A meno che accada qualcosa di, contemporaneamente, eclatante ed imprevisto, diventerà sempre più noioso commentare la situazione economica italiana e le (in)azioni di politica economica che il governo fingerà di prendere al suo aggravarsi. Si stanno avverando, una per una, tutte le previsioni negative che gli osservatori più attenti (fra di essi, questo giornale) erano andati facendo già l’anno scorso e, infatti, persino due anni fa.
I commenti saranno quindi una combinazione di “il buco si allarga”, “i vari ministri fanno il gioco delle parti”, “rischiamo che un piccolo shock dia via libera al disastro”, “occorre un’inversione di rotta a 170 (pardon, 180) gradi”, “le previsioni governative non sono nemmeno più sogni ma plateali bugie”, “le misure adottate dal governo stanno aggravando la situazione”, “i media devono raccontare la verità dei fatti e cessare d’essere organi di propaganda dell’isteria sovranista”, eccetera, eccetera, eccetera. D’altro canto: che altro sarà mai possibile dire di fronte ai fatti che si accumulano?
La tanto conclamata ripresa era asfittica e destinata a durare poco, cosa puntualmente verificatasi. Né i governi post-2013, né l’attuale hanno mai ammesso che così fosse. Nessun esponente politico di rilievo e nessun rappresentante delle grandi parti sociali ha mai nemmeno tentato di convincere il proprio elettorato che occorrono drastiche misure di riforma economica ed istituzionale per impedire che stagnazione e recessione siano le uniche due condizioni possibili. Peggio ancora: nessuno di costoro ha mai suggerito di modificare la composizione della spesa pubblica e del prelievo in maniera tale da attenuare, almeno, l’impatto che una nuova fase di contrazione potrebbe avere sulla finanza pubblica. Niente di niente: superato il panico del 2011-12 è ricominciata la pantomima secondo cui tutto va bene, siamo il paese più ricco e produttivo del mondo e se non cresciamo abbastanza è solo perché qualche straniero cattivo ci impedisce di aumentare il debito pubblico.
L’arrivo della contrazione, oramai son più di nove mesi, ha reso palese come la strategia di kick the can – praticata da tutti i governi eletti dal 2001 in avanti attraverso una sequenza incredibile di trucchi contabili – non poteva durare all’infinito e ci stave scavando la fossa. Vogliamo renderci conto che da sette anni si gioca a nascondino con le “clausole di salvaguardia”, accumulando un “debito IVA” che ha raggiunto i 30 miliardi per il 2020, 43 per il 2021 ed una cifra attorno ai 55 per il 2022? Sono numeri enormi e che continuano a crescere. Eppure chi governa persiste nel giocare con le parole facendo finta che, comunque, a fine anno un nuovo trucchetto uscirà dal cappello di via XX Settembre!
Ora, nel paese dell’eterna emergenza e delle soluzioni tampone che non risolvono alcunché, si prospetta l’ennesima correzione di metà anno al DEF delle menzogne
Le previsioni ed affermazioni contenute nel DEF 2018 erano senz’altro false e quelle del DEF 2019 sono così ridicole da essere incommentabili, ma non per questo dobbiamo scordarci che lo erano pure quelle fatte in tutti gli anni precedenti al 2018. Tutte esse nascosero i problemi sotto il tappeto ed iniziarono la strategia del rinvio (kick the can, appunto) che ha prodotto crescita finta prima e recessione ora. I problemi strutturali del paese sono esattamente gli stessi che portarono alla crisi del 2011 e, prima di essa, a quella del 1992 e alla mancata crescita che la seguì. Ed ora?
Ora, nel paese dell’eterna emergenza e delle soluzioni tampone che non risolvono alcunché, si prospetta l’ennesima correzione di metà anno al DEF delle menzogne. Correzione che consisterebbe in “IVA da 22 a 26.5%, via il bonus 80 euro, via bonus ristrutturazioni, via detrazioni spese mediche” come ha sintetizzato un amico su uno dei social attraverso cui si sfoga quotidianamente la rabbia impotente di quella piccola parte del paese ch’è consapevole di quanto va accadendo. Anche solo limitandoci alla finanza pubblica e senza considerare salari ed occupazione in calo, quel che sta accadendo è un deficit attorno al 3,4% quest’anno ed in crescita ulteriore nei seguenti!
Essere ottimisti e propositivi, oggi, vuol dire solo questo: decidersi una buona volta di rifiutare la lamentosa retorica sovranista ed assistenzialista che accomuna tutte le forze politiche che siedono in Parlamento
A fronte di tale prospettiva, quella parte del mondo politico (di governo E di opposizione) che tali dannose misure dice di voler evitare non propone di cancellare immediatamente follie come il Reddito di Cittadinanza e Quota 100, e di cominciare a tagliare per davvero la spesa pensionistica e trasferimenti. Propone, invece, di fare assolutamente nulla (Di Maio e Salvini) o di introdurre salari minimi impossibili, chiacchere sull’economia “circolare” (ora dev’essere quadrata) ed altri aumenti di spesa pubblica conditi da vuota retorica sul “dumping fiscale” degli altri paesi UE (Zingaretti).
Il Direttore di questo giornale mi ha chiesto di essere propositivo: ammetto di non riuscire a ripetermi, nonostante la buona volontà sua e mia. Le cose da fare, in quella minoranza composta di molte voci inascoltate, le si va dicendo da tre decenni. Ma mancano le due condizioni essenziali affinché abbia senso ribadirle ed elaborarle: dei media che raccontino la verità dei fatti ed una forza politica capace di trasformare quelle proposte in un programma di rinascita del paese. Essere ottimisti e propositivi, oggi, vuol dire solo questo: decidersi una buona volta di rifiutare la lamentosa retorica sovranista ed assistenzialista che accomuna tutte le forze politiche che siedono in Parlamento e operare per aggregare quella minoritaria ma decisiva parte del paese che non intende né continuare a farsi prendere per i fondelli né, soprattutto, affondare raccontandosi di vivere nel paese più bello e sfortunato del mondo. Non siamo stati sfortunati, siamo solo stati dei gonzi e continuiamo ad esserlo. È ora di darci un taglio.