Sull'orlo di una crisi di BrexitBoris Johnson è il premier perfetto per tutti (tranne che per il Regno Unito)

Sono rimasti solo due candidati a contendersi la leadership dei conservatori inglesi. Il favorito è l'ex ministro degli Esteri. Piace a Donald Trump e ai leavers. È l'unico che può unire la faida con l'ala più oltranzista del partito e sarebbe il capro espiatorio perfetto per l'Unione europea

Manca meno di un mese alla proclamazione del prossimo premier del Regno Unito ma sappiamo già chi vincerà: Boris Johnson. Lo scontro con l’altro candidato Jeremy Hunt nelle primarie del partito conservatore è solo una formalità. La maggioranza degli iscritti voterà l’ex sindaco di Londra ed ex ministro degli Esteri perché lo considerano il leader migliore per concludere la stagione della Brexit, in un modo o nell’altro. Fa sorridere l’idea, ma l’uomo che ha collezionato più gaffes nella storia politica inglese è il premier ideale per tutti, anche per i suoi avversari. Piace ai 17 milioni di leavers che il 23 giugno di tre anni fa votarono al referendum per uscire dal Regno Unito. È perfetto per l’Unione europea che avrà ancora una scusa per mostrare al mondo di essere unita e sfrutterà gli errori di comunicazione di Johnson. E soprattutto la Commissione europea avrà il suo perfetto capro espiatorio e non dovrà assumersi la piena responsabilità dei danni di un’uscita del Regno Unito senza accordo perché è quello che Boris ha sempre promesso dal primo giorno della campagna referendaria. Johnson piace anche al leader dell’opposizione, Jeremy Corbyn, perché farebbe sembrare il novecentesco capo del partito laburista un politico moderato e assennato. E ovviamente Johnson è il candidato perfetto per la Casa Bianca, visto il suo rapporto privilegiato con Donald Trump con cui ha condiviso il consigliere politico, Steve Bannon.

Boris Johnson vincerà le primarie dei conservatori perché nessuno vuole rivivere la fotocopia sbiadita della stagione politica di Theresa May. Lo sfidante di Johnson è l’attuale ministro degli Esteri inglese Jeremy Hunt che non ha mai escluso un rinvio oltre il 31 ottobre della Brexit. Anzi, tre giorni fa in un’intervista alla Bbc ha definito fake quella scadenza e rispettarla «porterebbe alle elezioni anticipate consegnando le chiavi del Paese a Jeremy Corbyn». Ma dopo quasi un anno di stallo in Parlamento non è più il tempo di mediazioni. La maggioranza dei parlamentari non voterà mai per l’accordo siglato con l’Unione europea e Bruxelles ha già fatto capire che non c’è margine di trattativa. La realtà ha mostrato quanto sia impossibile risolvere l’enigma del confine con l’Irlanda. Se non c’è si rimane nel mercato unico e addio Brexit. Se si rimettono dogane e posti di blocco addio Ue ma con il rischio di veder tornare gli attentati terroristici. C’è bisogno di incoscienza al potere e un uomo che prometta soluzioni non ortodosse. Chi meglio di Johnson che ha detto fin dal primo giorno di voler far uscire il Regno Unito dall’Unione europea il 31 ottobre, con o senza accordo? Certo, ieri ha detto che l’ipotesi di no deal è una su un milione, ma sembrano frasi tattiche per superare gli ultimi ostacoli all’interno dei conservatori. L’ex sindaco di Londra ha un altro pregio: sgonfierebbe il Brexit Party di Nigel Farage che ha vinto le ultime elezioni europee con il 32% dei voti. Farage e Johnson la pensano allo stesso modo sulla Brexit e questo porterebbe anche più unità all’interno del partito conservatore diviso tra moderati e ultrabrexiteers. Non a caso ieri Farage ha lanciato l’idea di un patto elettorale per andare a elezioni insieme e realizzare la Brexit con un nuovo mandato, insieme.

Date una copertina del Time a quest’uomo e i suoi 15 mesi di celebrità. Non vediamo l’ora di vedere cosa ne sarà dell’Ue e del Regno Unito l’una senza l’altra

Johnson è il candidato perfetto per tutti, forse meno per il Regno Unito. Ma serve qualcuno che termini questo processo politico fallimentare. Attenzione, non l’uscita del Regno Unito dall’Ue, ancora non è avvenuta e non sappiamo come andrà. Parliamo però di tre anni di negoziati che finora hanno fatto perdere la credibilità costruita nei secoli dalla classe dirigente inglese, che ha logorato il partito conservatore e laburista. L’unico ad averci guadagnato finora è stato Farage, riuscito a farsi rieleggere nel Parlamento europeo che ha combattuto per anni e qualcosa vorrà pur dire. Gli inglesi e gli europei hanno esaurito la pazienza di aspettare altri mesi in stallo. Date una copertina del Time a quest’uomo e i suoi 15 mesi di celebrità. Non vediamo l’ora di vedere cosa ne sarà dell’Ue e del Regno Unito l’una senza l’altra. La sensazione è che non sarà una passeggiata per entrambi. Sono anni che Johnson sogna di essere il nuovo Winston Churchill ma rischia di passare alla storia come un Anthony Eden qualunque. E la differenza è non c’è un nemico esterno pronto a regalare un posto nella storia ma una scelta politica legittima, autolesionista, gestita malissimo dai suoi predecessori, su cui Johnson Boris potrà incidere ben poco.

La carriera politica di Johnson assomiglia a quella di Gordon Brown, vissuto per dieci anni all’ombra di Tony Blair nel partito laburista nonostante si sentisse molto più intelligente e capace di governare. Arrivato al potere troppo tardi non ha saputo gestire il ciclo politico e per colpa della crisi economica del 2008 ha perso le elezioni. Ma a differenza di Brown, Johnson non ha nulla da perdere, anzi. La maggioranza dei conservatori inglesi sa che non è e non sarà mai uno statista, e conosce la sua indole alla bugia seriale o le frasi politicamente scorrette. Addirittura Johnson ne ha fatto una bandiera: «Le persone vogliono sentire quello che i politici pensano veramente», ha detto lanciando la sua campagna elettorale. I litigi con la fidanzata, la volta in cui ha paragonato le donne col burqa a delle cassette delle lettere, le bugie sui soldi dati all’Europa. Tutti ormai sanno con chi hanno a che fare, ma ogni tempo ha bisogno dei suoi politici. E ora sembra arrivato il suo turno. La premiership non sarà un punto di partenza verso una carriera gloriosa, ma il punto di arrivo di un uomo che si è rialzato come un punching ball pur di arrivare al potere. Le aspettative sono talmente basse che per lui potrà andare solo meglio. Anche durasse solo 24 ore.

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