Se per alcuni, i candidati democratici alle primarie per la presidenza Usa sono troppi, per altri non sono abbastanza noti ma di sicuro non è il caso di Joe Biden che ha annunciato di correre per la Casa Bianca in un video pubblicato lo scorso 25 aprile. Politico ricorda che Biden è diventato senatore del Delaware nel 1972 e che era in testa a quasi tutti i sondaggi già prima della sua candidatura ufficiale, tuttavia della sua lunga carriera politica viene ricordato soprattutto per essere stato vicepresidente Usa con Obama. La sua fama costituisce di certo un vantaggio ma non è l’unico fattore, Nate Silver li ha esaminati tutti. Innanzitutto Biden non viene visto come eccessivamente progressista e la metà degli elettori democratici alle primarie si definisce moderato o conservatore. Poi, dalla seconda guerra mondiale, dei nove casi in cui un vicepresidente ha cercato la nomination, in sei l’ha ottenuta. Anche i sondaggi sono dalla sua parte, Silver ricorda che chi è dato intorno al 20%, come Bernie Sanders, vince nel 15% dei casi, ma chi ha una media del 28%, appunto come l’ex senatore del Delaware, vince nel 35% dei casi. Ancora, una media del 74% dei democratici ha una buona opinione di lui.
C’è però un elemento che più degli altri è a suo favore: Joe Biden viene considerato il candidato con maggiori probabilità di battere Donald Trump. Sarà dunque facile per lui ottenere la nomination democratica? Affatto, su Five Thirty Eight viene evidenziato ad esempio il dato anagrafico. Biden è nato infatti nel 1942 e in un recente sondaggio NBC News/ Wall Street Journal, il 62% degli intervistati ha detto di essere incerto sul votare un candidato di oltre 75 anni, ben più incerto su se votare una donna, un afroamericano o un candidato omosessuale.
Biden è il nome forte delle primarie, talmente forte che nelle prime ventiquattro ore dal suo annuncioha raccolto 6,3 milioni di dollari per la campagna elettorale da tutti gli Stati provenienti da 96.926 donazioni individuali
Un elemento da non trascurare sarà inoltre il voto ispanico, sebbene in tutte le elezioni presidenziali dal 1996, tra gli ispanici il numero di coloro che non hanno votato abbia sempre superato il numero di chi si è recato alle urne. Infatti, secondo il Pew Research Center il prossimo anno la minoranza etnica più numerosa non sarà quella afroamericana, che costituirà il 12,5% dell’elettorato, ma quella ispanica che raggiungerà il 13,3%. Joe Biden non ha trascurato nemmeno questo fattore, infatti nel secondo video pubblicato il giorno del suo annuncio ufficiale, si vedono dapprima alcune persone dire in spagnolo perché bisogna votare per lui e poi vengono riportate le sue parole sottotitolate.
Ma chi è più spronato a votare per Biden? Nate Cohn per il New York Times sostiene che gli elettori non più giovanissimi in cerca di un candidato preparato e moderato potrebbero optare per lui. Il Partito Democratico Usa prova a tenere assieme elettori conservatori, liberali, bianchi e afroamericani e, mentre quando Biden fu eletto senatore, la maggior parte della base elettorale era formata da operai bianchi, ora si suddivide in maniera sostanzialmente equa tra elettori bianchi con e senza laurea, tra anziani o più giovani di 50 anni, tra chi si definisce liberale o moderato. Le sue possibilità di ottenere la nomination democratica passano dalla capacità di coinvolgere tutti questi gruppi. Molti potrebbero votarlo in continuità con Obama e in effetti lo slogan «our best days still lie ahead» (i nostri giorni migliori sono ancora avanti) che campeggia sulla pagina principale del suo sito web ricorda il «the best is yet to come» (il meglio deve ancora venire) pronunciato a Chicago dal quarantaquattresimo presidente americano dopo la sua rielezione.
Per Biden l’America è un’idea, plasmata dall’uguaglianza tra gli uomini. In questo periodo è in gioco l’anima degli Usa, un’anima messa in pericolo dall’odio, come quello visto a Charlottesville nell’estate 2017. Alla marcia dei suprematisti bianchi, agli scontri che ne sono seguiti e alle parole ambigue di Trump, aveva dedicato all’epoca una lettera- editoriale, in cui già aveva fatto riferimento al pericolo in cui si trovava e si trova l’anima della Nazione. La sua candidatura parte da qui, dai valori fondamentali per cui sono noti gli Usa, dalla democrazia americana, da tutto ciò che ha reso il Paese grande nel mondo. Biden è il nome forte delle primarie, talmente forte che nelle prime ventiquattro ore dal suo annuncio ha raccolto 6,3 milioni di dollari per la campagna elettorale da tutti gli Stati provenienti da 96.926 donazioni individuali. Le premesse per una vittoria alle primarie sembrano esserci tutte, basterà?