Vogliamo Asia a Xfactor, senza se e senza ma

Il movimento #metoo ha generato quasi solo un’immensa quantità di moralismo e gossip. Proprio chi è scettico sulla validità ”politica” del movimento non può non difendere Asia. Amici di Sky, teniamocela

E adesso amici di Sky fateci la cortesia di tenere Asia Argento come giudice di Xfactor. Senza se, senza ma, e senza mezze soluzioni tipo mantenerla per le puntate già registrate e cercare un sostituto/a per quelle ancora da registrare. Bisogna tenere Asia Argento perché di musica ne sa, perché buca lo schermo, perché da sempre ha mostrato una grande generosità artistica perfino in quel film, “Ingannevole il cuore sopra ogni cosa” che è stato sfortunatissimo per lei. Dopo il film la rivelazione che l’autore del libro da cui era tratto era un fake (JT Leroy era in realtà la scrittrice Laura Albert); e a distanza di anni l’intenibile denuncia per molestie del protagonista bambino, trasformatosi in attore in bacino di carenaggio e alla disperata ricerca di soldi, Jimmy Bennett.

Di fango e stracci che sono venuti fuori dalla denuncia di Bennett la cosa che fa, mediaticamente, più impressione è l’atteggiamento dei denigratori della Argento. Quelli che non credevano al dispositivo #metoo all’inizio (quando era Asia a denunciare), e che adesso ci credono solo per pronunciare un esemplare “ben le sta” nei confronti di Asia.

E no, belli e cari. O si accetta la logica della denuncia mediatica o si rifiuta. Negli Usa si è scelto di accettarla, e se sono venuti fuori una quantità di paradossi che ora rischiano di soffocare l’intero movimento. Il moralismo calvinista che si ripresenta, un rintocco luttuoso sotto la maschera della liberazione sessuale, e l’idea davvero da bestie -con cui abbiamo dimenticato qualche migliaio di anni di cultura- secondo cui l’opera si identifica con l’autore hanno fatto fuori geni come Woody Allen e artisti grandiosi come Kevin Spacey.

Lasciando al loro destino i giornali, e il mondo delle star e starlette -in fondo chi se frega di loro- ci si chiede cosa sia cambiato davvero nel quotidiano di ognuno di noi. I capufficio porci sono ancora lì o no?

In Italia qualche denuncia coraggiosa, e qualche reputazione rovinata (vedi alla voce Fausto Brizzi) hanno fatto un bel po’ di carne da gossip. L’unico interesse generale è chi ha scopato chi.
Come la vicenda Argento, del resto. Chissà quanti hanno letto per tensione morale i messaggi diffusi da Rain Dove, La modella 27enne, compagna di Rose McGowan -o meglio ex compagna, tutto è fluido e gossipparamente ghiotto sull’instagram di colei che si autodefinisce “gender capitalist”- in cui la Argento ammetteva i rapporti sessuali con Bennett e quanti lo hanno fatto per farsi un po’ i fatti di Asia. Non facciamo gli scemi e raccontiamocela una buona volta: è solo gossip nel mare del gossip.

La sensazione, in breve, è che tutto il can can si sia risolto nell’epifenomeno. La somma cretinata delle guide sui giornali all’approccio non molesto, le sfuriate dannunzian-menefreghiste degli editorialisti di destra e quelle ideologico-educative delle editorialiste di sinistra. Lasciando al loro destino i giornali, e il mondo delle star e starlette -in fondo chi se frega di loro- ci si chiede cosa sia cambiato davvero nel quotidiano di ognuno di noi. I capufficio porci sono ancora lì o no? Quelli che pensano che dirigere qualsiasi cosa implichi una qualche sorta di ius primae noctis sono ancora lì o no? La sensazione è che la ferita antica che ogni donna si porta dentro sia ancora lì. E che le battaglie rappresentative. nella loro forza protrettica, facciano vittime a caso, basta avere il mignolo di uno scheletro nell’armadio, e c’è sempre uno che al posto di un’armadio ha una cassaforte.

Anche per questo, perché il movimento #metoo ha mostrato molti dei suoi limiti, sarebbe bene andare oltre. Quindi, cari amici di Sky, Asia è competente, è brava, e buca lo schermo. Teniamocela, su.

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