I candidati democratici in corsa per la Casa Bianca competono per conquistare la nomination, ma quando c’è da difendere uno di loro, mettono da parte la rivalità politica e si ritrovano uniti. Un esempio evidente è accaduto pochi giorni fa quando sono apparsi diversi tweet a sostegno di Kamala Harris. Facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire cosa è successo. La scorsa settimana a Miami c’è stato il primo dibattito per le primarie presidenziali democratiche, dibattito diviso in due giorni visto l’elevato numero di partecipanti. La seconda parte è stata monopolizzata dalle dichiarazioni di Kamala Harris, in particolare per uno scambio con il favorito Joe Biden. «Non credo che tu sia razzista e concordo con te sull’importanza di trovare un terreno comune ma credo anche, ed è (un fatto) personale, che sia stato doloroso sentirti parlare di due senatori americani che hanno costruito la loro reputazione e la loro carriera sulla segregazione razziale in questo paese. Non solo, tu hai anche lavorato con loro per opporti al busing. C’era una piccola ragazza in California che faceva parte della seconda classe per integrare la scuola pubblica e che usava quel bus per andare a scuola ogni giorno e quella piccola ragazza ero io». Il riferimento è sia ai due senatori James Eastland ed Herman Talmadge, ricordati dall’ex vicepresidente pochi giorni fa, sia alla pratica del busing.
Nel 1954, infatti, una sentenza della Corte Suprema dichiarò la segregazione scolastica incostituzionale e stabilì che doveva iniziare un processo di integrazione. Una delle proposte fu appunto il “busing”, ovvero il trasporto in bus con cui gli studenti di colore potevano raggiungere le scuole frequentate dai bianchi e viceversa. Biden aveva sostenuto tale misura ma nel 1973 e nel 1974 aveva votato contro, a causa della pressione dei propri elettori. Non solo, ma l’anno seguente, Joe Biden si era schierato a favore di un emendamento, poi non passato, presentato dal senatore Jesse Helms che voleva impedire al Dipartimento di salute, istruzione e welfare di raccogliere dati sulla razza di studenti o insegnanti. Questa vicenda è emersa nello scambio con Harris e la risposta dell’ex vicepresidente secondo molti è stata debole, mentre sui social diventava virale la foto della senatrice californiana da piccola con didascalia «Quella piccola ragazza ero io».
Le stesse forze dell’odio che (…) mettevano in discussione la cittadinanza americana di Barack Obama, e anche la sua identità razziale, sono ora usate contro Kamala Harris
Questo botta e risposta ha fatto emergere Harris che, nelle ventiquattro ore successive al dibattito, ha raccolto 2 milioni di dollari in donazioni da parte di circa 63mila persone, il 58% delle quali spinte a contribuire alla sua campagna elettorale per la prima volta. La senatrice californiana è apparsa a molti come la paladina degli elettori di colore, eppure qualcuno ha iniziato a dubitare delle sue stesse origini, qualcuno il cui tweet è stato addirittura condiviso, salvo poi essere cancellato, da Donald Trump Junior, come riporta il New York Times. Ebbene, i democratici, contrapposti durante il dibattito, hanno trovato unità nel difendere Harris. «Gli attacchi contro Kamala Harris sono razzisti e brutti. Tutti abbiamo il dovere di dirlo. È potere e obbligo delle aziende tecnologiche fermare queste vili bugie», ha scritto Elizabeth Warren. Cory Booker ha twittato che Harris non deve dimostrare nulla delle sue origini. Beto O’Rourke ha scritto «C’è una lunga storia di americani di colore a cui viene detto di non essere americani, e milioni di persone sono tenute fuori ed escluse ancora oggi. Kamala Harris è americana. E tutti noi dobbiamo chiamare i tentativi di mettere in discussione la sua identità per quello che sono: razzisti».
Anche Joe Biden ha stigmatizzato le bufale che circolano in rete sulla senatrice californiana e ha twittato: «Le stesse forze dell’odio che (…) mettevano in discussione la cittadinanza americana di Barack Obama, e anche la sua identità razziale, sono ora usate contro Kamala Harris. È disgustoso e dobbiamo dirlo quando lo vediamo. Il razzismo non ha posto in America». Anche Pete Buttigieg e Bill de Blasio hanno criticato l’episodio e Bernie Sanders ha puntato direttamente il dito contro Donald Trump junior. I democratici hanno trovato l’unità per difendere Kamala Harris, classe 1964, dal 2004 al 2017 Procuratore distrettuale di San Francisco prima e Procuratore generale della California dopo. Harris è stata la prima donna, la prima persona di origini asiatiche e la prima persona di colore a diventare Procuratore distrettuale di San Francisco. La candidatura della senatrice californiana alle primarie presidenziali democratiche è diventata più forte dopo il primo dibattito. FiveThirty Eight, che collabora con Morning Consult per valutare come cambia l’atteggiamento del medesimo campione di elettori prima e dopo i dibattiti, ha riscontrato che i punteggi più alti sono stati ottenuti proprio da Kamala Harris quindi da Elizabeth Warren e Julián Castro. Harris, Castro, Booker e Warren hanno visto anche migliorare le proprie valutazioni favorevoli nette. È molto presto per individuare un favorito per la corsa alla Casa Bianca ma, come la senatrice stessa ha scritto su Twitter, «Il primo dibattito è solo l’inizio».