Con Halloween, quest’anno, si “celebra” anche la morte del vecchio contratto a tempo determinato e il debutto dei nuovi contratti firmati “decreto dignità”. Il 31 ottobre scade il periodo transitorio e le nuove norme entreranno a regime per tutti. Dal 1 novembre proroghe e rinnovi seguiranno le regole introdotte dal “decreto Di Maio”, con la causale obbligatoria dopo i 12 mesi e il massimo di quattro proroghe (e non cinque) entro un tetto di durata di 24 mesi (non più 36). Una stretta che, a guardare i dati, già nei mesi scorsi ha prodotto i suoi effetti. In negativo. I datori di lavoro, in preda all’altalena dell’incertezza politica e dei continui cambi di regole, con il nuovo regime entrato in vigore e poi abolito grazie all’introduzione della fase di transizione, sembrano aver già riversato sui contratti gli effetti della stretta.
Guardiamo i dati Istat. Il decreto è entrato in vigore il 14 luglio, poi convertito in legge ad agosto, con l’introduzione del regime transitorio fino al 31 ottobre. I dati Istat riferiti a luglio 2018, primo mese di parziale applicazione delle nuove norme, dicevano che i contratti a termine erano cresciuti quel mese di sole 8mila unità. Una cifra che era la metà dell’aumento di giugno (+16mila) e quasi un ottavo della crescita di maggio (+62mila), quando forse la discussione sul decreto dignità aveva già portato a una corsa ai contratti a termine con le vecchie norme più larghe del decreto Poletti. Il mese dopo, ad agosto, sui contratti a termine si segna un +45mila rispetto a luglio: cifra che potrebbe essere dovuta in parte alla stagionalità, in parte all’introduzione del regime transitorio con le vecchie regole. Mentre a settembre si torna a scendere, con un +27mila dei contratti a termine, registrando un calo del totale degli occupati di 34mila unità (-0,1%) e un aumento della disoccupazione (anche giovanile), dopo due mesi di ampia diminuzione.
Ad agosto 2018 le assunzioni con contratti a termine sono state 165.998, che equivale a quasi 24mila (23.833) assunzioni a tempo determinato in meno rispetto ad agosto 2017 (-13%)
Gli ultimi dati Inps sui nuovi rapporti di lavoro sono aggiornati invece ad agosto, mese del vero e proprio debutto del decreto dignità. L’istiituto guidato da Tito Boeri registra ad agosto 2018 165.998 assunzioni a termine, che equivale a quasi 24mila (23.833) contratti in meno rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (-13%). Un dato che salta all’occhio, soprattutto dopo i segni più continui da gennaio fino a giugno. Con luglio che ha mostrato la prima scossa, registrando già un minimo calo. E numeri negativi ad agosto si registrano anche per le assunzioni in somministrazione delle agenzie del lavoro: quasi 17mila in meno in un anno.
A conti fatti, in totale, già nel mese di agosto sono state assunte 40mila persone in meno rispetto all’anno prima. E le anticipazioni date dal Foglio sui dati di settembre, che l’Inps pubblicherà il prossimo 22 novembre, parlano addirittura di una riduzione delle assunzioni del 20 per cento rispetto all’anno scorso.
Il tutto senza che si sia registrato, però, un aumento parallelo dei contratti a tempo indeterminato – come il governo vorrebbe – che continuano a crollare. Anzi, a sentire le organizzazioni degli autonomi, il mix di decreto dignità e flat tax sulle partite Iva fino a 65mila euro renderebbe ormai il lavoro autonomo molto più conveniente di quello dipendente, incentivando le false partite Iva e andando di fatto in direzione opposta rispetto agli obiettivi del decreto grillino. I dati Istat di settembre registrano già un aumento degli autonomi di 16mila unità in un mese, dopo il calo precedente.
Fatto salvo chi probabilmente sarà corso a rinnovare i contratti a termine prima della mezzanotte del 31 ottobre, sfruttando il “giubbotto di salvataggio” delle vecchie regole, il trend insomma sembra essere negativo. Con cifre che vanno ben oltre la famosa tabella incriminata dell’Inps allegata al testo del decreto dignità che parlava di 8mila occupati in meno all’anno. La manina, forse, era stata fin troppo buona.