Alibaba, e’ grossomodo l’equivalente di eBay, una piattaforma C2C in cui chiunque puo’ acquistare o vendere liberamente, mentre Tmall è l’equivalente di Amazon Platform, una piattaforma B2C in cui i venditori, generalmente marchi o rivenditori ufficiali dei marchi stessi, devono essere approvati dalla piattaforma per registrarsi e creare un negozio. Tornando al 2009, Jack Ma aveva un solo problema: convincere i marchi a occupare spazi sulla sua nuova piattaforma B2C aprendo “negozi ufficiali online”, creando cosi’ sufficiente massa critica per attirare traffico di utenti e innescare un circolo virtuoso di consumo. Fu cosi’ che prese forma l’idea di creare una “festività dello shopping online”, totalmente ex-novo, per quanto in qualche modo ispirata a una celebrazione informale già esistente presso i giovani cinesi.
L’11 Novembre 2009 Alibaba collaboro’ con 27 marchi per offrire sconti fino al 50%. Sin da allora la tattica fu un successo, con un volume totale del venduto pari a 52 milioni di RMB. A titolo di esempio, le entrate mensili del negozio Taobao ufficiale di Lenovo erano intorno ai 3 milioni di RMB nel 2009. Il resto e’ storia: nel 2010, il volume di vendita dell’11 Novembre su Tmall salì vertiginosamente a 936 milioni di RMB. Oltre alle vendite vertiginose, il Singles Day aveva anche raggiunto il suo vero obiettivo originale: promuovere Tmall tra i marchi e i produttori di beni. Attirate dalle cifre e dal traffico di utenti, sempre più marche hanno bussato alla porta di Jack Ma per poter entrare in Tmall. Nel 2011, circa 2.200 marchi si sono uniti alle piattaforme di Alibaba. Questo numero è salito a 27.000 nel 2014. Oggi, Tmall si permette di fare selezione all’ingresso: apparentemente soltanto 90 marchi sono stati approvati da Tmall in tutto il 2016.
I numeri dell’11.11 crescono ogni anno per un semplice motivo: la febbre del consumo e’ contagiosa. Secondo un’indagine condotta da China Tech Insights, il 70% degli intervistati pianifica di acquistare qualcosa su Tmall nel Singles Day quest’anno, tra questi 16,3% sono nuovi utenti che non hanno acquistato alcun articolo durante il festival dell’anno scorso. Al contrario, il numero di consumatori che hanno effettuato acquisti nell’anno passato, ma che dichiarano di non voler partecipare all’evento quest’anno, rappresenta solo l’8,3% del totale di quest’anno, pertanto segnando un aumento annuo netto dell’8%.
Tuttavia, dopo anni di record infranti, si cominciano ad avvertire degli scricchiolii. I record non sembrano più impressionare il pubblico, gli investitori o i mercati; anzi proprio perché i record sono diventati la norma, ora rappresentano l’aspettativa minima, quando invece l’obiettivo di convogliare marchi su Tmall e’ stato raggiunto appieno e lo scopo originale dell’11.11 si e’ esaurito.
Le aspettative più forti sono, come in molti casi in Cina, di natura prettamente politica. La Cina sta affrontando un cambiamento demografico, e con esso un allineamento del proprio modello di crescita economica, da un modello basato su produzione e export generati da una classe operaia a uno basato su consumi interni originati da una classe media. In questo quadro, Alibaba e in particolare l’11.11, con tutta la sua visibilità domestica e internazionale, sono diventati il perfetto portabandiera per la propagandata, e tangibile, crescita dei consumi cinesi. Non e’ un segreto che membri del Partito abbiano a più riprese incontrato rappresentanti di Alibaba proprio per discutere del Singles Day. Ergo, Alibaba non puo’ che garantire numeri crescenti, scaricando buona parte della pressione sui marchi e sugli esercenti partecipanti all’11.11. Un rallentamento sarebbe visto, a torto o a ragione, come un indicatore di debolezza dei consumi, un messaggio che il governo di Pechino certamente non gradirebbe trasmesso in mondovisione.
Dall’altro lato, la visibilità internazionale diventa un’arma a doppio taglio quando si pone un problema di trasparenza e correttezza dei risultati dichiarati: dalla primavera 2016, a Wall Street, dove Alibaba e’ quotata, la SEC sta passando al setaccio il modo in cui Alibaba comunica e riporta le cifre del Singles Day.
Innanzitutto, il ‘valore del venduto’ non e’ una misura codificata o regolata. A titolo di esempio, la cifra comunicata da Alibaba non e’ al netto degli storni. Alibaba non fornisce una cifra chiara che rappresenti quanta merce viene restituita dai consumatori nei giorni successivi al festival, ma si limita a dire che e’ una percentuale a “una singola cifra”, mentre altri analisti stimano possa rappresentare fino al 30% del valore.
