Vi sembrerà incredibile, ma a Parigi la municipalità non ha ancora trovato il coraggio di dedicare una via a Maximilien Robespierre; altrove, addirittura, alcuni sindaci parlano, senza mezzi termini, di eliminare il suo nome dalle vie intestatagli: e persino nella sua città natale, Arras, nell’Artois, il museo che, più di un secolo fa, si era pensato di erigere sta ancora aspettando la posa della prima pietra. Quando poi, nel 2013, si pensò di ricostruire la testa ‘autentica’ di Robespierre (la tradizione dice che sul capo dell’Incorruttibile, appena ghigliottinato, venne realizzata una maschera mortuaria, esposta a Parigi dalla futura Madame Tussaud, prima di essere trasferita a Londra), essa venne dotata di “uno sguardo arcigno, una carnagione butterata e un grosso cranio”: pertanto, l’autore di tale maschera fu accusato di disprezzare la Rivoluzione, e non solo quella del 1789, ma anche tutte le altre, passate e future.
Questi sono tutti segni eloquenti del fatto che, a oltre duecento anni dalla sua morte, l’Incorruttibile rimane ancora un nostro contemporaneo, o forse, per dirla meglio, un’ombra ancora capace di turbarci: si può oggi parlare tranquillamente della violenza di Marat, o della venalità di Danton, o dell’incosciente frivolezza della regina Maria Antonietta; però, appena si evoca Robespierre, subito la sensibilità nazionale francese viene scossa. Ben venga quindi la biografia di Jean-Clément Martin, Robespierre (Salerno Editrice, traduzione di Alessandra Manzi): l’autore, professore emerito alla Sorbonne I-Panthéon, è esperto della Rivoluzione francese e della storia della Vandea, e sviscera l’esistenza di Robespierre in nove capitoli che ci portano, dalla nascita ad Arras attraverso il raggiungimento dei vertici del potere, sino ai giorni 9-10 Termidoro dell’anno II, con la “morte infame” (p. 215 sgg.) e terribile sulla ghigliottina il 28 luglio 1794.
Ma poi, il Capitolo IX- Ritrarre il rivoluzionario come un mostro (p. 218 sgg.) analizza la nascita della leggenda nera di Robespierre, proprio a partire dal ritratto fisico: nel tempo in cui la fisiognomica di Lavater svelava l’anima, ebbe una funzione importante per screditare l’Incorruttibile il ritratto impietosamente sgradevole di Jean-François Dussault, giornalista che, a far data dal 13 Termidoro (quindi a caldo, subito dopo il Colpo di Stato che vide cadere Robespierre, Saint-Just e compagni) pubblicò Portraits exécrables du traître Robespierre et ses complices tenue (sic!) par la la Furie, nonché un Véritable portrait de Catilina Robespierre tiré d’après nature. I due opuscoli inaugurarono un vero e proprio genere, in quanto Dussault creò la matrice che fu in seguito utile per ritrarre Robespierre:
“La sua statura era di cinque piedi e due o tre pollici, il suo corpo insignificante; la sua andatura ferma, spedita, e anche un poco brusca; stringeva spesso le mani quasi fosse per una contrazione di nervi; lo stesso movimento tornava nelle spalle e nel collo che agitava convulsamente a destra e a manca; i suoi abiti erano sempre di un elegante decoro e la pettinatura puntualmente in ordine (…) La sua carnagione era livida e biliosa, i suoi occhi tristi e spenti che socchiudeva in continuazione per l’agitazione convulsiva di cui s’è detto (…) Sapeva addolcire la sua voce acuta e stridula e dare un che di elegante al proprio accento d’Artois (…) Era un oratore mediocre con i discorsi preparati, quando si trattava d’improvvisare faceva ancora peggio”.
Dussault aggiungeva anche che il suo “pallore sinistro” era indice di una “vile cattiveria”; e, secondo un’altra versione della leggenda nera, Robespierre progettava addirittura di farsi re, sposando Marie-Thérèse, la figlia primogenita di Maria Antonietta e di Luigi XVI, il “cittadino Capeto”; non per nulla in casa dell’Incorruttibile sarebbe stato ritrovato un sigillo con il Giglio di Francia: insomma, il tiranno è servito.