Gli anziani si sentono meno soli e i giovani, magari, imparano qualcosa. È il progetto “living library”, introdotto in Malesia dal World Economic Forum, che cerca di inventare un ponte tra le generazioni, una via di comunicazione per affrontare insieme le difficoltà della modernità.
Ogni anziano, spiegano qui, incontra più studenti, “a rotazione”. Dopo un’ora e mezza di discussione si va tutti a mangiare insieme, e forse questa è la parte migliore. In generale è un modo per far sentire i vecchi un po’ meno soli e soprattutto meno incompresi: con l’età la vita diventa più difficile e bisogna preoccuparsi anche per piccole cose, ad esempio per attraversa la strada. I giovani li ascoltano e cercano di immaginare soluzioni. “Molti”, dicono gli organizzatori del progetto, “sono ispirati dalle storie che raccontano. E anche dal punto di vista insolito con cui occuparsi dei problemi”. E magari inventano delle strisce particolari, o dei semafori dedicati.
Del resto, fa notare la Reuters, la questione “anziani” in Asia è ancora allo stato iniziale, ma presto sarà una bomba che farà implodere il sistema, se non vi si arriverà preparati. “Se ne parla poco perché l’invecchiamento è ancora un tabù in questi Paesi”. Nel 2050 la crescita demografica arriverà a zero, e i 65enni diventeranni sempre di più (due volte e mezzo i numeri attuali). In Malesia sarà ancora prima: nel 2030 l’età media della popolazione sarà di 60 anni. E cosa faranno tutti questi vecchi?
È la grande domanda del progetto “living library”. Gli anziani parlano, i giovani ascoltano. Ma non solo: dovranno anche fornire loro strumenti per comprendere il present e, non essere tagliati fuori dalle nuove tecnologie. In cantiere ci sono già corsi di programmazione e piccole attività artigianli. Perché in Asia non puoi riposarti nemmeno da vecchio.