Socialisti e verdiParola d’ordine, ambientalismo: ecco da dove dovrebbero ripartire le sinistre di tutto il mondo

Dall’attenzione che l'attivista Greta Thunberg ha risvegliato, all'agenda politica di Alexandria Ocasio-Cortez, la tutela dell'ambiente è un tema distintivo e molto apprezzato dai cittadini. Per questo è fondamentale che la sinistra ormai smarrita lo faccia proprio (e scaldi il cuore degli elettori)

JACQUES DEMARTHON / AFP

Mentre la destra che guadagna consensi pare essere sempre più quella orientata al nazionalismo e al sovranismo, la sinistra sembra smarrita. La prima spesso vince e governa, la seconda è alla ricerca di una nuova identità. Il compito che è chiamata ad assolvere è quello di conciliare i suoi valori tradizionali con altri principi, per recuperare il voto dei delusi e dar vita a un rinnovato coinvolgimento popolare.

Tra gli ideali da recuperare molti citano in maniera più o meno esplicita il socialismo, tanto che l’Economist gli ha dedicato la sua ultima copertina, sebbene per evidenziarne limiti e approssimazioni. Il socialismo sembra essere tornato in auge grazie a personaggi come Jeremy Corbyn in Inghilterra e Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez in Usa. Il motivo va ritrovato nelle contraddizioni generate dal capitalismo e dalla mancanza di risposte da parte della politica alla crescente disuguaglianza all’interno della società. Proprio la Ocasio-Cortez, inoltre, ha associato al socialismo un altro tema che la sinistra potrebbe porre definitivamente in cima alla propria agenda politica, ovvero la tutela dell’ambiente. Il tanto discusso Green New Deal, presentato insieme al senatore del Massachusetts Edward Markey, è stato appoggiato dai candidati alle primarie democratiche per la Casa Bianca, Kamala Harris, Cory Booker, Julian Castro, Elizabeth Warren e Kirsten Gillibrand.

Molti si domandano quindi se la risposta alla destra nazionalista possa essere una sinistra “rosso-verde”, declinata sui principi del socialismo e dell’ambientalismo. Nel Vecchio Continente, dopo il risultato elettorale dei verdi prima ad Amsterdam, poi in Olanda, Germania, Lussemburgo e Belgio, ci si domanda se queste formazioni politiche possano addirittura assumere la guida della sinistra in Europa. A far propendere per il sì ci sono due motivi. Il primo è che in alcuni casi, i partiti tradizionali di centro-sinistra hanno governato con quelli di centro-destra durante gli anni della crisi finanziaria, diventando il bersaglio di chi ha un atteggiamento anti-establishment e perdendo consenso. Il secondo è che i verdi possono giovare della polarizzazione tra nazionalisti e sostenitori della globalizzazione.

Se nel 2013 il 56% in media su scala globale vedeva il cambiamento climatico come una minaccia, nel 2017 la percentuale è arrivata al 63%, per poi attestarsi al 67% nel 2018. In Europa il dato arriva addirittura al 71%, come quello italiano e passa dal 90% dei greci al 55% dei polacchi

Tuttavia, la tutela dell’ambiente sta tornando sotto i riflettori soprattutto grazie ad attivisti giovanissimi e autonomi rispetto ai partiti. Da alcune settimane infatti in diverse città in giro per il mondo ci sono manifestazioni per chiedere ai governi azioni concrete. In Germania, Svezia, Svizzera, Francia, Belgio e non solo, migliaia di studenti stanno marciando e sacrificando ore di lezione a scuola. La settimana scorsa è toccato anche al Regno Unito. Le manifestazioni, spesso organizzate attraverso la rete, vedono partecipare giovani e giovanissimi che prendono spunto da Greta Thunberg. Il suo nome è diventato familiare quando lo scorso agosto ha iniziato una curiosa protesta. Greta, studentessa svedese nata nel 2003, ha deciso infatti di non andare a scuola e sedersi ogni giorno davanti alla sede del Parlamento con un cartello con la scritta “sciopero della scuola per il clima”. La sua azione pacifica e silenziosa ha riportato l’attenzione sull’ accordo di Parigi, sui limiti delle emissioni consentite e, in generale, sulla tutela dell’ambiente. Greta è diventata il simbolo delle nuove generazioni che incolpano le precedenti per non aver fatto abbastanza per arginare un pericolo previsto e minaccioso. “La nostra casa è in fiamme”, ha detto al World Economic Forum di Davos lo scorso gennaio, con tono serafico ma con voce decisa, “vorrei farvi agire come se la vostra casa fosse in fiamme, perché lo è.”

In effetti, i timori legati all’inquinamento, allo spreco di risorse, alle emissioni di gas serra e, in generale, agli effetti del cambiamento climatico sono sempre più diffusi. Il Pew Research Center ha intervistato circa 27 mila persone di ventisei Paesi in giro per il mondo tra maggio e agosto dello scorso anno. Ebbene, se nel 2013 il 56% in media su scala globale vedeva il cambiamento climatico come una minaccia, nel 2017 la percentuale è arrivata al 63%, per poi attestarsi al 67% nel 2018. In Europa il dato arriva addirittura al 71%, come quello italiano e passa dal 90% dei greci al 55% dei polacchi. Come riportato anche dal Sole 24 Ore, il Pew Research Center ha riscontrato che le differenti risposte date all’interno di ciascun Paese, dipendono dalle opinioni politiche degli intervistati. In Germania, ad esempio, chi supporta AfD ha una probabilità inferiore del 28% di vedere il cambiamento climatico come una minaccia rispetto a chi vota altri partiti. Differenze analoghe riguardano gli elettori di UKIP nel Regno Unito o del Rassemblement National in Francia. L’ambientalismo può dunque essere uno dei temi da cui la sinistra può ripartire? Probabilmente sì. “Dite di amare i vostri bambini ma state distruggendo il nostro futuro” è la scritta del cartello esposto da una bambina e condiviso da Alexandria Ocasio-Cortez. Lei non ha dubbi e ha già fatto sua questa battaglia.

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