Cronache murzianeAltro che disoccupazione, le vere paura degli italiani sono psoriasi e cellulite

Siamo un popolo di ipocondriaci, in balia di centinaia di forme di fobie. Ossessionati dalla salute e dalla rincorsa al benessere, ormai il 32% dichiara di informarsi su patologie e terapie navigando in Rete

Il 30 novembre scorso il fisco ha incassato 32 miliardi di euro per gli acconti Ires, Irpef, cedolare secca sugli affitti e per un’ottantina di altri adempimenti. Ma il mal di pancia di milioni di contribuenti italiani è roba di poco conto se raffrontato al problema di Camilla, 27 anni, commessa in un negozio di abbigliamento, che lo stesso giorno si è rivolta a un forum di salute su internet, per confessare il suo segreto: soffre di meteorismo cronico, ha sempre la pancia gonfia e ora tenta l’ultima, disperata carta, la psicoterapia, che le è stata consigliata. Così Camilla comincia a tenere un diario, dove la sfortunata ragazza (che si è decisa a scrivere solo dopo che ha sognato di trovarsi in un gruppo di auto-aiuto per persone che soffrono di pancia gonfia e meteorismo, dove “tutti mi applaudivano e mi guardavano con ammirazione, annuendo con la testa e dicevano “Brava, sei una di noi!”), appunta nella prima pagina: “Caro diario, sono Camilla, ho 27 anni e soffro di meteorismo cronico. Ma sto cercando di smettere”.

Se pensavate che i problemi degli italiani fossero un fisco rapace, un alto tasso di disoccupazione giovanile, i rigurgiti neofascisti, è ora di ricredervi. Ciò che preoccupa i nostri connazionali, più della leadership del centrodestra, delle foglioline di Liberi ed uguali, della violenza di genere, è altro. Angosciano le arie che uno preferirebbe non darsi, come nel caso di Camilla, la psoriasi, le gambe gonfie con le vene varicose, le rughe che avanzano impietose, la prostatite che ti costringe a penose bugie sul tuo andirivieni notturno tra letto e bagno. Per non parlare della maledetta cellulite, con quella inestetica pelle a buccia d’arancia che, per fortuna, è interclassista e si depone, quasi a farlo apposta, sempre su parti del corpo dove può mostrarsi meglio, senza guardare in faccia a nessuno, che siano comuni mortali, soubrette o teste coronate.

Se pensavate che i problemi degli italiani fossero un fisco rapace, un alto tasso di disoccupazione giovanile, i rigurgiti neofascisti, è ora di ricredervi. Ciò che preoccupa i nostri connazionali è altro. Angosciano la psoriasi, le gambe gonfie con le vene varicose, le rughe che avanzano impietose, la prostatite che ti costringe a penose bugie sul tuo andirivieni notturno tra letto e bagno. Per non parlare della maledetta cellulite

Non si spiegherebbe altrimenti il continuare a proliferare di programmi televisivi dedicati alla salute (dagli spazi riservati in telegiornali e contenitori, fino a interi programmi, in onda oramai da anni) e l’affollamento in edicola di settimanali e mensili sul benessere, gli unici che resistono ai colpi della crisi del mercato editoriale, nonostante la continua minaccia del dottor Google, come è stata ribattezzata l’ormai diffusa pratica di cercare informazioni sanitarie su internet. Con tutti i rischi annessi e connessi di incappare in siti dove il luogo comune la fa da padrone e la scientificità dei contenuti spesso è altamente discutibile (si pensi a quello che è successo recentemente a proposito delle discussioni pro e contro i vaccini). In Italia la cosiddetta “editoria di salute”, per rimanere in ambito cartaceo, conta almeno una ventina di pubblicazioni, alcune storiche, nate con la missione di informare sui temi della salute, altre più recenti partorite come spin off di settimanali popolari, altre ancora arrivate in edicola come trasposizione cartacea di fortunate trasmissioni televisive. Senza contare che ogni quotidiano che si rispetti non rinuncia ad avere il suo inserto settimanale dedicato alla salute.

La medicina spiegata al popolo, per parafrasare il titolo di una famosa rubrica dedicata al piccolo schermo del grande Achille Campanile, piace. Sarà che noi italiani siamo un popolo di ipocondriaci, in balia di centinaia di forme di fobie, sta di fatto che non riusciamo più a stare senza Luciano Onder, inventore dello storico “Medicina 33” in coda al Tg2 già negli anni Ottanta (il giornalista Rai, in pensione, guarda caso è stato recentemente arruolato da Mediaset), fare a meno di Michele Mirabella e del suo “Elisir”, seguire i consigli di Rosanna Lambertucci per rimanere, o diventare, “Più sani più belli” (tranne nel caso di chi scrive, la cui unica speranza è riposta in Padre Pio). Basta fare zapping sul telecomando e a qualsiasi ora, su qualsiasi canale, c’è sempre qualcuno pronto a dispensare pillole per dirci come fare a stare in salute (in questi casi la cosa si spiega con i bassissimi costi di produzione del programma: uno studio generalmente disadorno, un conduttore e un medico ospite che ha il suo quarto d’ora di celebrità, senza riprese esterne, costano molto meno di una inchiesta sul campo, magari su un ospedale che non funziona o su una fabbrica che inquina).

