Verso le europeeFusacchia: “Dirsi europeisti non basta più: mobilità europea per migliaia di insegnanti per rifondare l’Europa”

Intervista a tutto campo all’esponente di +Europa a due mesi dalle elezioni continentali: “Bene le proposte di Barca sulle disuguaglianze, a partire dalla discrezionalità della Pa e dal salario minimo. Pizzarotti? Mi piacerebbe fosse un’alleanza, non un cartello elettorale”

“Salario minimo, discrezionalità per i funzionari della pubblica amministrazione? Firmerei subito”. L’entusiasmo non si addice ad Alessandro Fusacchia, ma di certo non fa mistero del fatto che le proposte che Fabrizio Barca ha presentato al forum delle disuguaglianze gli piacciono molto. Così come gli piace l’alleanza tra +Europa e Italia in Comune di Pizzarotti, sulla quale ammette di essersi speso molto. Più in generale, la convinzione del parlamentare eletto alle politiche del 2018 nella cirscoscrizione estera Europa è che per il suo partito non basti più dirsi europeisti, ma che debba qualificare il proprio ruolo attraverso proposte concrete: dalla mobilità degli insegnanti nel Vecchio Continente a un nuovo grande centro di ricerca dedicato all’intelligenza artificiale.

Tra due mesi si vota per le elezioni europee e +Europa ci sarà. Come fare un buon risultato?
Con una proposta distintiva e chiara. Non basterà dirsi europeisti, o più europeisti degli altri. Potrebbero bastare invece anche poche proposte, ma riconoscibili e che dicano come vogliamo rifondare l’Europa, costruendo certamente su quella che abbiamo avuto fino ad oggi ma senza illudersi che sarà sufficiente proporre “un po’ di più del solito”: un pochino di più di Erasmus, o un pochino di più di fondi europei. Serve il coraggio di proposte di scala adeguata e radicali – che vadano cioè alla radice dei problemi.

Oggi viene ufficializzato l’accordo con Italia in Comune, guidata dai sindaci Pizzarotti e Pascucci. Di che si tratta?
Può essere un cartello elettorale, comunque utile. O può essere una alleanza preziosa con cui mobilitare – grazie anche al lavoro degli amministratori locali coinvolti – tanti cittadini a partire da una agenda europea vicina alle loro preoccupazioni e aspettative. Sono impegnato a fare in modo che si materializzi quest’ultima opzione.

Si dice che lei abbia giocato un ruolo chiave per arrivare a questo accordo.
Lo abbiamo giocato in tanti. Ho imparato negli anni che le vittorie, come le sconfitte, sono raramente riconducibili ad una persona sola. Certamente sono tra coloro che hanno sostenuto da sempre questa alleanza. Un anno e mezzo fa sono intervenuto a Roma al lancio di Italia in Comune, invitato da Alessio Pascucci. In quella occasione ho conosciuto Federico Pizzarotti. Da allora non abbiamo mai smesso di parlarci con regolarità. Ci siamo ritrovati a ragionare insieme con i cittadini di mezza Italia, da Matera a Piacenza. Con Italia in Comune condividiamo l’interesse a costruire un’offerta politica nuova e a mettere in campo una squadra di politici competenti che unisca l’esperienza di chi amministra i territori con quella di chi ha lavorato in Europa e nel resto del mondo. Qualche mese fa, proprio in vista delle elezioni europee, abbiamo pubblicato insieme un manifesto di 10 punti. Credo che molti di quei punti possano essere recuperati adesso come base di una campagna elettorale comune.

Ad esempio?
Investimenti massicci per assicurare la mobilità di migliaia di insegnanti da un Paese europeo all’altro. Un nuovo CERN dedicato all’intelligenza artificiale. Il mercato unico digitale per rilanciare le nostre imprese. La tassazione delle multinazionali. Uno zoccolo duro di tutele per i lavoratori europei. Un meccanismo di monitoraggio e sanzione vero per i governi che in Europa non rispettano i diritti e le libertà fondamentali. La riconversione verde dei nostri sistemi economici e produttivi. Ci aggiungerei un punto inequivoco sulle grandi infrastrutture, ma anche sulla capacità di disegnare le politiche pubbliche con i cittadini. In generale io penso che dobbiamo diventare più bravi a parlare di Europa agli italiani che non sono mai usciti dal loro comune. Spiegando che l’Europa non è una cosa astratta o distante, ma che ha portato benefici anche a loro e che altri ne porterà, se continuiamo a costruirla e la costruiamo in un certo modo. L’Europa di prossimità. L’Europa declinata al livello locale. Perché i ragionamenti geopolitici vanno bene per i convegni; ma agli elettori dobbiamo spiegare cosa l’Europa potrebbe fare quando parliamo di lavoro, welfare, impresa, ambiente.

