E così anche l’anno prossimo ci ritroveremo a chiederci: “Scusa, chi è che aveva vinto l’anno scorso?”.
Non che questa sia una notizia incredibile, stiamo pur sempre parlando di X Factor, e sono davvero pochi i vincitori che riescono a cavalcare l’onda di un certo qual successo appena si chiudono le porte del talent.
Esaurite le banalità, veniamo all’edizione 2017 vinta, per la cronaca, da tale Lorenzo Licitra. Che sembra pure un bravo ragazzo e che, per carità, ha una bella voce. Finché non parla. Perché quando tenta di comunicare col mondo esterno (aka coi telespettatori) il ragazzo lascia trasparire così tanto carisma che è un attimo immaginarselo lì, sul divano di casa sua, babbucce e coperta, ad ammirare la propria collezione di francobolli d’epoca. Roba da spettinarsi al sol pensiero.
Oltre a vantare la dialettica di Fedez senza gobbo, Licitra ha praticamente scippato la vittoria a quelli che dovevano essere, a furor dell’internèt, i trionfatori di questa edizione anno domini 2017: tali Maneskin, capitanati da un frontman appena maggiorenne nato per stare sul palco o nell’eventuale sequel di Lo Chiamavano Jeeg Robot. “Sono coatto”, ha sempre detto con un certo orgoglio, e proprio questa coattaggine (abbinata ad una curiosa allergia ai vestiti che lo portava ad esibirsi praticamente desnudo) ha fatto vacillare più di un cuore virtuale.
Licitra sembra pure un bravo ragazzo e che, per carità, ha una bella voce. Finché non parla. Perché quando tenta di comunicare col mondo esterno (aka coi telespettatori) il ragazzo lascia trasparire così tanto carisma che è un attimo immaginarselo lì, sul divano di casa sua, con babbucce e coperta
No, questo non rende l’idea.
Diciamo che, ogni volta che tale Damiano David riceveva complimenti per la sua sicurezza sul palco, veniva da dire: ci manca solo che non credi in te stesso quando hai 18 anni e tutta Italia, sassi compresi, sta facendo pensieri del tutto lascivi sul tuo conto. Praticamente non puoi sbagliare, o anche quando sbagli, a nessuno frega una beata cippa delle tue corde vocali. Detto affettuosamente.
Terzo posto per Enrico Nigiotti, già visto ad Amici e in gara a Sanremo Giovani qualche anno orsono. La sua coach Mara Maionchi ha tentato di vendercelo come un romanticissimo cantautore a cui “credere credere credere credere sempre” (tanto per fare il verso al suo inedito, non ascoltatelo o vi ritroverete a canticchiarlo domattina sotto la doccia, lascia meno scampo del tema di Jurassic Park).
Però, ecco, no.
Il ragazzo è un po’ più riottoso di così: oltre ad essersi permesso di mostrare il dito medio a Manuel Agnelli (camuffandolo con una grattata di naso in diretta), durante la finale ha raggiunto l’apice della propria paciosità: una volta passato il primo turno eliminatorio (che ha visto uscire dalla gara Samuel Storm, uno su cui non ti verrebbe davvero nulla da dire nemmeno se sei stato sceneggiatore di Fantaghirò), credendo di avere il microfono spento ha esultato mandando tutti “a fanculo” (nello specifico, riportiamo fedelmente, “sti inglesi di merda” con riferimento all’osannatissimo ospite che ha aperto la serata, il britannico James Arthur). Una reazione senza senso che ci dà moltissime speranze per il futuro del Nigiotti: se ben innaffiato, potrebbe diventare il nuovo Gianluca Grignani che tutti aspettiamo e meritiamo da tempo. Per le intemperanze più che per il talento, ma tant’è.
Esauriti i concorrenti (un po’ in tutti i sensi), è ora di bilanci anche per i giudici: non pervenuto Fedez (che sta per diventare papà, è innamorato, ha altro a cui pensare e dice che forse l’anno prossimo non tornerà, speriamo), ingessatissimo Manuel Agnelli che ha avuto la squadra più forte tra le mani e non è riuscito a portare nessuno dei suoi pupilli alla vittoria. Intendiamoci, sicuramente coi Maneskin si è divertito molto, anzi, questi ragazzi devono essere stati per lui come una boccata d’aria in mezzo a tanto smog musicale. Però a Manuel Agnelli, uno che scatarra pure sui Queen, in fin dei conti, cosa gliene frega? Fa il compitino e spera che passi presto, questo gli si legge negli occhi mentre arrota le sue erre assegnando brani di Francesca Michielin ai suoi protetti. Francesca Michielin. Con tutto il bene, l’unica spiegazione è che sul gobbo davanti a lui campeggi solo la gigantesca scritta “Mutuo”.