Attorno alla salute, poi, gira il mondo di una utenza pubblicitaria che trova terreno fertile in ambiti dove il confine tra informazione e pubblicità non è spesso ben definito e nel bel mezzo di un articolo su una patologia viene indicato – su internet con tanto di link – il rimedio adatto per quel malanno, che trovi in farmacia, ovviamente a pagamento. Con buona pace della deontologia giornalistica. Secondo il Rapporto Coop 2017, gli italiani sono talmente ossessionati dalla salute e dalla rincorsa al benessere, che “solo per la cura del corpo spendono circa 10 miliardi di euro all’anno (e quando la cosmesi non basta si ricorre alla chirurgia estetica tanto da figurare nella top ten mondiale)”. Ma è il Censis che da anni monitora il fenomeno della richiesta di informazione di salute, raffrontandone l’evoluzione in base a periodi storici. L’ultima rilevazione è stata presentata nel giugno scorso e riporta i risultati di un’indagine su un campione rappresentativo di 1000 cittadini, condotta nell’ambito del Progetto di Ricerca Corrente 2014, finanziato dal ministero della Salute. Dal report emergono dati interessanti sull’interesse per i temi sanitari.

Il 78,3% degli intervistati dichiara di prestare attenzione quando si parla di salute – in particolare i laureati (87,7%) -, e il 36,8% indica di essere sempre interessato ad informarsi su questo tema allo scopo di tutelare la propria salute, mentre il 41,5% indica di farlo solo quando si tratta di un problema di salute che potrebbe riguardarlo da vicino. Il 21,7% riconosce invece di non essere particolarmente interessato ad acquisire informazioni sulla salute. Si tratta, in questo caso, principalmente dei giovani da 18 a 29 anni (e dunque coloro che proprio per la giovane età hanno una percezione maggiormente positiva del proprio stato di salute).

Sarà che noi italiani siamo un popolo di ipocondriaci, in balia di centinaia di forme di fobie, sta di fatto che non riusciamo più a stare senza Luciano Onder, inventore dello storico “Medicina 33”, fare a meno di Michele Mirabella e del suo “Elisir”, seguire i consigli di Rosanna Lambertucci per rimanere, o diventare, “Più sani più belli”

Se non vi è alcuna differenza tra uomo e donna nella frequenza con la quale si presta attenzione alle notizie che riguardano da vicino la propria salute, notevolmente più ampia è la percentuale tra le donne di chi riconosce di essere sempre attenta quando si parla di salute (87,0%): non a caso, le pubblicazioni che trattano argomenti sanitari si rivolgono principalmente a un target femminile e i temi trattati (che si ripetono ciclicamente: primavera=allergia; estate=abbronzatura; autunno=malinconia; inverno=influenza, e così via) sono declinati quasi sempre al femminile. A farla da padrona rimane la televisione (la percentuale di italiani che si informa tramite la tv è più che raddoppiata) e, ovviamente, chi sgomita e si fa spazio è la rete.

Scrive il Censis: “Uno degli aspetti più rilevanti del nuovo approccio all’informazione sanitaria è certamente connesso all’utilizzo di internet per questo scopo. A fronte di un ricorso crescente alla rete da parte della popolazione, i dati confermano la sua rilevanza anche nel campo della salute. Il 32,3% dei partecipanti all’indagine dichiara infatti di far uso di internet abitualmente per questioni relative alla salute, come cercare informazioni su malattie o prenotare visite, mentre il 35,5% di intervistati indica di utilizzare internet ma non per questioni propriamente relative alla salute; circa un terzo degli intervistati invece non fa generalmente uso del mezzo internet (32,2%). Sul territorio nazionale i fruitori non occasionali di internet per la salute sono equamente distribuiti, anche se l’utilizzo della rete a tale scopo appare leggermente meno frequente tra gli abitanti del Nord-Est (30,0%). A praticare l’e-health sono più ampiamente i più istruiti (61,1%), i rispondenti da 30 a 44 anni (50,8%) e in misura solo lievemente più ampia le donne (34,2%) rispetto agli uomini (30,2%). Nello specifico, l’utilizzo delle rete sembra essere finalizzato principalmente alla ricerca di informazioni relative a specifiche patologie, terapie, vaccinazioni (73,5%), in particolare tra i rispondenti di 65 anni e oltre”. Una survey Medipagrama già rilevava alcuni anni fa, intanto, che “nel 58% dei casi le ricerche su internet soddisfano le esigenze degli internauti” e, dato non proprio esaltante, “rispetto alle fonti di informazione consultate, troviamo al primo posto i social network (24%) e solo al secondo posto i portali di informazione specializzati (19%)”.

Credibilità, basi scientifiche, autorevolezza sono appannaggio solo di alcuni siti, però. Per altri basta anche avere solo una laurea in scienze infermieristiche per ergersi a luminari e dispensare sapere medico-scientifico (una dieta scarsa di frutta e verdura, minaccia un sito, può provocare finanche scorbuto, pellagra, rachitismo… maledette mezze stagioni che non ci sono più, aggiungiamo noi). Proprio per facilitare l’individuazione di siti medici affidabili, l’istituto Mario Negri ha sviluppato Misurasiti.it, uno strumento basato su dieci semplici quesiti. L’alternativa migliore, comunque, resta sempre il vecchio, caro (e laureato) medico di famiglia (lo trovate nel suo studio, finora nessuna rivista lo ha mai allegato come gadget).

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