A nove anni ha deciso di salvare il mondo, costringendo i grandi della Terra ad ascoltare il suo progetto per combattere il cambiamento climatico. Lo ha fatto parlando all’Onu, nelle televisioni e nei luoghi del potere. Lo ha fatto con costanza indefessa, dando del tu ai politici, ceo, attori e giornalisti. La sua idea è che non c’è tempo da perdere e bisogna agire subito. Ma no, non stiamo parlando di Greta Thunberg. Perché poco più di dieci anni fa il mondo ha già avuto la sua prima baby star ambientalista. Si chiama Felix Finkenbeiner e il 28 marzo del 2007 piantò il primo albero con l’obiettivo di arrivare a un milione nella sola Germania. L’eco mediatico della notizia fu talmente forte che appena quattro anni dopo, nel 2011, Felix riuscì a piantare il milionesimo davanti ai ministri dell’Ambiente di 45 Paesi del mondo durante un’assemblea dell’Onu. E ora che di anni ne ha venti, Felix non è più un bambino prodigio ma non ha mollato e ha deciso di dedicare la sua vita all’ambientalismo per realizzare il suo sogno con l’associazione Stop talking, start planting.
Felix, partiamo dai numeri. Quanti alberi hai piantato finora?
A dire il vero non ho mai contato precisamente gli alberi che ho piantato da solo nella mia vita. La mia associazione Plant-for-the-Planet ha piantato più di 8 milioni di alberi. Ma se contiamo le persone di tutto il mondo che hanno piantato attraverso il sito del progetto arriviamo a 13,6 miliardi.
Non male. Quando hai deciso di piantare il primo?
Tutto è iniziato nel 2007, quando avevo nove anni. Mi ha ispirato la storia di Wangari Maathai (premio Nobel della pace 2004, ndr), una professoressa e ambientalista keniota che in tutta la sua vita ha piantato 30 milioni di alberi insieme a molte altre donne per combattere la desertificazione in Africa. E ho pensato: “Perché anche noi bambini non possiamo piantare un milione di alberi in ogni paese del mondo?”. Ho condiviso subito questa idea con i miei compagni di classe che l’hanno amato fin dal primo momento.
Quanto ti ha aiutato la tua famiglia a realizzare il tuo obiettivo?
Molto, ma non solo la mia famiglia. Anche la mia insegnnte dell’epoca e i miei compagni di classe sono stati decisivi. Senza di loro, non avremmo mai avuto un successo del genere. La nostra rete oggi è formata da 75.000 ragazzi in 71 Paesi del mondo, compresa l’Italia. I nostri Giovanni e Ariane sono stati premiati dal vostro presidente della Repubblica Sergio Mattarella con l’attestato di “Alfiere della Repubblica”. Non male.
In quale paese state piantando più alberi?
Attualmente il nostro progetto di riforetstazione più importante lo stamo portando avanti nella penisola dello Yucatan, nel Messico meridionale. Ci lavorano al momento cento persone. È incredibile vedere quanto crescono velocemente gli alberi, siamo già arrivati a tre milioni.
E in Italia?
Proprio da voi l’anno scorso abbiamo piantato un albero molto importante. A Vallecrosia (in provincia di Imperia, ndr) in un evento organizzato con il principe Alberto di Monaco abbiamo radunato 75 attivisti di Young Plant-for-the-Planet provenienti da tutto il mondo per concordare insieme una strategia su come piantare un trilione di alberi in tutto il mondo nei prossimi anni. Nell’ostello dalla gioventù di Casa Valdese abbiamo piantato il primo di questo ambizioso progetto.
Cosa possiamo fare concretamente per contribuire alla riforestazione?
Semplice, smettete di parlare e agire: andate in un vivaio, comprate un albero e piantalo! Oppure, se non avete spazio, fate una donazione a Plant-for-the-Planet. Ci basta un euro per piantare un albero. Ma va bene qualsiasi altra organizzazione che pianti alberi, l’importante è farlo al più presto.
I negoziati internazionali sul clima sono iniziati molto prima che io nascessi, eppure è accaduto così poco per affrontare in modo radicale problema. Le soluzioni per contrastare la crisi climatica esistono già, dobbiamo solo attuarle.
In quale posto nel mondo pensi ci sia più bisogno di piantare alberi?