Non vogliamo essere troppo cattivi con Levante perché ci ha già pensato il talent a farle capire che la tv non è cosa per lei: ritrovatasi senza concorrenti già a un paio di puntate prima della finale, la cantautrice che si crede Gesù Cristo (così, fuor di metafora, canta nell’ultimo singolo) ha fatto pesare ogni sillaba pronunciata di puntata in puntata come una stazione della via crucis. Qualunque cantante in gara per lei era un “Artista” dotato di un’emotività “stupefacente” (e che non la vogliamo fare un po’ di promo al disco?) e da considerarsi in definitiva un “diamante” (sapete che ho fatto una canzone che si chiama proprio così? Cercatela su Youtube, è molto bella, Girl Power!).
Però ha sempre sfoggiato acconciature perfette, make up da favola ed è diventata il volto di qualsiasi campagna pubblicitaria dai gioielli ai sottobicchieri. Contenta lei. Sinceramente la preferivamo quando cantava spettinata e senza trucco facendo sentire solo la sua splendida voce. Ma una a una certa deve pur mangiare, è condivisibile. Ha già detto no a Sanremo, pare. Invece le servirebbe proprio riguadagnarsi un po’ di credibilità musicale a meno che non voglia mollare tutto e diventare top fashion influencer (che tutto sommato magari paga pure meglio).
Discorso a parte per Mara Maionchi. Lei è la metafora perfetta di X Factor: in un talent calcolato al millimetro (scenografie, tempi, tecnici del suono disposti in rigoroso ordine d’altezza intorno al palco) per essere perfetto, quello che funziona davvero è l’anomalia: è Rita Bellanza sul palco senza un filo di voce, è Nigiotti che impreca, è la Maionchi che manda tutti al diavolo e tanti cari saluti a casa. Inoltre la nostra è riuscita a fare l’impossibile: ha portato alla vittoria un Signor Nessuno, tale Licitra, senza manco aver imparato davvero come si chiamasse in mesi e mesi di vicinanza: ha passato gran parte della finale a chiamare “Lorenzo” Nigiotti (che invece, bontà sua, si chiama “Enrico”). “Eh vabbè, ne ho qui due e uno vale l’altro”. Esatto, Mara, questi ragazzi sono così memorabili che uno vale l’altro. Noi ce ne siamo accorti bene e tu, a differenza di tutti gli altri, non fai nemmeno il minimo sforzo per nascondercelo. Grazie.
In un mondo che non ricorda neanche le hit di Tiziano Ferro, ora che ha vinto Lorenzo Licitra siamo prontissimi a dimenticarcelo
Mentre Alessandro Cattelan (che ha inaugurato la finale cantando Robbie Williams, niente male) continuava a ribadire che sì, era lì al Forum di Assago ma fra poco su Sky andrà in onda la nuova edizione di E poi c’è Cattelan e una serie tv di suo conio, il pubblico presente ha dimostrato di non sapere nemmeno le parole delle canzoni di Tiziano Ferro. Che era il superospite. Che è uno che riempie gli stadi. Nulla, Ferro ha provato a invitare le platee a cantare con lui ma ha ricevuto un sonorissimo mezzo silenzio imbarazzato come risposta. Almeno non gli hanno gridato “Facci Sere Nere!”, forse.
Dunque, in un mondo che non ricorda neanche le hit di Tiziano Ferro, ora che ha vinto Lorenzo Licitra siamo prontissimi a dimenticarcelo. Non prima di aver detto due parole due sul suo inedito, In the name of love. Praticamente una canzone che, stiamo andando a tentoni ma potrebbe essere plausibile, un impavido senza talento avrebbe potuto proporre a Cher ai tempi di “Strong Enough” ricevendo di rimando una sonora pernacchia. Pernacchia che, se fate attenzione, vi sembrerà quasi di poter ancora distinguere nella base del pezzo.
Ha vinto Mara Maionchi che è riuscita a venderci pure il collezionista di francobolli.
Per sapere chi ci rifilerà la prossima sòla, tocca aspettare un anno.