Tutte le battute fatte da Gesù che non conoscevate

Secondo i teologi il figlio di Dio aveva uno spiccato senso dell’umorismo. Purtroppo la distanza temporale e linguistica rende difficile notarle e ci impedisce di farci due risate insieme a lui

Non accadeva dal 1956 che il Primo aprile, il giorno degli scherzi, coincidesse con la Pasqua. In un’occasione sola si hanno risate e risurrezioni, pesci e colombe. Accostamento sacrilego? Proprio no, dicono i teologi. Anzi, Gesù Cristo aveva un gran senso dell’umorismo, sostengono. L’unico problema è che, anche andando a rileggere con scrupolo i Vangeli, non se ne trovano molte tracce.

“Tu sei Pietro e su questa pietra costruirò la mia Chiesa”, sostengono, è un gioco di parole. Livello Bagaglino, d’accordo. È anche una presa in giro (bonaria) del povero Pietro, che – dicono i teologi – non si dimostrerà proprio roccioso al momento del tradimento di Giuda, del canto del gallo e dell’inizio della Pasqua. Sarcasmo, presa in giro, grasse risate. Non sembra.

Prima di Pietro, Gesù si fa beffe di altri due discepoli. I fratelli Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, vengono chiamati “boanerges” (Marco, 3, 17), cioè “figli del tuono”, per il loro carattere impulsivo e impetuoso. Fa ridere? Mah. Forse ai tempi sì: bisognerebbe aver conosciuto i due personaggi in questione per giudicare. In ogni caso, con tutte queste prese in giro fatte ai suoi discepoli, non si sarà stupito se poi, al momento del dunque, uno lo avrà tradito, uno rinnegato, e gli altri se la siano data a gambe.

Una vera battuta, però, sembra palesarsi in Giovanni, 1, 46, subito dopo che Gesù convince Filippo a diventare uno dei suoi discepoli. Questo il testo: Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: “Seguimi”. Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret”. Natanaèle esclamò: “Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?”. Filippo gli rispose: “Vieni e vedi”. Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità”.

Capita la battuta? Fatte le risate? In realtà è difficile, un po’ perché la traduzione non rende, un po’ perché bisogna avere confidenza con il contesto culturale. Nataniele, che fa davvero una battuta, prende in giro Gesù per la sua provenienza. “Da Nazareth?”, si sarà chiesto. “Ma il Messia non doveva venire da Betlemme?”. Dubbio legittimo. Gesù risponde a tono, prendendolo per i fondelli: “Ecco un Israelita in cui non c’è falsità”, dice, e giù risate. Perplessi?

Per capire il senso dello scherzo, serve ricordare che “Israelita” vale anche come “discendente di Israele”, il cui vero nome era Giacobbe. E Giacobbe, alla lettera, vuol dire “persona furba, che inganna”. Per cui, parafrasando, la battuta di Gesù sarebbe suonata più o meno così: “Se non mi inganno, c’è un Ingannatore che non inganna”. O meglio ancora, “Un Furbone non tanto furbo”, perché nonostante la sua intelligenza, Nataniele non aveva capito chi avesse di fronte. Dispiace che la distanza linguistica e temporale ci impedisca di coglierla al volo: spiegare le battute, anche quelle di Gesù Cristo, è sempre un peccato (pun intended).

X