Mollare gli smartphone e godersi le vacanze? Si può, anzi: bisogna farlo

Viviamo parte della nostra vita sul web e ciò che facciamo sui social diventa spesso rappresentativo di ciò che facciamo nella vita. Ma staccare del tutto, almeno per un breve periodo dell'anno, non può che avere effetti positivi: essere intempestivi e non fare niente sarà terapeutico

Qualunque sia il colore politico, questo è un periodo di fuoco per tutti: un periodo in cui il dibattito sui grandi temi (ma pure quelli meno grandi) è ai massimi storici, e lo scontro ancora più del dibattito. I Mondiali sono iniziati e finiti senza che la Nazionale di Calcio italiana potesse distrarci un po’ dalle risse su internet, e insomma, è piena estate, fa caldo e gli animi si surriscaldano facilmente. È una tensione costante che bisogna imparare a gestire, perché è un attimo che si rovina la salute, ragazzi: anche gli attivisti soffrono la sindrome da burnout, si bruciano, non ce la fanno più e mollano tutto.

Il nemico principale è una forma modificata di FOMO, Fear Of Missing Out: quella paura che se ti distrai un attimo ti perdi qualcosa di fondamentale, che nel dibattito (soprattutto online) si trasforma in un’ansia di non riuscire a stare dietro a ogni nuova dichiarazione, sparata o episodio più o meno deplorevole. È un’ansia collegata alla frequenza con cui rimproveriamo la gente di “non aver detto niente su [argomento a piacere]”, perché ormai le nostre vite si svolgono online per una porzione di tempo che ci fa pensare che quella sia tutta la vita. E quindi quello che non facciamo lì diventa rappresentativo di quello che non facciamo nella vita in generale. Non è proprio così, per cui leviamoci dalla testa, subito, l’idea che se non scrivi un post indignato su Facebook per ogni cosa allora quella cosa non ti interessa: ascoltare ed elaborare, e non contribuire al rumore, può essere una strategia vincente.

Bisogna, inoltre, tenere presente che più è vuoto (o falso) il contenuto, maggiori saranno le probabilità che il contenuto stesso assuma i toni della provocazione, dell’indignazione o della rivelazione controcorrente (un grande classico: “Le verità che nessuna testata vi vuole dire”, perché è inevitabilmente una stupidaggine). Il meccanismo è molto semplice: per far circolare il messaggio mi affido a toni iperbolici, in modo che sia chi è d’accordo con me sia chi è contro lo condivida, i primi per lodarlo, i secondi per criticarlo. Entrambi i mezzi sono validi per far girare il contenuto: per cui, se vediamo qualcosa che ci fa arrabbiare, valutiamo seriamente se ricondividerlo o meno. Se si tratta di propaganda, bufale, falsità e bugie, non farle girare è più efficace che il contrario per depotenziarle.

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