Il gruppo Visegrád non vuole immigrati: meglio i robot

Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria hanno una popolazione in decrescita e un basso tasso di disoccupazione: mancano operai ed impiegati, ma agli immigrati preferiscono la robotica

Secondo un recente studio demografico, i Paesi dell’Europa Centrale, particolarmente il V4 (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria) hanno una demografia tra le meno favorevoli di tutto il continente. La tendenza è di una diminuzione della popolazione del 13% entro il 2050, in modo simile al Giappone. Inoltre questi Paesi hanno un tasso di disoccupazione particolarmente basso: se la cosa è certamente positiva, significa anche che non c’è molta popolazione potenzialmente attiva da recuperare aumentando la partecipazione alla forza lavoro di giovani e donne. Per capirci, su questo l’Italia ha molto più spazio, come anche il Giappone. Mancano operai ed impiegati, ma anche contadini ed artigiani. La notizia addirittura spicca tra quelle dei telegiornali locali. Il costo del lavoro si sta quindi alzando, ed anche i prezzi salgono.

La prima tra le risposte possibile sarebbe allargare le maglie dell’immigrazione: la Polonia, per esempio, sta aprendo all’immigrazione dalle Filippine, Paese cattolico come la Polonia e con popolazione che quindi potrebbe integrarsi. Cechi e slovacchi, che hanno una storia di decenni di immigrazione dal Vietnam con problemi di integrazione inesistenti, a seguito del boom del Vietnam che fa rimanere la popolazione in Asia, stanno aprendo agli ucraini, vicini di lingua e mentalità e quindi potenzialmente anche loro facili da integrare.
Questo sicuramente tranquillizza una popolazione che ha paura di un’invasione africana ed islamica, e che vota di conseguenza. Il problema da affrontare, però, non è solo l’integrazione. Servono infatti figure professionali già pronte ad operare in un’economia avanzata, in cui anche un operaio deve avere dimestichezza con macchine ed informatica. Insomma aprire all’immigrazione africana non sembra la cosa logica da fare, dati i bassi livelli di scolarizzazione.

Il Financial Times individua una seconda strada: l’uso dell’automazione per sostituire progressivamente chi va in pensione. La tendenza è già iniziata, con investimenti in robotica in salita dal 2014

Non affrontare per tempo questi problemi causerebbe una minor crescita, ed è proprio la crescita sostenuta che ha portato avanti gli investimenti che hanno fatto la fortuna di queste economia, portandole in pochi decenni in pari con il resto d’Europa dopo i disastri dell’economia pianificata comunista. Ecco che allora anche il Financial Times individua una seconda strada: l’uso dell’automazione per sostituire progressivamente chi va in pensione. La tendenza è già iniziata, con investimenti in robotica in salita dal 2014.
Basterà a mantenere i tassi di crescita alti e l’inflazione sotto controllo? Difficile a dirsi, per ora.

L’altra domanda interessa più da vicino l’Italia, che ha una popolazione in progressivo invecchiamento: questa soluzione può essere applicabile anche qui? E che cosa stanno facendo i nostri politici per favorire lo sviluppo di tecnologie moderne che permetterebbero, tra l’altro, anche di aumentare la produttività, cosa della quale abbiamo bisogno disperato? Alla fine l’Italia è un paese leader nella produzione di automazione industriale, quindi non sarà il caso di iniziare a pensarci?

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