Inoltre, a prescindere dal reale valore netto finale del venduto durante l’11.11, l’uso di questo indicatore, il solo utilizzato da Alibaba per misurare il successo dell’evento su Tmall, e’ probabilmente fuorviante, in quanto non rappresenta un reale fatturato di Tmall e non vi e’ nemmeno direttamente correlato. Tmall non e’ un rivenditore al dettaglio (cioè’ non compra e rivende merce ai consumatori ricavandone un margine), e non trattiene neppure una percentuale del valore della merce venduta sulla piattaforma. Gli introiti di Tmall derivano esclusivamente dagli investimenti pubblicitari da parte dei marchi e degli esercenti che pagano per avere visibilità nella piattaforma stessa. Proprio per questo motivo, molti analisti ritengono l’uso del valore del venduto come indicatore e’ quantomeno disorientante. “Avete mai sentito parlare di una società di spedizioni che riporta il valore delle merci che spediscono?” domanda giustamente il Professor Meyer della facolta’ di Management della University of Pennsylvania.
Allo stesso tempo, crescono malumori da parte di marchi e consumatori. Non a caso Alibaba punta i riflettori solo sul “valore del venduto”: discutere dei propri introiti pubblicitari o addirittura del profitto netto per i venditori generati dall’11.11, e’ praticamente tabù. Per i marchi e gli esercenti online, piccoli e grandi, lo sforzo economico per guadagnare visibilità e traffico può uccidere i profitti durante il Singles Day, senza nemmeno calcolare il costo in termini di ore spese da interi team di vendite, marketing e operations dei produttori, che lavorano per settimane per prepararsi all’evento. Non esistono statistiche precise, ma è ragionevole pensare che la maggioranza dei negozi operi in rosso, o al più in pareggio, durante l’11.11. Quindi da un lato abbiamo marchi che inseguono il miraggio del mercato da “un miliardo di consumatori” e che si dissanguano per conquistarne una fetta a profitti risicatissimi. Dall’altro abbiamo consumatori che, consci della guerra di prezzo al ribasso dell’11.11, modificano in modo lungimirante le loro abitudini d’acquisto. E’ infatti oramai prassi comune per i consumatori cinesi sia posticipare acquisti importanti (ad esempio, gadget elettronici o elettrodomestici) aspettando gli sconti dell’11.11, sia anticipare acquisti ricorrenti non deperibili (ad esempio, prodotti per la casa, o di igiene personale) comprando in enormi quantità durante l’11.11 per il resto dell’anno. Diventa banale rimarcare come questo abbia un impatto negativo per i marchi, che si trovano intrappolati in uno schema che da un lato li forza a partecipare all’evento, pena l’esclusione dalla lista dello shopping dei consumatori, e dall’altro crea crolli nelle vendite a prezzo pieno nei mesi antecedenti e successivi, specialmente per i prodotti di largo consumo come ad esempio detergenti o dentifricio, normalmente non soggette a stagionalita’, o svendite per obsolescenza, scadenze e fine stagione.
Inevitabilmente alcuni marchi ed esercenti hanno cercato di fare buon viso a cattivo gioco, ingannando il sistema per rimanere nel giro dell’11.11, ma evitando il suicidio economico. Secondo un sondaggio condotto da China Tech Insights nel mese di novembre 2016, quasi la meta’ degli intervistati che si diceva non interessato ad acquistare durante il Singles Day adduceva come motivazione principale il fatto che gli sconti sono, in alcuni casi, fasulli. Ovvero la convinzione che alcuni proprietari di negozi e marchi aumentino gradualmente il prezzo dei prodotti prima dell’11.11 prima di introdurre il prezzo scontato. Oppure, che gli sconti si applichino a un numero cosi’ limitato di pezzi, spesso non comunicato apertamente, da renderne l’acquisto impossibile se non per pochi fortunati dotati di dita, e connessioni, velocissime. Queste situazioni non sfuggono agli occhi molto attenti di alcuni consumatori cinesi, che non esitano a spiattellare sui social media le prove di questo genere di pratiche, riducendo la fiducia di molti altri consumatori nel sistema nella sua interezza.
Oltre alle dinamiche di prezzo e di consumo, esiste un altro problema generato dall’11.11: la pressione sull’infrastruttura di spedizioni. L’impennata improvvisa della quantità di ordini di consegna che devono essere evasi a causa del Singles Day crea un enorme stress alla rete logistica della Cina ogni anno. Pacchi che normalmente possono essere ricevuti in 1-2 giorni possono impiegare fino a 10 giorni dopo l’11.11, rallentando anche spedizioni che nulla hanno a che vedere con la febbre da shopping online. Nel 2016, il Bureau delle Poste di Stato cinesi aveva stimato la cifra record di un miliardo di pacchetti consegnati per Singles Day, e nel 2017 la sfida per l’intero settore sarà certamente rinnovata.
Attendendo le cifre dell’11.11.2017, che certamente romperanno nuovamente ogni record precedente, è tuttavia importante analizzare razionalmente i fondamentali dietro questo fenomeno e la chiara conclusione è che la sostenibilità dell’ecosistema e-commerce cinese, ancora pressoché non regolamentato, inevitabilmente passerà dalla capacità di Alibaba di pensare per l’intero settore, includendo tutte le terze parti in gioco, spesso limitate dalla loro natura fisica, e da come queste sono inevitabilmente impattate dalle decisioni, talvolta unilaterali, di Alibaba stessa.