Dai nostri piccoli comuni passa l’Italia più green e che affronta la sfida della qualità. Un modello di crescita che punta sulla sostenibilità, la coesione, la cultura e i saperi tradizionali coniugandoli con l’innovazione, le nuove tecnologie, la green economy. I nostri piccoli comuni amministrano più della metà del territorio nazionale e in essi vivono oltre 10 milioni di italiani. Non sono un’eredità del passato, ma una straordinaria occasione per difendere la nostra identità e proiettarle nel futuro. C’è ancora molto da fare per dare piena applicazione alla legge – di cui sono stato primo proponente (approvata all’unanimità nella passata legislatura) – che li tutela li valorizza e che ha già ottenuto dei risultati concreti come la sospensione delle chiusure degli uffici postali nei centri con meno di cinquemila abitanti e maggiori finanziamenti nelle successive leggi di bilancio.
Ci sono poi oggi nuovi strumenti per valorizzare le potenzialità del nostro Paese e fare della bellezza, dell’economia sostenibile, dell’innovazione e della creatività radicate nei nostri centri minori, sposate alle nuove tecnologie e all’high-tech, la chiave dello sviluppo di domani. Era di questo avviso anche il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che in un’edizione di “Voler Bene all’Italia”, la festa dei piccoli comuni organizzata ogni anno da Legambiente, disse: «Questi borghi, questi paesi rappresentano un presidio di civiltà. Sono parte integrante, costitutiva della nostra identità, della nostra Patria. Possono essere un luogo adatto alle iniziative di giovani imprenditori. L’informatica e le tecnologie possono favorire questo processo. Può diventare anche questa grande avventura un’opportunità da cogliere per l’Italia».
È necessario avere coscienza che non saremo mai deboli se il confronto sarà sul nostro terreno, ovvero quello dell’ambiente, della cultura, dei diritti, della qualità, dell’innovazione, dell’Europa
Spesso si pensa ai piccoli comuni come a un punto di debolezza dell’Italia, è vero il contrario: i piccoli comuni sono un punto di forza, un concentrato d’Italia. Storia, natura, comunità, produzioni di grandi qualità. Il Paese parla al mondo proprio a partire dai suoi centri minori. Il rapporto fatto da Symbola e Coldiretti, dedicato ai piccoli comuni e all’agroalimentare, descrive quanta parte delle produzioni agricole di qualità sono collegate ai piccoli comuni: il 92% delle Dop e delle Igp e quasi l’80% dei grandi vini sono collegati ai territori dei piccoli comuni che corrispondono a oltre il 50 per cento del territorio nazionale. E l’Italia è già leader per sostenibilità in agricoltura.
In questo percorso il rapporto tra la cultura “generale” e la cultura “materiale” è davvero fortissimo. Basta pensare ai siti Unesco: moltissimi di essi hanno a che fare con territori segnati dall’azione dell’agricoltura, dalle buone pratiche, dalle produzioni a chilometro zero e da un’economia “verde” e per questo a misura d’uomo. Penso ai siti delle Langhe-Roero e Monferrato, ma anche alle Cinque Terre, le Viti di Pantelleria, il Vesuvio, Amalfi e così via. Quest’anno c’è poi un incrocio unico con Matera 2019 – Capitale Europea della Cultura che consente di legare aspetti come cultura, bellezza, sostenibilità che sono al tempo stesso un elemento della nostra identità e un nostro punto di forza. L’Italia in un mondo globalizzato è forte se affronta i problemi aperti e le sfide del futuro senza perdere la propria anima.
Quando l’Italia fa, l’Italia è un Paese forte e svolge un servizio al mondo. Mi piace ricordare che gli unici occidentali rappresentati alla cerimonia di apertura della XXIX Olimpiade del 2008 a Pechino furono Marco Polo e Padre Matteo Ricci. E proprio mentre è in corso la visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia, è necessario avere coscienza che non saremo mai deboli se il confronto sarà sul nostro terreno, ovvero quello dell’ambiente, della cultura, dei diritti, della qualità, dell’innovazione, dell’Europa. La domanda infatti che c’è di Italia nel mondo è legata proprio a questo intreccio.