Il centrodestra unito vince, convince e ottiene un’altra regione del Paese. Da quando è nato l’esecutivo gialloverde la coalizione a tre punte non fa altro che inanellare vittorie. Di questo ne sono convinti i tre leader Berlusconi, Salvini e Meloni che in questi minuti stanno visionando i dati che arrivano a rilento dalla Sardegna. Da Arcore a via Bellerio è tutta un’esultanza perché la coalizione espugna un’altra regione alla sinistra.
Al netto degli exit poll che hanno fatto tremare i polsi al trio della meraviglie, il senatore Solinas approderà piuttosto agevolmente alla guida della regione. Da questo dato si ripartirà e si ricomincerà a far di conto. E a domandarsi: cosa fare? Come comportarsi a questo punto? È chiaro che da oggi la narrazione salvinianina, a Roma con i (fu) grillini e a livello locale con Berlusconi e Meloni, non potrà funzionare a lungo e dovrà mutare. Forse si potrà andare avanti fino alle Europee. Ma dopo il 26 maggio qualcosa dovrà succedere.
Non a caso da giorni l’inquilino di Arcore attraverso i suoi sherpa invia messaggi al suo alleato (Salvini) che suonano più o meno così: «Questo governo è ai minimi storici. Non può più andare avanti. Il Paese è in recessione, tutto sta per crollare. Occorre allora dare una sterzata e provare a formare un esecutivo con noi e la Meloni». D’altro canto, è il refrain che impazza a villa San Martino e dintorni, «tutti i sondaggi ci danno oltre il 45% e potremo arrivare al 50%».
Il leader del Carroccio dovrà per forza di cose vedersela con Berlusconi e Meloni. In particolare, con il primo. Perché Forza Italia è un partito europeista, radicato sul territorio, e rappresenta una garanzia per l’ancien regime di Bruxelles. E di conseguenza Berlusconi potrebbe fungere da padre nobile di un nuovo esecutivo di stampo di centrodestra con Salvini a detenere la golden share. Uno scenario non peregrino
Già, Salvini. Il vicepremier e ministro dell’Interno continua a predicare che «l’esecutivo durerà cinque anni» e che «fra me e Luigi c’è un patto di ferro». Ma con i Cinque Stelle che perdono sempre più terreno sulla Lega e il centrodestra sempre più in ascesa quanto potrà durare il governo del cambiamento? I leghisti di rito giorgettiano rumoreggiano e invocano una crisi pilotata. «Dobbiamo trovare il pretesto per rompere con Di Maio», mormorano. E poi c’è il ritorno in campo del Cavaliere che ha sparigliato i giochi. È vero non è più il tycoon di un tempo dal colpo ad effetto in grado di rovesciare qualsiasi scenario. Ma è altrettanto vero che ha dato una boccata d’ossigeno alla sua creatura, Forza Italia, ma anche al centrodestra.
Berlusconi ormai imperversa in tutti i talk tv e fa campagna elettorale come ai tempi d’oro. Di più: l’inquilino di Arcore ha un’arma non di poco conto. Grazie alle sue entrature all’interno del Popolare europeo potrebbe essere il pontiere tra sovranisti e popolari e di conseguenza avvicinare Salvini al Ppe. D’altro canto, Salvini oggi si fa forte del 30 per cento ma non ha ancora stretto alleanze con i sovranisti europei. E non ha una vera e propria causa cui aderire a Strasburgo. Oltretutto qualche giorno fa Giorgia Meloni lo ha preso in contropiede aderendo ai conservatori. Insomma, il leader del Carroccio dovrà per forza di cose vedersela con Berlusconi e Meloni. In particolare, con il primo. Perché Forza Italia è un partito europeista, radicato sul territorio, e rappresenta una garanzia per l’ancien regime di Bruxelles. E di conseguenza Berlusconi potrebbe fungere da padre nobile di un nuovo esecutivo di stampo di centrodestra con Salvini a detenere la golden share. Uno scenario non peregrino, che garantirebbe Mattarella anche su una nomina cui tiene molto, quella del nuovo presidente della Repubblica: con Berlusconi al governo, è il ragionamento, il Quirinale sarebbe al riparo da profili “troppo sovranisti”.
Anche Salvini ci sta pensando: perché non è da ieri che lo spettro del partito di Draghi, di chi in sostanza si immagina un esecutivo di tecnici in grado di salvare il Paese e di rimettere i conti in ordine, ha cominciato a muovere le proprie pedine. E si dice che sia proprio quella la carta in mano a Mattarella nel caso le cose precipitassero, con l’arrivo della nuova manovra autunnale e delle conseguenti tempeste sullo spread e sul debito. Dicono, i ben informati, che Sergio Mattarella abbia già pronta la lista dei ministri, che conserva in uno dei suoi cassetti al Quirinale. Papà Silvio, anche in questo caso, potrebbe togliere le castagne dal fuoco a tutti, mitigando le pulsioni sovraniste ed euroscettiche di Salvini e scongiurando la seconda calata dei tecnici a palazzo Chigi, dopo quella che causò la sua fine. Se ci pensate, tutto torna.