Inutile incolpare Virginia Raggi per i malfunzionamenti della città. Ridicolo anche prendersela con Ignazio Marino, il suo predecessore, o arrivare fino a Gianni Alemanno e Walter Veltroni. Il vero responsabile del disastro di Roma è solo uno: l’imperatore bizantino Giustiniano (o meglio, il suo geniale generale inviato in Italia, Belisario). Perché la capitale d’Italia è a pezzi almeno dal VI secolo d.C.
Come si spiega qui, dopo il crollo dell’impero romano (476), Roma è stata oggetto di invasioni, distruzioni, incuria. Se fino al dominio degli ostrogoti riuscì a mantenere un certo decoro (il re si era impegnato, d’accordo con la nobiltà della città, a finanziare la manutenzione dei monumenti più importanti), con l’arrivo di Belisario, la città conobbe una vera e propria devastazione.
Tra un assedio e un controassedio nella lunga guerra contro gli ostrogoti (in uno di questi casi le statue del mausoleo di Adriano, oggi Castel Sant’Angelo, vennero distrutte dai bizantini guidati dal generale, che usarono i pezzi per lanciarli contro le truppe nemiche), la città soffrì anni di distruzioni e patimenti. La popolazione diminuì, il centro venne abbandonato, la vegetazione si impadronì delle aree meno battute, portando alla rovina gli edifici del Foro.
Ma non solo: dopo due secoli di scontri tra popolazioni barbare, combattimenti tra fazioni avversarie, cambiamenti continui di capitale, arriva un terremoto che contribuisce a buttare giù tutto (l’anno 847 rimase a lungo nella memoria collettiva dei pochi romani dell’epoca).
Roma, insomma, nell’anno 1000 è solo l’ombra della gloriosa metropoli imperiale. Dal milione di abitanti (uno dei massimi record per l’antichità) ai circa 20mila dispersi intorno al Campo Marzio. Tutto il resto era fatto di rovine, spesso visitate dai costruttori in cerca di marmo e pezzi pregiati per rinsaldare l’uscio di casa.
A quei tempi, si può dire, le buche nelle strade non impressionavano nessuno.