Luigi Di Maio festeggia il suo 32,7%, aprendo agli appoggi esterni. Matteo Salvini ha già detto che governerà con il centrodestra, ma sarà tutta una questione di numeri. Movimento cinque stelle e Lega si guardano a distanza, cercando di capire chi potrebbe dare appoggio a chi per creare una possibile maggioranza. Ma i due partiti, a guardare tra le righe dei due programmi (qui e qui), hanno più di una affinità, dall’agenda economica a quella estera. E, carte alla mano, non sarebbe fantapolitica immaginare un governo leghista-pentastellato.
Sul fronte lavoro, entrambi i partiti puntano all’introduzione del salario minimo e al superamento del Jobs Act. Solo la Lega menziona esplicitamente la legge renziana nel suo programma, definendola (nel capitolo dedicato all’Europa) come la riforma che ha “azzerato i diritti”, mentre Luigi Di Maio dal canto suo ha detto più volte di voler reintrodurre l’articolo 18 nelle aziende sopra i 15 dipendenti. Nei due programmi si punta a un generale rafforzamento delle politiche attive, ma se la Lega spinge sulla contrattazione aziendale, i grillini menzionano solo quella collettiva. Entrambi però si dicono contrari nero su bianco alle aperture senza regole di domenica e nei festivi per centri commerciali e negozi. La domenica si riposa, si legge nei due programmi. Con Salvini che dice che dovrà essere il lavoratore a scegliere se lavorare o no, e che in ogni caso non potrà rinunciare a più di due domeniche a casa.
Le sovrapposizioni si trovano anche sul tema pensioni. In questo caso da abolire, per entrambi, è la riforma Fornero con la messa a regime dei parametri “quota 41” e “quota 100”. Così come, sul fronte istruzione, sia Lega sia Cinque stelle mirano a depennare diversi punti della Buona scuola. E per le università, oltre alla riduzione delle tasse, si propone una riforma delle procedure per l’accesso ai corsi di laurea a numero chiuso. Entrambi i programmi, poi, parlano di industria 4.0, paventando il rischio per la perdita dei posti di lavoro e ipotizzando una tassazione ad hoc sulle macchine che sostituiscono il lavoro umano.
Sul fronte lavoro, entrambi i partiti puntano all’introduzione del salario minimo e al superamento del Jobs Act. Sulle pensioni, si vuole abolire la riforma Fornero. Sui vaccini, poi, entrambi gli schieramenti sono d’accordo al superamento dell’obbligo
Atro tema caldo, quello delle banche. I due programmi convergono su: riforma e nazionalizzazione della Banca d’Italia, separazione tra banche commerciali e banche d’affari e tutele per i risparmiatori. Passando alla sanità, se i Cinque stelle menzionano esplicitamente nel programma il superamento dei vaccini obbligatori con l’introduzione della “legge Taverna”, la Lega non ne parla ma Salvini ha detto più volte che «se vince la Lega, i vaccini non saranno più obbligatori».
E pure sull’immigrazione i due partiti potrebbero trovarsi d’accordo su più di un punto. I grillini propongono una revisione del regolamento di Dublino, dimenticando però di essersi astenuti dal votarla al Parlamento europeo. La Lega è per la creazione di un Cie per ogni regione. Ed entrambi se la prendono con il “business dell’immigrazione”, proponendo una maggiore trasparenza nella gestione dei fondi, oltre che la stipulazione di accordi bilaterali con i Paesi d’origine dei migranti per velocizzare i respingimenti.
Altra cosa che li accomuna è di certo la critica all’Europa, anche se l’antieuropeismo è andato assottigliandosi per entrambi in campagna elettorale. Non si parla più di uscita dall’Ue, ma si criticano i trattati e i limiti imposti su debito pubblico e deficit, puntando a una difesa degli interessi e della sovranità nazionale, soprattutto in tema di agricoltura e made in Italy (con la richiesta di una revisione della Pac, politica agricola comune). Prima gli italiani per entrambi, quindi. Ma la Lega si spinge più in là, rimanendo ferma sull’idea del superamento della moneta unica con “un percorso condiviso di uscita concordata”.
Sul fronte fiscale si trovano più divergenze: la Lega propone la flat tax con una aliquota fissa al 15% per tutti i redditi; i Cinque stelle riduzioni per famiglie e imprese con un incremento della no tax area, in chiave quindi più progressiva. E dal Carroccio non sono d’accordo con il reddito di cittadinanza
In politica estera, in entrambi i programmi si trova l’apertura alla Russia come alleato strategico, anche solo la Lega sottolinea di voler mantenere comunque “l’alleanza privilegiata” con gli Stati Uniti. E qualche punto in comune si trova pure sui temi ambientali, vero cavallo di battaglia dei Cinque stelle. Economia circolare, green economy, auto elettriche, sfida climatica e mobilità sostenibile li mettono d’accordo. Ma se i grillini chiedono l’abbandono dei combustibili solidi, carbone in primis, entro il 2020, i leghisti si limitano più cautamente a “sostituire parzialmente il carbone che utilizziamo in Italia con i nostri rifiuti trasformati e selezionati”.
È in termini di riforme fiscali e giustizia, però, che tra Lega e Cinque stelle si trovano più divergenze che affinità. La Lega propone la flat tax con una aliquota fissa al 15% per tutti i redditi; i Cinque stelle riduzioni per famiglie e imprese con un incremento della no tax area, in chiave quindi più progressiva. Ma entrambi sono d’accordo sull’abolizione dell’inversione dell’onere della prova sui tributi e l’eliminazione degli studi di settore. Su una cosa però i due partiti si dividono: il reddito di cittadinanza proposto dai grillini non trova per niente d’accordo i leghisti.
E anche in tema di giustizia le cose non vanno meglio. Se entrambi i partiti chiedono il potenziamento del processo telematico, uno (la Lega) vuole la separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e requirenti, la modifica della responsabilità civile dei magistrati e nuove assunzioni nelle cancellerie; l’altro (M5s) chiede la sospensione della prescrizione al momento dell’inizio del processo, il potenziamento delle intercettazioni e il blocco delle porte girevoli tra magistratura e politica. Garantismo contro giustizialismo. Ma su un tema molto popolare i due partiti antisistema convergono: la riforma della legittima difesa. Cara a tutto l’elettorato di centrodestra. E non solo.