Due giorni fa, col suo Forum Disuguaglianza Diversità, Fabrizio Barca ha lanciato 15 proposte per la giustizia sociale. Che ne pensa? +Europa ne riprenderà qualcuna?
Confido più di una. Ero alla presentazione delle proposte, ma voglio prendermi il tempo di leggere per bene le 170 pagine di rapporto. Ho grande stima di Barca e ci parliamo regolarmente da anni. Con il Forum ha fatto in questi mesi un lavoro enorme per porre con forza il tema delle disuguaglianze al centro del dibattito politico. Trovo molto interessante il metodo che hanno usato, di mettere insieme organizzazioni di peso, con tradizioni culturali e politiche anche diverse, e non solo esperti: in questo modo stanno costruendo una piattaforma per confrontarsi e mobilitare, non giocano a fare il think tank. E poi, posso dirle? Mi piace che da questo laboratorio non siano venute fuori proposte di compromesso al ribasso, o inerziali rispetto alle politiche pubbliche attuali, ma misure radicali e di medio periodo.

Le è piaciuta la proposta sull’eredità universale?
È certamente affascinante. L’idea di dare ad ogni diciottenne una dote di 15 mila euro da investire come meglio crede è oggettivamente dirompente, soprattutto se collegata con una tassazione fortemente progressiva su eredità e donazioni. La trovo molto liberale, e persegue l’obiettivo di ristabilire una uguaglianza di opportunità. Certo, pone in capo ai nostri 18enni una grande responsabilità. Esiste pure un rischio di spreco delle risorse, e servirebbe una scuola ampiamente più in grado di quella che abbiamo oggi per accompagnare i ragazzi nel capirsi e orientarsi nel mondo. Ben vengano comunque proposte così: costringono tutti a pensare, non a correre dietro all’ultima dichiarazione biodegradabile del politico di turno.

L’idea di dare ad ogni diciottenne una dote di 15 mila euro da investire come meglio crede è oggettivamente dirompente, soprattutto se collegata con una tassazione fortemente progressiva su eredità e donazioni

Ci sono altre proposte che le sono piaciute?
Ripeto: voglio prendermi il tempo che serve per leggere tutto. Ma le posso già dire che sul salario minimo e su maggiore discrezionalità per i funzionari della Pubblica Amministrazione firmo subito. Sul salario minimo ci sono tanti aspetti particolari da valutare, ma l’idea che nessuna ora di lavoro possa essere pagata meno di una certa somma mi pare un diritto da stabilire in capo ad ogni individuo, soprattutto nel mondo di oggi in cui il lavoro – per sua stessa natura – si manifesta in forme così diverse e poco inquadrabili in un numero ristretto di tipologie. Sia il PD sia i 5 stelle sia la Lega sono favorevoli al salario minimo, anche se con formule diverse. Sa cosa succederà? Faranno a gara per non farlo, non capendo chi riuscirebbe ad intestarselo. Servirebbe un bel gruppo di lavoro trasversale alla Camera, che senza grandi schiamazzi capisse se, e a quali condizioni, si potrebbe arrivare a meta. E che magari partisse proprio da un confronto con il Forum di Barca.

E sulla discrezionalità della PA?
Semplice: da anni stiamo fomentando nelle amministrazioni pubbliche un clima del sospetto, con la conseguenza di adottare leggi e misure che vanno tutte nella direzione di irretire i funzionari pubblici e di ingessare le procedure. Aumentando la burocrazia. In un mondo complesso, in cui raramente un funzionario si trova ad affrontare due volte lo stesso problema, in cui ogni cittadino fa storia a sé, in cui i bandi pubblici dovrebbero riflettere una strategia pubblica che fissa obiettivi e risultati, noi non possiamo legare le mani e ingabbiare i funzionari. Altrimenti, tanto vale sostituirli con algoritmi. Serve riaffermare la capacità di giudizio e la responsabilità di ogni singola persona che lavora nel pubblico e per il pubblico. Mettendo dei veri meccanismi di valutazione, valorizzazione e sanzione ex post. Vediamo chi fa cosa, evitando i processi alle intenzioni.