Sono due i continenti dove c’è un grande potenziale per riforestare il pianeta: Africa e America del Sud. Ma in generale è il Sud del mondo che ha bisogno di una seria riforestazione per essere più efficaci contro la crisi climatica. Nelle regioni tropicali e subtropicali gli alberi crescono più velocemente e così hanno modo di catturare più carbonio possibile. In questo momento, le cause principali della deforestazione dell’America Latina sono le piantagioni di fagioli di soia, l’allevamento di bovini per la carne e l’estrazione di superficie. Mentre nel sud-est asiatico il problema grave sono le piantagioni di olio di palma.Cosa ne pensi della politica di Jair Bolsonaro in Brasile? L’Amazzonia ha perso il 18% della foresta in 30 anni. Non è un numero positivo.
Per molto tempo, il Brasile è stato un grande esempio di come ridurre la deforestazione che ogni anno è diminuita del 70% tra il 2005 e il 2011. Da allora, la deforestazione è stata per lo più stabile, ma le politiche di Bolsonaro probabilmente porteranno a un aumento nei prossimii mesi. Ma oltre i politici la crisi climatica è la più grande minaccia per le foreste perché se non impediamo l’aumento della temperatura globale, molte aree che attualmente hanno vaste foreste saranno troppo secche o troppo calde per sostenere gli alberi. Il riscaldamento globale sta già rendendo sempre più gravi gli incendi boschivi.Quale pensi che sia il numero ideale di piante che dovrebbero essere piantate nel mondo? Ci sarà un numero massimo perfetto.
Finora esistono tre miliardi di alberi nel pianeta. Secondo gli ultimi calcoli c’è ancora spazio per altri 600 miliardi di alberi maturi. Ma dobbiamo piantarne almeno un trilione perché non tutte le piante sopravvinono. Se raggiungessimo questo numero potremmo catturare il 25% di tutte le emissioni di CO2 prodotte dall’uomo!Però non bastano gli alberi a fermare la crisi climatica.
Non fermano la crisi climatica, ma ci fanno guadagnare più tempo per ridurre le emissioni di carbonio e rallentarla. Senza contare che le piante riducono la desertificazione dei territori, fermano l’erosione del suolo, stabilizzano il ciclo dell’acqua, permettono di preservare la biodiversità degli animali.Secondo te, parliamo troppo dell’ambiente e facciamo poco?
Abbiamo iniziato la nostra campagna “Basta parlare, inizia a piantare” quando ci siamo resi conto che i negoziati internazionali sul clima sono iniziati molto prima che io nascessi, eppure è accaduto così poco per affrontare in modo radicale problema. Le soluzioni per contrastare la crisi climatica esistono già, dobbiamo solo attuarle.Cosa ne pensi di Greta?
Il suo attivismo è molto importante! Penso di poter imparare molto da lei. Spero che anche grazie a lei la gente apprenda i rischi della crisi climatica su tutti i canali a disposizione. Non l’ho ancora incontrata ma ovviamente ho ascoltato i suoi discorsi e sono rimasto impressionato.Come ci si sente ad essere al centro dell’attenzione in così giovane età? In fondo anche tu hai dovuto gestire la pressione dei media.
Beh, prima di tutto ero molto più giovane di Greta e per questo sono stato contento che i miei genitori mi abbiano protetto. Per fortuna la nostra associazione è cresciuta velocemente e per questo altri bambini hanno aderito al progetto rilasciando delle interviste. Non sono stato solo io a parlare sempre e comunque. A dire il vero non mi sono mai sentito come una star dell’ambientalismo. Più del successo mi ha guidato l’idea che piantare gli alberi potesse essere un’idea così potente da ispirare molte persone. E diffondere questa idea è sempre stato il compito di molti bambini nella nostra rete, non solo mia. Ed è ancora così. Siamo centinaia di giovani oratori in tutto il mondoHai incontrato molti politici nella tua vita. Qual era il loro atteggiamento nei tuoi confronti?
È la stessa esperienza che vivono i membri più giovani di Plant-for-the-Planet oggi: sono bambini ed è per questo che gli adulti, i politici, i CEO o chiunque altro li prendono sul serio. Le persone capiscono: quando i bambini combattono contro la crisi climatica, stanno lottando per il loro futuro. I ragazzi della nostra associazione vengono regolarmente invitati a riunioni a porte chiuse per discutere le strategie sulla riforestazione.Quali sono i tuoi piani per il futuro?
Ho appena iniziato il mio dottorato all’ETH di Zurigo. La mia ricerca riguarda il potenziale di ripristino della foresta su scala globale, nonché le aree che dovrebbero essere prioritarie per massimizzare l’impatto degli alberi sul nostro clima. E in futuro, beh, di sicuro, continuerò a motivare le persone a piantare più alberi!