Aspetteranno qualche altro giorno, non di più. Poi gli autisti Ncc (Noleggio con conducente), che hanno già manifestato a Roma lo scorso 29 novembre, promettono di bloccare il traffico nelle città e sulle tangenziali con le loro auto nere. «Dal prossimo primo gennaio non saremo più nelle condizioni di operare legalmente. Grazie al ministro Danilo Toninelli, ci sono 50mila imprese a rischio», denuncia Francesco Artusa, fondatore dell’associazione di Ncc più grande d’Italia (Federazione autonoleggiatori italiani e trasporto persone). «Sarebbe un enorme favore fatto alla lobby dei tassisti, che i Cinque stelle hanno sempre difeso».
Da gennaio dovrebbe entrare in vigore l’emendamento “antiabusivismo” al Milleproroghe (29/1 quater) del 2008, voluto da Maurizio Gasparri (con l’appoggio dell’allora sindaco di Roma Gianni Alemanno), che complica e non poco il lavoro degli autisti, stabilendo che gli Ncc sono obbligati a fare rientro in rimessa alla fine di ogni servizio di trasporto. Anche se ci sono altre prenotazioni a seguire. «Un obbligo che aiuterebbe tanto i tassisti, condannando molte aziende Ncc a chiudere», dice Artusa. Per fare un esempio: «Sono a Milano e accompagno il signor Rossi da Milano a Pavia. Dopo un’ora il signor Verdi mi chiede di portarlo da Pavia a Genova. Per essere conforme alla legge, dovrò comunque passare da Milano, tornare a Pavia e poi andare a Genova». Stesso discorso se c’è un gruppo di persone da accompgnare: «Prendiamo che cento persone arrivano in Stazione Centrale a Milano e devono andare in un hotel in centro. Per essere conformi alla legge, i veicoli non potranno più fare la spola tra la stazione e l’hotel, ma dovranno fare sempre passare prima dalla rimessa». Per evitare viaggi senza clienti a bordo, gli Ncc si sono pure inventati un servizio di vendita online a prezzi scontati delle tratte vuoto (LimoGreen). Che ora, anche questo, diventerebbe illegale. Generando un andirivieni, che farebbe perdere tempo e soldi spesi in benzina (senza contare gli effetti sull’inquinamento).
Tant’è che la “legge della discordia” dal 2009 a oggi non è mai stata applicata. Se ne sono accorti subito Silvio Berlusconi e Altiero Matteoli. E da allora l’entrata in vigore del testo è stata sospesa puntualmente ogni anno. Generando nel 2017 le ire e lo sciopero dei tassisti, appoggiato dallo stesso Toninelli, contro il famoso “emendamento Lanzillotta” al Milleproroghe, che ha fatto slittare la scadenza per la sospensione al 31 dicembre 2017. Ma quest’anno il governo ancora non si è mosso, né ha fatto sapere di voler bloccare l’entrata in vigore norma come da prassi. Le associazioni di categoria nella precedente legislatura si erano anche sedute al tavolo del ministero e Palazzo Chigi aveva ottenuto una delega dal Parlamento a legiferare sul riordino dei trasporti per evitare l’appuntamento annuale della sospensione. Ma con il cambio di guardia, si è partiti punto e a capo. Ad agosto è scaduta la delega al governo, e il prossimo 31 dicembre scadrà anche il tempo valido per la sospensione.
Il nostro è un settore che fattura 2,5 miliardi l’anno e occupa 200mila persone più indotto. È strano che un Paese in recessione assecondi i capricci di una categoria che spende dai 150 ai 400mila euro per una licenza, per poi dichiarare mediamente 15mila euro l’anno
«Mancano pochi giorni e ancora non abbiamo nessuna risposta», dice Artusa. «Toninelli non ha mai risposto alle nostre interpellanze. Ha dichiarato che avrebbe convocato le parti a a settembre per risolvere la questione. In realtà solo il 9 novembre ci ha convocati il sottosegretario Michele Dell’Orco senza avere la minima idea di cosa si stesse discutendo. Ha ascoltato quello che abbiamo detto e ha concluso con un “vi faremo sapere”». A un mese da quell’incontro, nessuno ha saputo niente. Dalla Lega arriva qualche messaggio di apertura, dai Cinque stelle solo silenzio.
E il dubbio degli autisti è che lo stesso ministro Toninelli non abbia piena familiarità con il settore. In un documento audio, che Linkiesta ha potuto ascoltare, il ministro parla di licenze vendute a 400mila euro. «È evidente che non distingue tra una licenza per un taxi, che può arrivare a costare anche 380mila, e una Ncc, che si aggira invece tra i 10 e i 15mila euro», dice Artusa. «Eppure a quanto pare ha deciso che manderà in vigore la norma Gasparri/Alemanno dicendo di voler contrastare l’abusivismo. Non è che non ci siano irregolarità, ma qui è come abolire medici e ospedali dopo aver scoperto i finti medici».
La norma Gasparri prevede anche che ogni comune potrà decidere di chiudere il proprio territorio a un’impresa Ncc. «È scontato aspettarsi che i comuni più esposti alle pressioni dei tassisti chiuderanno l’accesso», dice Artusa. «Finirà che dovremo scambiarci i passeggeri sui raccordi perché non potremo arrivare a destinazione. L’aeroporto di Malpensa è fuori dal territorio di Milano, per fare un esempio». Non solo. Il testo stabilisce che ogni autista abbia a bordo un “foglio di servizio” vidimato, con progressione numerica, i dati del committente, orario di inizio e fine servizio, chilometri e destinazione. «Ma spesso dobbiamo cambiare strada per incidenti o cambi piano dei clienti e dunque ogni servizio sarà passibile di sanzione», commenta Artusa.
L’obiettivo, nelle intenzioni del governo, è che questa norma possa servire a combattere i presunti illeciti di applicazioni come Uber. «È falso», risponde Artusa, «per il semplice fatto che la legge è stata fatta quattro anni prima dell’invenzione della app. È solo la golosità di una certa frangia di tassisti che pensa che tolti di mezzo gli Ncc potranno accaparrarsi una clientela più generosa. Il nostro è un settore che fattura 2,5 miliardi l’anno e occupa 200mila persone più indotto. È strano che un Paese in recessione assecondi i capricci di una categoria che spende dai 150 ai 400mila euro per una licenza, per poi dichiarare mediamente 15mila euro l’anno».