Difficile da fare.
Molto. Ma Barca ha una enorme esperienza di servizio pubblico. Sa come funzionano i Ministeri e i Comuni. Conosce le dinamiche tra politica e amministrazione. Se propone la discrezionalità dentro la PA – come anche io mi sgolo a ripetere da tempo – allora dovremmo starlo a sentire. Su questo servirebbe una coalizione di ribelli. Dove sono i nostri dirigenti pubblici che chiedono più ruolo, più merito, più capacità d’azione? La collusione culturale tra quella classe politica ampia che pensa solo a domattina e quella parte dell’amministrazione che vuole solo arrivare a fine giornata rischia di essere letale per il Paese. Abbiamo bisogno di recuperare slancio, ambizione, respiro.

Come si fa?
Costringendoci tutti – noi politici per primi – a mantenere uno sguardo e una curiosità sul mondo, e liberando parte del nostro tempo, occupato da finte emergenze o da ciò che solo apparentemente ci serve, per capire dove vanno gli altri e come non restare indietro. Sono tornato ieri da due giorni a Dubai, per un Forum globale dedicato a istruzione e competenze che assegna anche quello che è considerato ormai il “premio Nobel degli insegnanti”. Migliaia di persone arrivate da tutto il mondo, comprese centinaia di insegnanti di scuola, si sono confrontati sull’innovazione didattica, l’inclusione, il ruolo degli insegnanti nella società, l’impatto che stanno avendo le nuove tecnologie sull’apprendimento delle ragazze e dei ragazzi. Ti bastano due giorni a fare conversazioni di questo tipo per renderti conto di quanto siamo diventati ombelicali e rischiamo di finire marginalizzati. A fare pensieri piccoli. Ad approvare leggi che non servono a molto. Totalmente incapaci di intercettare il meglio di quello che gira fuori dai nostri confini nazionali. In Commissione Istruzione alla Camera abbiamo avviato una indagine conoscitiva sull’innovazione didattica; e oggi, con alcuni colleghi, abbiamo lanciato un intergruppo sull’intelligenza artificiale. Dobbiamo fare qualsiasi cosa per mantenere la capacità del Parlamento di lavorare su temi di prospettiva.

Di recente ha lanciato anche una iniziativa sul congedo dei papà. A che punto siete?
Ci stiamo lavorando coi colleghi del PD Pini e del M5S Amitrano e nelle prossime ore ci confronteremo anche con altri interessati a portare avanti una mobilitazione trasversale ai partiti. Anche qui, non vogliamo contentini. Non è con un congedo di pochi giorni che aiutiamo i papà, le mamme, i bimbi e tanto meno la società italiana ad evolvere. Serve un congedo obbligatorio di 3 mesi per i padri: avrebbe un impatto significativo sui rapporti di cura all’interno della famiglia, sul mercato del lavoro e sulle dinamiche di assunzione e carriera dentro le imprese. E gli uomini farebbero un po’ del lavoro che serve per assicurare alle donne vera parità di genere.

Non basterà dirsi europeisti, o più europeisti degli altri. Potrebbero bastare invece anche poche proposte, ma riconoscibili e che dicano come vogliamo rifondare l’Europa

Mi pare, invece, che la direzione di marcia sia opposta. Tra pochi giorni ci sarà a Verona il Forum Mondiale delle Famiglie.
Bisogna contrastare il disegno di legge Pillon con ogni mezzo. Quello più potente che abbiamo in democrazia è la mobilitazione pacifica di tante persone. Non possiamo tornare a una visione medievale della società. I diritti e le conquiste civili e sociali costano anni e fatica. Ma si possono cancellare con molto meno tempo e sforzo.

Oltre a protestare, che segnale si può dare in questo momento?
Abbiamo le elezioni europee alle porte. Come +Europa possiamo contare su tante donne di qualità, quotidianamente attive nel nostro partito. Spingerò perché vengano candidate. Perché puoi scrivere tutti i programmi che vuoi, ma alla fine sono le persone che parlano per te, che ti rappresentano, che ci mettono la faccia, a farti fare la differenza.

La differenza la faranno i candidati?
Le storie dei candidati, sì. I messaggi che manderemo. Personalmente ritengo che non basterà mandare messaggi di opposizione alla politica più recente, incarnata da Salvini e Di Maio. Servirà mandare segnali di discontinuità anche rispetto alla politica di sempre. Questo è un tempo in cui le parole non bastano più. In cui nemmeno le idee bastano più. Servono parole e idee, certo. Ma incarnate da persone capaci di portarle avanti credibilmente, alla luce di quello che sono state in passato e dei comportamenti avuti, non solo in base a dichiarazioni di principio o di buona volontà. Tantissimi elettori questo lo hanno già capito, ad avere successo saranno adesso i partiti che lo capiranno più in fretta.

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