Tratto dall’Accademia della Crusca
L’inglese follow-up è sia verbo, con il senso di ‘dare un seguito’, quindi ‘approfondire’, ‘tenere sotto controllo’, sia primo elemento nominale con funzione aggettivale in locuzioni composte che si riferiscono al seguito, alla prosecuzione di qualcosa. Una follow-up letter è una lettera che prosegue uno scambio epistolare: può trattarsi della risposta a una lettera di sollecitazione, ma anche di una seconda lettera in cui lo stesso mittente aggiunge delle informazioni che non aveva ancora introdotte nella precedente. Follow-up materials sono materiali di approfondimento. In generale, follow-up actions sono le ‘azioni successive’, non meramente nel tempo, ma intese a garantire una appropriata continuazione per qualcosa che lo richiede. Ad esempio, follow-up care for prisoners significa tutto ciò che si fa per favorire il reinserimento sociale di ex detenuti dopo la loro scarcerazione.
Chiaramente, insomma, nella sua lingua di origine il termine non ha impiego solo nel campo delle cure mediche; ma tale ambito è uno di quelli in cui, anche in questa lingua, trova più frequente applicazione: il medical follow-up indica i controlli e le cure che si protraggono nel tempo dopo un evento clinicamente notevole. Per questo – e perché quello degli studi medici, come gli altri campi scientifici, vede gli specialisti fare uso continuo della lingua internazionale di scambio – è soprattutto attraverso il lessico della medicina che follow-up è entrato nell’uso italiano. Le visite o le terapie che seguono un’operazione chirurgica saranno dunque visite e terapie di follow-up, e l’insieme delle azioni che si compiono dopo un qualsiasi intervento principale saranno il suo follow-up.
Si può osservare che il termine non è ancora un prestito completamente acclimatato in italiano. A questo fa ostacolo sia l’introduzione molto recente, sia la diffusione limitata (come abbiamo detto) ad alcuni linguaggi settoriali scientifici, sia probabilmente il trattarsi non di una sola parola inglese ma di due, ortograficamente collegate con un trattino che le rende decisamente marcate nella prassi scrittoria italiana. Come conseguenza, a differenza dei prestiti veramente acclimatati, se ne può raccomandare la scrittura in carattere corsivo; fatta eccezione appunto nei testi di ambiti, come quello medico, in cui il termine è frequente e può considerarsi meglio acclimatato.