Ambiente e numeriCiao ciao futuro: il Def gialloverde è tutto tranne che verde

I Verdi bocciano il Documento di economia e finanza: numeri sbagliati su emissioni di gas serra ed energie rinnovabili; deregulation su centri storici e cemento; approssimazione sulle auto elettriche. Bonelli: “È un copia incolla di vari documenti con gravi imprecisioni”

Bocciato. Il Documento di economia e finanza (Def) del governo gialloverde è tutt’altro che verde. E i dati riportati in merito agli impegni in tema di emissioni, tutela ambientale e cambiamento climatico sono pure sbagliati. La bocciatura del testo programmatico appena diffuso dal Tesoro arriva dai Verdi. «Questo Def è un copia incolla di vari documenti con gravi imprecisioni, che ha lo solo scopo non di governare l’Italia, ma di affrontare le elezioni europee per le forze politiche di governo», spiega il coordinatore nazionale Angelo Bonelli. «Ci sono solo proclami e spot elettorali».

Partiamo dal capitolo Ambiente ed energia, dove è scritto ad esempio che il Piano Clima italiano rispetta gli Accordi di Parigi. «Ma questo non è vero», dice Bonelli. Per quanto riguarda la produzione dei gas serra rispetto al 1990 – anno scelto come punto di riferimento per calcolare le emissioni di anidride carbonica – con gli scenari delineati dal governo (-13% entro il 2020) si arriverebbe a una riduzione complessiva delle emissioni nazionali del 37%, un valore che è inferiore rispetto al 40% fissato a livello europeo. In più, nel documento, si sostiene che l’obiettivo della produzione di energia da fonti rinnovabili è in linea con quello Ue. Ma anche questo sarebbe sbagliato: «È più basso del 2%». Nelle tabelle si parla di un obiettivo del 30%, anziché del 32% previsto. E in più si prevede pure un minore sviluppo dell’energia solare rispetto alla Strategia energetica nazionale del precedente governo: 50 gigawatt attuali contro i 55 precedenti, cinque in meno.

Per quanto riguarda la produzione dei gas serra, con gli scenari delineati dal governo si arriverebbe a una riduzione delle emissioni nazionali del 37%, un valore che è inferiore rispetto al 40% fissato a livello europeo

Andando avanti, si riporta poi che gli obiettivi di riduzione dei consumi di energia primaria sono del 43% a fronte dell’obiettivo Ue vincolante del 32,5%. Ma, sottolineano i Verdi, «il raffronto è fatto furbescamente con lo scenario Primes 2007, e non come dovrebbe essere con lo scenario del 2016, perché in realtà la riduzione sarebbe solo del 7%».

Poi arriva il capitolo centri storici e cemento. Nella parte relativa al programma straordinario di dismissioni immobiliari dello Stato, da cui il Def prevede un ricavo di 1,25 miliardi, è espressamente dichiarato che le norma della legge di bilancio che facilita le varianti urbanistiche e i cambi di destinazioni d’uso nei centri storici è finalizzata a rendere sicura e rapida la vendita. E per facilitare questo, la norma viene affiancata dai decreti “Crescita” e “Sblocca Cantieri”, che dovrebbero oliare questo meccanismo. Si prevede così, dicono i Verdi, «una deregulation selvaggia riguardo le autorizzazioni edilizie degli immobili vincolati dai beni culturali. Viene introdotto il silenzio assenso nel rilascio delle autorizzazioni edilizie e così è possibile avere il via libera su abbattimenti, modifiche strutturali, variazioni di destinazioni d’uso, ristrutturazioni e demolizioni-ricostruzioni anche con aumento di volume, nei confronti di immobili vincolati». E grazie al decreto crescita, aggiungono, «nei palazzi storici potranno essere realizzati centri commerciali, multi residenze, oppure essere abbattuti per realizzare nuovi immobili anche con aumento di volume: in poche parole si sfasciano i centri storici».

Il Def prevede una diffusione complessiva di quasi 6 milioni di veicoli ad alimentazione elettrica, di cui 1,6 milioni di auto elettriche pure nel 2030. Ma questi numeri sono solo un’indicazione astratta non supportata da politiche e coperture economiche per realizzarle

I problemi continuano sul fronte dei trasporti e della mobilità sostenibile. Capitolo nel quale, secondo Bonelli, «c’è la totale approssimazione». La proposta del Piano nazionale integrato Energia e Clima inviata dal governo alla Commissione Ue punta alla riduzione dei carburanti nei trasporti e all’incremento della mobilità elettrica, prevedendo una diffusione complessiva di quasi 6 milioni di veicoli ad alimentazione elettrica, di cui 1,6 milioni di auto elettriche pure nel 2030. «Ma questi numeri sono solo un’indicazione astratta non supportata da politiche e coperture economiche per realizzarle», spiegano da Europa Verde. «Nell’ultima legge di bilancio è stata approvata una norma sperimentale che consentirà il finanziamento di auto elettriche ibride, che dato lo stanziamento, consentirà l’immatricolazione di sole 10mila auto l’anno». Che fino al 2030 fanno 110mila auto in più. D’altronde già l’anno scorso la promessa del ministro dei Trasporti Danilo Toninelli di «arrivare all’obiettivo di zero macchine inquinanti in circolazione entro il 2030» era sembrata irrealistica. Ci vorrebbero, a conti fatti, quasi 20 anni per sostituire tutto il parco circolante, che è di circa 37 milioni di veicoli. C’è da aspettare insomma. Soprattutto se lo stesso ministro, come lui stesso ha dichiarato, ha comprato qualche mese fa una macchina diesel.

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