Ecco perché Melania è molto meglio di Michelle (e di tutte le altre first lady)

Lo rivela Steve Bannon: Melania Trump non voleva che il marito vincesse. Ci sono molti modi di essere first lady: quello di Melania è votato a un sicuro, e più che legittimo, disimpegno

Eccolo spiegato il broncio di Melania Trump, la prima First Lady che non voleva esserlo e che – come racconta nel su libro l’ex-braccio destro del presidente Usa, Steve Bannon – la sera della vittoria elettorale pianse «ma non dalla gioia». Il racconto di Bannon obbligherà a rivedere i fluttuanti stereotipi con i quali è stata raccontata Melania, un po’ scema, un po’ arrampicatrice sociale, un po’ vittima del marito bullo, e ne uscirà sciupato anche il contrappunto democrat con la signora Michelle Obama, icona riconosciuta di emancipazione e assertività coniugale. Chi è “quella libera” tra le due? Michelle che si fa in quattro per consolidare la carriera del coniuge, e poi la sua presidenza, fornendo ai suoi elettori un universo simbolico di riferimento nell’orto bio, negli appelli all’istruzione delle ragazze, nei balli cheek-to-cheek con il coniuge devoto? Oppure lei, Melania, che tifa contro la vittoria del marito e manco lo accompagna sul palco quando annuncia la sua candidatura prevedendo una serie infinita di seccature che preferirebbe evitare?

Ci sono stati in America molti modi di essere First Lady: la gelida e ambiziosa efficienza di Hillary Clinton; il protagonismo politico di Eleanor Roosevelt; l’azzimato glamour di Nancy Reagan; l’attivismo umanitario di Eleanor Carter, e ovviamente la regalità europea di Jackie. Mai però c’era stata una First Lady del tutto renitente al ruolo e palesemente insensibile ai doveri che la tradizione associa alla muliebrità presidenziale, a cominciare dalla necessità di dedicarsi a qualche giusta causa. La causa di Melania al momento pare essere il suo guardaroba, e probabilmente va bene così: il messaggio simpatizzante che invia indossando kimono a Tokyo, gonne gitane in Spagna, pizzi neri in Vaticano, moda italiana a Taormina, camicie da boscaiolo in campagna, pantaloni di pelle quando è in ferie, ci rassicura sul fatto che almeno qualcuno alla Casa Bianca conosca l’educazione e non passi il suo tempo a studiare come irritare il resto del mondo.

La causa di Melania al momento pare essere il suo guardaroba, e probabilmente va bene così. ci rassicura sul fatto che almeno qualcuno alla Casa Bianca conosca l’educazione e non passi il suo tempo a studiare come irritare il resto del mondo

Steve Bannon in “Fire and Fury” racconta che la signora Trump era così seccata dalla candidatura di Donald che lui passava il tempo a spiegarle che no, non era possibile, che non l’avrebbero mai eletto. Alla luce di queste rivelazioni, magari si dovrà rileggere qualche surreale episodio della campagna presidenziale. Ad esempio quello che vide Melania, nel suo primo discorso ufficiale alla convention repubblicana di Cleveland, copiare pari pari frasi tratte da un vecchio intervento di Michelle Obama suscitando un’irrisione planetaria. Gaffe o deliberato boicottaggio? Di certo Melania non alzò un dito per favorire prima la nomination prima e poi l’elezione del marito. E ha sempre marcato la sua distanza dall’avventura in cui si stava infilando: «Non sono il tipo di moglie che ti dice impara questo o impara quello, non sono una rompiscatole», spiegò ad Harper’s Bazar rendendo chiaro che, per lei, Donald poteva andare a sbattere come meglio credeva.

Ieri Meryl Streep, sotto attacco da parte del femminismo americano per non aver denunciato, dall’alto della sua posizione di star assoluta, gli abusi del produttore Harvey Weinstein, ha provato a sviare il dibattito chiamando in causa la First Lady. «Non voglio sentir parlare del mio silenzio», ha detto al New York Times, «voglio sapere del silenzio di Melania Trump». Aspetta e spera. La sua idea di emancipazione Melania l’ha chiarita da tempo: “ho uno chef, ho il mio assistente, faccio pilates, leggo riviste”, rispondeva ai giornalisti che le chiedevano della sua vita e delle sue passioni. L’impegno politico e sociale non è la sua cifra, insomma, e non trova necessario camuffarsi da attivista di alcunché. Tra i mille modi di essere donne libere, anche questo andrà preso in considerazione.

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