Le stelle brillano a Mezzogiorno. Il Sud ha voltato le spalle ai partiti tradizionali e ha votato massicciamente per il M5s: hanno centrosinistra e centrodestra capito la lezione? L’arma in più dei grillini sarebbe il reddito di cittadinanza, sostengono alcuni, con quel pizzico di lombrosiano razzismo antimeridionale, per il quale al di sotto del Garigliano ci sarebbe una Terronia di cicale perdigiorno che vogliono essere sussidiate dalle laboriose formiche padane. La verità è un’altra. Centrodestra e centrosinistra, negli ultimi anni, non hanno fatto abbastanza per il Sud e hanno, anzi, mostrato un volto sprezzante e lontano. All’epoca di Berlusconi, Tremonti saccheggiava i Fas – i fondi vincolati per le aree svantaggiate -, mentre Salvini, prima della conversione lepenista sulla via di Palermo, canzonava i meridionali.
Poi venne il centrosinistra: prima ci fu Monti, con le sue politiche rigoriste e procicliche, nel mentre la crisi s’abbatteva più forte proprio sul più debole Sud; poi arrivò Letta, che definì la Campania “palla al piede d’Italia”, infine Renzi. Con il toscano, la situazione è cambiata ma, evidentemente, non abbastanza. Renzi, infatti, ha restituito un ministero ad hoc per il Sud e ha lanciato un ambizioso Masterplan. Questa nuova svolta, però, non ha cambiato la natura dell’iniqua redistribuzione territoriale delle risorse che era e resta il problema più grande che ha il Mezzogiorno.
Il masterplan di Renzi era un progetto finanziato soprattutto da Fondi europei giá allocati alle Regioni, mentre quello che mancava e manca a Sud è la spesa ordinaria
Renzi ha infatti fatto una campagna elettorale all’insegna del “Pil cresce”, non capendo che, evidentemente, la nuova ricchezza prodotta non finiva nelle tasche dei giovani meridionali precari. D’altronde, la crescita a Sud è stata trainata soprattutto dall’export, mentre i consumi e la domanda interna languivano; così come il Masterplan era un progetto finanziato soprattutto da Fondi europei già allocati alle Regioni, mentre quello che mancava e manca a Sud è la spesa ordinaria.
In questa latitanza dei partiti tradizionali verso il Sud, si è inserito vittoriosamente il M5s, con un programma spesso confuso, a volte incline al “terronismo” alla Pino Aprile, intriso di nostalgismo borbonico e anti unitario; eppure, questo scombinato orizzonte culturale valeva e vale di più di quello che hanno fatto centrosinistra e centrodestra tradizionali.
In questo momento, il centrodestra sembra aver imparato la lezione: alcuni politici come Gaetano Quagliariello e Stefano Caldoro e intellettuali d’area come Alessandro Sansoni, presidente del comitato promotore, hanno appena lanciato la campagna referendaria per l’istituzione di una Macroregione autonoma del Sud: una sfida a quel ruolo di “Lega Sud” che il MoVimento 5 Stelle ha fino adesso vittoriosamente giocato.
Tridico, infatti, ha proposto che le Regioni meridionali ricevano il 34,34% dei fondi pubblici, quota che equivale alla popolazione residente al Sud. Ha risposto Marattin, sostenendo che il Pd già avesse destinato di più. Peccato che Marattin abbia sommato fondi ordinari con quelli europei
E la sinistra che fa? Potrebbe e dovrebbe declinare un nuovo meridionalismo, nei termini di grande questione sociale inevasa, ritornando alle radici di pensatori come Salvemini e lo stesso Gramsci. Invece, il Pd, in modo cocciuto e scellerato, si ostina a perseverare nell’errore. Lo dimostra la recente querelle fra il neodeputato Luigi Marattin e il ministro in pectore del M5s Pasquale Tridico.
Tridico, infatti, ha proposto che le Regioni meridionali ricevano il 34,34% dei fondi pubblici, quota che equivale alla popolazione residente al Sud. Oggi, infatti, il Sud riceve di meno, salvo sopperire con in fondi europei. Alla proposta di Tridico, in linea con quanto proposto da centri studi come Svimez e da quanto previsto, almeno in linea di principio, in una stessa legge del governo Gentiloni – la 18 del 2017 -, ha risposto Marattin, sostenendo che il Pd già avesse destinato di più. Peccato che Marattin abbia sommato fondi ordinari con quelli europei.
Sottolinea, infatti, l’economista Andrea Conte: «Le risorse ordinarie di spesa in conto capitale destinate al Sud nel triennio 2013-2015 hanno rappresentato solo il 20% del totale. Nel 2015 si raggiunge la percentuale più alta di spesa complessiva al Sud negli ultimi 15 anni (41,9%) solo sommando le risorse aggiuntive, a cui però si dovrebbe applicare il principio di addizionalità».
Dunque, mentre il M5s dimostra di saper affiancare le analisi di Tridico al suo armamentario “terronista”, il Pd – pur di non far autocritica e di riconoscere la rilevanza del problema Sud -, nega le stesse elaborazioni economico emerse all’interno del suo milieu culturale. Solo per far campagna elettorale contro il M5s.
Sbagliare è umano ma perseverare è diabolico. Se il Pd non metterà fortemente al centro della sua agenda questioni come equità e ridistribuzione, e dunque Mezzogiorno, rischierà un ulteriore ridimensionamento elettorale. Il rischio non è solo smarrire la sua classe di riferimento. Ma anche la sua stessa anima.