Dalla Spagna arriva un vento sovranista (e non promette nulla di buono per l’Europa)

Le elezioni anticipate in Spagna potrebbero portare per la prima volta il partito di ultradestra Vox al potere e far scattare un effetto domino che influenzerebbe l'esito delle europee di maggio. L'ago della bilancia sarà il partito di centro Ciudadanos

OSCAR DEL POZO / AFP

Oggi in Spagna si è decisa la data che cambierà il destino dell’Europa. Dopo il Consiglio dei ministri straordinario il premier socialista Pedro Sanchez ha comunicato il giorno delle elezioni: il 28 aprile. Non sarà solo un voto, ma qualcosa di più. Perché mercoledì il Parlamento spagnolo non ha semplicemente bocciato la legge di Bilancio del governo (191 contro, 158 a favore) e determinato la fine della legislatura con un anno di anticipo, ma ha innescato la prima tessera di un effetto domino che potrebbe influenzare, e di molto, il risultato delle elezioni europee. Nel nuovo bipolarismo alla spagnola si sfidano due componenti: la sinistra rappresentata dal Psoe di Sanchez con Podemos, e la destra, formata dal partito popolare a braccetto con la grande sorpresa degli ultimi mesi: Vox un partito considerato neofascista, in crescita nei sondaggi, che chiede di eliminare le autonomie (compresa quella catalana), deportare i migranti irregolari e chiudere le associazioni femministe. Tra i due poli c’è Ciudadanos, partito liberale centrista che sarà il vero ago della bilancia della politica spagnola: con il Psoe ha in comune il forte filoeuropeismo, mentre con il Pp e Vox condivide un atteggiamento intransigente verso le richieste degli indipendentisti catalani. Quest’ultimo trio da dicembre governa inaspettatamente l’Andalusia, la regione più a sud della Spagna dopo 36 anni di dominio socialista, e domenica ha fatto le prove generali per una alleanza nazionale partecipando tutti insieme alla manifestazione contro la politica di Sanchez, considerata troppo morbida verso le rivendicazioni di Barcellona. Proprio martedì è incominciato il processo per “ribellione” ai 12 leader della Generalitat che rischiano fino a 25 anni di carcere per il tentativo (fallito) di secedere dalla Spagna. E questo processo pubblico influenzerà il dibattito pre elezioni.

L’azzardo di Sanchez è chiaro: non mostrarsi debole nei confronti degli indipendentisti e cercare di capitalizzare il prima possibile la fiducia degli elettori, chiamati a votare per la terza volta in quattro anni, mobilitando gli elettori della sinistra astensionista e ponendosi come l’unico argine a un governo tricefalo di destra. Secondo gli ultimi sondaggi di El Pais al momento il Psoe è dato come primo partito in Spagna al 24%, seguito da Pp (21%), Ciudadanos (18%) e Podemos (15%). Il problema è che non esiste un equilibrio stabile tra i cinque partiti e anche cambi minimi dell’elettorato possono cambiare facilmente il numero di seggi in Parlamento. Perché lo stesso sondaggio dà Vox come quinto partito in Spagna intorno al 11%, ma è quello più in crescita: +6% in soli tre mesi, mentre tutti gli altri sono calati nei consensi. Ma perché il movimento guidato da Santiago Abascal, nato quattro anni fa dalla costola di ultradestra del Partito popolare è così apprezzato in Spagna? «Vox piace soprattutto nelle regioni della Spagna di cui si parla meno all’estero come la Castilla y la Mancha o Castilla y Leon che non hanno un’identità nazionalista forte come la Galizia o Valencia o i Paesi Baschi. A loro Vox offre risposte drastiche contro il problema della migrazione e un atteggiamento intrasigente contro la deriva indipendentista catalana che ha scosso molto l’uomo medio spagnolo», spiega Lucia Mendez Prada, giornalista ed editorialista di punta di El Mundo.

Tra poche settimane scopriremo cosa farà ciudadanos, se ci sarà una replica del modello Andalusia o se il partito di Rivera si alleerà con il Psoe rinforzato dalla scissione che sta vivendo in questi giorni l’altro partito di sinistra, Podemos.

