Difesa, telecomunicazioni, agricoltura, meteo, clima, gestione delle acque, trasporti ed energia. Questi settori – e altri ancora – hanno tutti, nel mondo odierno, in qualche modo, una relazione con lo Spazio. E, ribaltando la prospettiva, le tecnologie spaziali hanno una ricaduta sul tessuto economico sociale perché sviluppano soluzioni innovative in grado di rivitalizzare il sistema produttivo.
Detto ciò, per rendere concreto tale concetto vediamo come la ricerca spaziale abbia a che fare con la nostra vita di tutti i giorni. “Dallo spazio, in termini di ricerca di nuovi materiali e tecniche innovative – spiega Alessandro Sannini, amministratore delegato della londinese Twin Advisors & Partners e advisor di una fondazione italiana che promuove la space economy –, arrivano, per esempio, i coagulometri tascabili, apparecchi che permettono a chi affronta terapie anticoagulanti di tenere sotto controllo lo stato del proprio sangue. In un ambito ben più ‘nazional-popolare’, ossia nella produzione delle patatine, sappiamo che è critica la fase dell’impacchettamento. Difatti, per non rompersi, le patatine devono cadere nella busta con velocità e traiettoria perfette. Per calcolarle, un costruttore di sistemi per il confezionamento ha impiegato modelli e simulazioni numeriche usati dall’Agenzia Spaziale Europea per calcolare le traiettorie di alcune sonde, come il Rover Curiosity su Marte. Con il risultato che i produttori che adottano questo sistema imbustano le patatine a una velocità maggiore del 50% di quella tradizionale. Oppure possiamo citare l’Aerogel, il materiale solido più leggero e meno denso esistente, capace di isolare fino a -50° e che fonde a 3000°. La Nasa lo ha usato per proteggere dal freddo le sonde inviate su Marte e la sua prima applicazione terrestre è della italiana Corpo Nove con il giubbotto Absolute Zero”.
Capito il contesto, va detto che l’aerospaziale italiano è riconosciuto tra i principali settori nel quale sviluppo e applicazione di nuove tecnologie acquistano un ruolo determinante sia in un’ottica di miglioramento delle capacità di progettazione sia per la potenzialità che offrono nella realizzazione di prodotti hi-tech. Con nomi noti – Leonardo, Agusta Westland, Avio Aero, Avio, Piaggio Aero, Thales Alenia Space, Altec, eccetera – che agiscono come “prime contractor” nei segmenti più elevati del mercato in termini di volume d’affari e anche di contenuti tecnologici espressi, partecipando ai più importanti programmi europei e internazionali.
Il senso è adottiamo nuovi imprenditori, prendiamoci carico di nuove idee, facciamole crescere. Fa bene al cuore, alla comunità e, talvolta, al portafogli
“È un mondo in grande fermento – continua Sannini – che coinvolge le medie e grandi imprese ma anche una galassia di piccole realtà, spesso nella fase di startup, e il grande pubblico deve comprendere che lo Spazio costituisce una leva di traino per l’intera economia, visto che studi recenti parlano di 4 nuovi posti di lavoro per ogni impiego generato nell’industria spaziale. E l’Italia in tutto ciò ha un suo ruolo. Il Piemonte, per esempio, conta un distretto riconducibile a vario titolo all’areospace di 400 aziende mentre in ogni regione esistono eccellenze che in maniera diretta o indiretta lavorano per questo settore, con oltre 6.300 addetti e un giro d’affari annuo stimabile intorno a 1,6 miliardi di euro”.
Sono comunque briciole se il paragone è a livello globale, dove si muovono circa 350 miliardi di dollari. Il 70% dei quali è rappresentato dal fatturato dei servizi e il restante 30% è generato dalla manifattura.
Cosa si può fare per far crescere tale segmento Made in Italy? “La leva più immediata e percorribile – aggiunge Sannini – è quella del Venture Capital, ovvero dell’apporto di capitale di (alto) rischio da parte di un investitore per finanziare l’avvio o la crescita di un’attività in settori ad elevato potenziale di sviluppo, nella speranza di partecipare alla genesi di una nuova Apple, Facebook o dell’italiana Yoox, tanto per fare qualche nome di startup innovative diventate poi business colossali. Ma a parte il finanziamento di una startup, che complessivamente in Italia fanno il giro di decine di scrivanie senza trovare risposte economiche adeguate, con la pregiudiziale che nella space economy gli investimenti richiesti sono generalmente ingenti, l’aiuto può anche non riguardare solo l’aspetto dei soldoni. Le nuove aziende, infatti, hanno bisogno di essere seguite da qualcuno che ha un’esperienza complessiva su ogni processo d’impresa, compreso quello commerciale e organizzativo”.
Insomma, il senso è adottiamo nuovi imprenditori, prendiamoci carico di nuove idee, facciamole crescere. Fa bene al cuore, alla comunità e, talvolta, al portafogli. Per un concetto che è ovviamente applicabile a tutte le attività imprenditoriali e professionali di questo meraviglioso e disastrato Paese.
il 2018 ha registrato per l’Italia il record di investimenti da quando nel 2010 si registrano le operazioni in capitale di rischio verso aziende innovative ai primi anni di vita.
“Certamente – commenta Sannini –, non si tratta soltanto di mecenatismo romantico perché tutto ciò può mettere in moto un modello interessante di collaborazione tra nuove e vecchie aziende, dove la realtà già strutturata mette a disposizione il suo valore aggiunto di esperienza, guadagnandoci in nuove visioni tecnologiche per essere più competitivi”.
In pratica parliamo di un matrimonio di interesse. E in effetti il 2018 ha registrato per l’Italia il record di investimenti da quando nel 2010 si registrano le operazioni in capitale di rischio verso aziende innovative ai primi anni di vita. Una cifra che ci allontana tra l’altro dai gradini più bassi della classifica dei Paesi europei per investimenti in innovazione e segna un netto cambio di passo rispetto agli anni precedenti, visto che mai si era andati oltre i 170 milioni di euro.
Il record del finanziamento più alto spetta a una startup che da sola si porta a casa quasi un quinto di tutte le risorse ottenute: si tratta di Prima Assicurazioni, fondata a Milano nel 2015, che lo scorso ottobre ha ottenuto 100 milioni dai fondi di Goldman Sachs e Blackstone. Seguono i 46 milioni per la startup fintech Moneyfarm. I 15 milioni per l’altra fintech italiana Satispay. 13 milioni per la spesa online di Supermercato24. E a 10 milioni troviamo il trittico per le auto online di BrumBrum, la microelettronica di Seco e per la media company milanese Freeda.
E i finanziamenti per la space economy? Dovrebbero arrivare tra progetti continentali e nazionali a supporto del settore già avviati – ma lentissimi a diventare operativi – e varie possibilità tra Angel Investing, crowdfunding e investimenti negli hub per l’innovazione. Nella speranza che i matrimoni di interesse facciano figli di successo!