«Con la sua retorica anti immigrati e sovranista che si rifà all’idea della gloriosa Spagna di un tempo, piano piano sta conquistando molti elettori storici del Pp delusi dagli scandali giudiziari che hanno coinvolto i vertici del partito di Rajoy», chiarisce Mendez Prada. Se n’è accorto anche il giovane leader dei popolari Pablo Casado, che ha virato a destra la sua campagna elttorale per non perdere ancora più voti e ha cercato di sdoganare prima e “normalizzare” poi Vox portandolo sotto la sua ala protettrice. La Spagna riscopre la sua anima franchista? Non proprio. «A Vox al momento si addice di più l’etichetta di movimento “Trumpiano”: lotta all’establishment e soprattutto al politicamente corretto visto che tra i punti del programma c’è quello di rivedere la legge sull’aborto e i provvedimenti a difesa dei diritti delle comunità lgbt» spiega Mendez Prada.

Vox all’estrema destra, Ciudadanos al centro, PP a destra. Tre partiti, tre elettorati diversi uniti in un’unica alleanza. Sembrerebbe una strategia politica scritta da Silvio Berlusconi. Perché lo schema sembra la versione spagnola del modello “Polo delle Libertà” del 1994 che fece trionfare Lega (al nord), Msi (al Sud) e Forza Italia nel resto d’Italia. E i tre partiti spagnoli stanno già dando prova di poter governare insieme in Andalusia. Però il sistema elettorale nazionale è diverso da quello locale perché ci sono più collegi con meno seggi da assegnare. Una legge elettorale perfetta per un sistema bipolare, inadatto e con effetti distorsivi per una corsa a 5. Ciudadanos avrebbe più possibilità di essere il terzo partito nazionale rispetto a Vox perché più capillare nel Paese. Il movimento di estrema destra vivrebbe lo stesso paradosso politico che ha relegato la Lega a basse percentuali nell’era pre Salvini: fortissima al Nord, inesistente nelle altre regioni. Così come Vox, forte nella vera Spagna, debole nelle comunità autonome con identità più marcate.

Ma potrebbe essere proprio Ciudadanos a sganciarsi da questo trio. Perché oltre alla strategia su come trattare gli indipendentisti catalani, il partito ha poco in comune con la retorica sovranista e xenofoba di Abascal e Casado. lI leader di Ciudadanos, Albert Rivera guarda da sempre a En Marche di Macron e quel che resta dell’esperienza renziana in Italia e ha scelto l’ex primo ministro socialista francese Manuel Valls come candidato sindaco di Barcellona. Anche per questo Rivera ha evitato foto a tre nella manifestazione contro il governo di domenica scorsa. Tra poche settimane scopriremo cosa farà Ciudadanos, se ci sarà una replica del modello Andalusia o se il partito di Rivera si alleerà con il Psoe rinforzato dalla scissione che sta vivendo in questi giorni l’altro partito di sinistra, Podemos. Ai posteri spagnoli l’ardua sentenza. Ma anche ammettendo che Vox mancasse l’impresa di entrare al governo avrebbe pochissimo tempo per rifarsi con gli interessi. Perché il 23 maggio si voterà per le elezioni europee e il partito di ultradestra potrebbe attrarre il voto di protesta di chi si sente poco attratto dall’Unione europea. L’obiettivo di Salvini, Le Pen, Wilders. è quello di allearsi con il PPE per spostare a destra le decisioni della Commissione europea e lo schieramento dell’Europarlamento. E Vox potrebbe essere un prezioso alleato. «Sono tanti i punti di contatto, uno su tutti la lotta per proteggere i confini. Vox non ha ancora ben espresso la sua idea di Europa perché banalmente non c’è nel suo manifesto politico ma avrà tempo per farlo» spiega Mendez Prada. Ora bisognerà capire se chi ha comandato per anni l’Europa affronterà questa ventata sovranista costruendo muri o mulini.